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Nel Bambino di Betlemme i dolori dei bambini del mondo

Papa Francesco invita a non chiudere il cuore e a vedere Gesù bambino in tutti i piccoli costretti a fuggire dai loro Paesi o a vivere in condizioni di povertà, violenza, guerra. Ad accoglierli perché anche loro oggi come allora, spesso non trovano alloggio nelle case di betlemme

I pastori, umili ma vigilanti, continuano a essere esempio per i credenti. Perché hanno riconosciuto e non si sono scandalizzati per la povertà del Bambino che adoravano. Papa Francesco benedice la città e il mondo dalla Loggia della basilica di San Pietro. E, come già aveva fatto nella messa di mezzanotte, riporta l’attenzione sui migranti. Sui bambini, in particolare, che, come il Bambino, non trovano alloggio per loro. «Oggi», dice Francesco, «mentre sul mondo soffiano venti di guerra e un modello di sviluppo ormai superato continua a produrre degrado umano, sociale e ambientale, il Natale ci richiama al segno del Bambino, e a riconoscerlo nei volti dei bambini, specialmente di quelli per i quali, come per Gesù, “non c’è posto nell’alloggio”».

Bergoglio invita a vedere «Gesù nei bambini del Medio Oriente, che continuano a soffrire per l’acuirsi delle tensioni tra Israeliani e Palestinesi», «nei volti dei bambini siriani, ancora segnati dalla guerra che ha insanguinato il Paese in questi anni», « nei bambini dell’Iraq, ancora ferito e diviso dalle ostilità che lo hanno interessato negli ultimi quindici anni, e nei bambini dello Yemen, dove è in corso un conflitto in gran parte dimenticato, con profonde implicazioni umanitarie sulla popolazione che subisce la fame e il diffondersi di malattie», «nei bambini dell’Africa, soprattutto in quelli che soffrono in Sud Sudan, in Somalia, in Burundi, nella Repubblica Democratica del Congo, nella Repubblica Centroafricana e in Nigeria», «nei bambini che, insieme alle loro famiglie, patiscono le violenze del conflitto in Ucraina e le sue gravi ripercussioni umanitarie», «nei bambini di tutto il mondo dove la pace e la sicurezza sono minacciate dal pericolo di tensioni e nuovi conflitti», «nei bambini i cui genitori non hanno un lavoro e faticano a offrire ai figli un avvenire sicuro e sereno. E in quelli a cui è stata rubata l’infanzia, obbligati a lavorare fin da piccoli o arruolati come soldati da mercenari senza scrupoli», «nei molti bambini costretti a lasciare i propri Paesi, a viaggiare da soli in condizioni disumane, facile preda dei trafficanti di esseri umani», «nei bambini che ho incontrato durante il mio ultimo viaggio in Myanmar e Bangladesh».

E invoca  pace «per Gerusalemme e per tutta la Terra Santa; preghiamo perché tra le parti prevalga la volontà di riprendere il dialogo e si possa finalmente giungere a una soluzione negoziata che consenta la pacifica coesistenza di due Stati all’interno di confini concordati tra loro e internazionalmente riconosciuti», prega per «l’amata Siria» perché «possa ritrovare finalmente il rispetto della dignità di ogni persona, attraverso un comune impegno a ricostruire il tessuto sociale indipendentemente dall’appartenenza etnica e religiosa» e per la penisola coreana perché «si possano superare le contrapposizioni e accrescere la fiducia reciproca nell’interesse del mondo intero».

«A Gesù Bambino» Francesco affida «il Venezuela perché possa riprendere un confronto sereno tra le diverse componenti sociali a beneficio di tutto l’amato popolo venezuelano» e l’Ucraina. Affida tutti i Paesi dove non c’è pace. Auspicando l’aiuto della comunità internazionale anche per tutelare le minoranze perseguitate in Myanmar.

E infine, prima della consueta benedizione alla città e al mondo, papa Francesco chiede a tutti di essere come i pastori che accolsero e adorarono perché il «nostro cuore non sia chiuso come lo furono le case di Betlemme».

Annachiara Valle

© www.famigliacristiana.it, lunedì 25 dicembre 2017