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Monsignor Francesco Cacucci. Questa preghiera con il Papa a Bari è ecumenismo di popolo

L’arcivescovo del capoluogo pugliese è pronto ad accogliere papa Francesco e gli altri leader cristiani per la giornata del 7 luglio dedicata ai cristiani in Medio Oriente. «La nostra gente è riunita per invocare il Principe della pace»

Alla sua ordinazione erano presenti tutti i responsabili della Commissione mista per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa, che in quei giorni, era il 1987, era radunata a Bari per una sessione di incontro. «Un evento che ha segnato il mio episcopato», dice oggi monsignor Francesco Cacucci, l’arcivescovo che il 7 luglio apre le porte di casa a papa Francesco e ai leader religiosi che si ritrovano a pregare per la pace e per i cristiani in Medio Oriente, sotto la protezione benevola di san Nicola.

La sua diocesi è ponte tra Oriente e Occidente. Perché Bari è città ecumenica?

«I primi passi dell’ecumenismo in diocesi risalgono al concilio ecumenico Vaticano II. Monsignor Enrico Nicodemo, arcivescovo di Bari, di ritorno dal Concilio, sottolineò questa vocazione della diocesi attraverso un primo segno: l’apertura, nel 1966, di una cappella con iconostasi nella cripta della basilica di San Nicola, dove avrebbero potuto celebrare gli ortodossi. Quindi ha proseguito su questa strada, avviando un Istituto di teologia ecumenica».

Oltre all’ecumenismo accademico esiste anche un ecumenismo più diffuso?

«Con l’Istituto la sensibilità ecumenica si è allargata a tutta la Puglia. Molti sacerdoti della regione sono venuti a studiare a Bari. Non si è trattato solo di una dimensione accademica. In diverse diocesi è sorto prima un segretariato e poi un ufficio diocesano per l’ecumenismo. Qui a Bari a diverse comunità ortodosse – greci, rumeni, eritrei, etiopi, georgiani – la diocesi ha offerto un luogo di culto. E anche ai luterani. In occasione della sua visita a Bari, a Putin è stata consegnata dal governo Prodi una chiesa ortodossa russa (di proprietà del Comune) per il patriarcato di Mosca. L’ecumenismo a Bari è cresciuto con gradualità e con decisione. Il gruppo ecumenico interconfessionale è molto vivo, con l’apporto anche delle Chiese evangeliche. Alcuni eventi sono stati particolarmente coinvolgenti a livello universale, come l’incontro in due tornate, 1986 e 1987, della Commissione mista cattolico-ortodossa con l’approvazione del Documento di Bari su Fede, sacramenti e unità della Chiesa. Ma, ancor prima, va ricordata, nel 1984, la visita di Giovanni Paolo II, con l’accensione della “lampada uniflamma” nella cripta della basilica insieme al metropolita greco-ortodosso di Mira, Chrysostomos Kostantinidis. Quest’ultimo ha insegnato per diversi anni all’istituto ecumenico, ospite in arcivescovado in un appartamento che ancora oggi chiamiamo “del metropolita”».

Tradizione che è proseguita anche durante il suo episcopato...

«Nel 2005, il Congresso eucaristico nazionale di Bari ha avuto un “sapore ecumenico”. Benedetto XVI, nell’omelia conclusiva, ha dichiarato la sua volontà, nella citta di san Nicola, di “assumere come impegno fondamentale quello di lavorare con tutte le energie alla ricostituzione della prima e visibile unità di tutti i seguaci di Cristo”. Un’accelerazione si è verificata negli ultimi tempi. Il 6 dicembre 2016, nella festa di san Nicola, ha visitato Bari il patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo I, a cui è stato conferito il “premio San Nicola”. Il patriarca ha parlato di “provvidenza” in riferimento alla traslazione delle ossa del taumaturgo da Mira a Bari nel 1087. Mai prima una dichiarazione così esplicita dal mondo ortodosso greco. Il popolo di Bari lo ha accolto con un calore senza pari. Il giorno dopo papa Francesco mi ha telefonato e, scherzando, mi ha detto: “A Bari siete diventati tutti ortodossi”. L’ho riferito a Bartolomeo durante un pellegrinaggio con lui in Cappadocia, al quale mi aveva invitato, e mi ha confidato che anche lui non comprende, in sintonia col suo predecessore Atenagora, le divisioni dei cristiani».

Lo scorso anno una reliquia di san Nicola, per la prima volta dopo 930 anni, è andata in pellegrinaggio in Russia, a Mosca e a San Pietroburgo. Com’è nata questa iniziativa?

«Lo ha chiesto papa Francesco, dopo lo storico incontro a Cuba con il patriarca di Mosca Kirill, il 12 febbraio 2016. Il tutto è stato preparato col metropolita Ilarion Alfeev, presidente del Dipartimento per le relazioni esterne del patriarcato di Mosca. È stato un evento di popolo senza precedenti nel cammino ecumenico. Sono rimasto stupefatto contemplando le file interminabili di fedeli russi, con attesa di 7-8 ore, per venerare per qualche secondo la reliquia. Oltre due milioni e mezzo di pellegrini dal 21 maggio al 28 luglio 2017. In quella circostanza il patriarca Kirill ha dichiarato: “Davvero Bari è il centro che unisce Oriente e Occidente” e ha auspicato che diventi sempre più “città di mediazione”. Ha inoltre definito l’evento storico del pellegrinaggio “un dialogo di popolo e di devozione”. A suo dire, non esiste casa di fedele russo in cui non si conservi un’icona di san Nicola. Ilarion sarà a Bari il 7 luglio».

Sarà un giorno all’insegna dell’ecumenismo non solo con gli ortodossi.

 «Sì, il Papa ha invitato a Bari, oltre i patriarchi cattolici e ortodossi del Medio Oriente, anche il vescovo luterano della Giordania e Terra Santa e la segretaria generale del Consiglio delle Chiese del Medio Oriente (Mecc). L’ecumenismo della carità e della verità – i due aspetti che hanno accompagnato la Chiesa dopo il decreto conciliare Unitatis redintegratio – si espande nella “dimensione di popolo”. Sia Bartolomeo che Kirill lo hanno testimoniato. Personalmente ne sono profondamente convinto. La preghiera sul lungomare di Bari il 7 luglio conferma il cammino di un ecumenismo di popolo. E mentre il Papa con i Patriarchi e i capi religiosi cristiani sono riuniti in basilica, il popolo cristiano all’esterno accompagna l’evento invocando il Principe della pace. Come non riandare con la memoria al 1098, quando, a pochi anni dallo scisma d’Oriente nel 1054, qui a Bari, nella basilica di San Nicola, si tenne un importante Concilio, alla presenza di Urbano II e di circa centottantacinque vescovi, tra cui sant’Anselmo, per tentare di riannodare il dialogo tra latini e greci. Una vocazione ecumenica, quindi, che viene da lontano».

Vittoria Prisciandaro

© www.famigliacristiana.it, giovedì 5 luglio 2018

Foto di Umberto Panicucci

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