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«Nicola, il cui nome, in greco, significa “vittorioso”, ci insegna in cosa, ciascuno di noi, è già vittorioso... della vittoria “nascosta” in Gesù Cristo»

Omelia di Sua Eminenza Reverendissima il Cardinale Emil Paul Tscherrig, Nunzio Apostolico per l’Italia in occasione della Festa di San Nicola. Pontificia Basilica San Nicola, mercoledì 6 dicembre 2023

Sono felice di poter condividere con Voi la gioia di questa Eucaristia nella Festa di San Nicola. Vi saluto cordialmente a nome di Papa Francesco, che ho il privilegio di rappresentare in terra italiana, e che vi invia la Benedizione Apostolica come segno della Sua vicinanza e della Sua premura paterna per Voi e per i Vostri cari. Vi invito a ricordare il Santo Padre nella preghiera e nelle opere fattive di carità fraterna. Ringrazio in particolare il Vostro Arcivescovo e i Padri domenicani per l’invito.

Quello che abbiamo appena ascoltato è uno dei dialoghi più belli presenti nei Vangeli, e forse nell’intera Scrittura. Un incontro lungo le rive del mare di Tiberiade, all’alba, dopo che il Signore risorto ha condiviso il pasto da lui preparato con coloro che, ancora increduli, erano tornati alla vita di sempre. Sono molti i dialoghi “dell’alba” nella Bibbia che hanno il sapore della chiamata, della conversione, dell’incontro che cambia la vita.

Ma quello di oggi è un dialogo lungo il mare, luogo di arrivi e di partenze, dove la vita si ferma e soprattutto riparte. Ed è la stessa esperienza che il Risorto chiede di vivere a Pietro con la domanda: “Mi ami tu?”. Dopo il triplice rinnegamento, il canto del gallo nella notte della passione e le lacrime amare versate, Pietro sembrava un “arrivato”. “Vado a pescare”, aveva detto poco prima, tra le righe del brano del Vangelo che precede quello appena proclamato. E invece il Risorto gli chiede di “ripartire”, gli offre una seconda possibilità, deve rimettersi in mare alla guida della barca della Chiesa. Non basta e non serve più “tornare a pescare”, con poca speranza nel cuore e pensando che la luce della risurrezione duri quanto dura il nostro entusiasmo troppo umano.

Alla paura che aveva imprigionato il cuore di Pietro, Gesù replica con la domanda “Simone, mi ami?”. Pietro si sente chiamare con il suo primo nome, quello con cui i Vangeli ce lo presentano, prima del mandato datogli dal Maestro a Cesarea di Filippo. Per tornare ad essere “Pietro”, in grado di legare e di sciogliere, di stringere tra le mani le chiavi del Regno di Dio, è necessario credere a questa “seconda possibilità” che gli viene offerta.

Le domande che Gesù gli rivolge e le risposte che il primo degli apostoli riesce a dare assomigliano alla danza delle onde che si infrangono sulla spiaggia. Le tre domande, che paiono identiche, in realtà sono differenti. Con la prima domanda: “Simone, mi ami più di costoro?”, il Signore propone l’amore perfetto, quello capace di offrire se stesso e la propria vita per il Maestro. Simone risponde con il verbo dell'amicizia e del semplice affetto: “Sì, Signore, ti voglio bene”, cosa che l’apostolo ripeterà anche nella sua seconda risposta. Ma nella terza domanda è il Signore a cambiare registro, adotta il verbo di Pietro, si abbassa al suo livello, a ciò che quell’uomo, in quel momento, è capace di offrirgli. Rallenta il passo e gli domanda semplicemente: “Simone, mi vuoi bene?”, senza chiedere un amore troppo alto che il discepolo non era ancora capace di intendere e di dare. Lo stile di Gesù è quello di puntare all’essenziale, di porre domande che ci confrontano con il senso del nostro essere discepoli di Cristo, ai limiti e alle capacità di ciascuno di noi, chiedendoci proprio ciò che, nella nostra situazione, siamo capaci di offrirgli. Ciò che conta è la decisione di affidarci a Lui e di lasciarci guidare dallo Spirito Santo. Dobbiamo credere che è vivo e che la sua forza ha penetrato il mondo (cfr. EG, 276).

Quando pensiamo di aver chiuso un discorso, quando la fretta e la paura ci portano a rinnegare ciò in cui abbiamo creduto, le relazioni che abbiamo vissuto e costruito o la fiducia e la fede di cui ci sentivamo custodi, il Signore apre la strada ad un nuovo inizio. Facciamo eco alle parole di Papa Francesco: “Pensiamo proprio a Pietro: ora [Gesù] gli assegna un mestiere nuovo, quello di pastore, che non aveva mai esercitato. Ed è una svolta, perché mentre il pescatore prende per sé, attira a sé, il pastore si occupa degli altri, pasce gli altri. Di più, il pastore vive con il gregge, nutre le pecore, si affeziona a loro” (Omelia, 11 ottobre 2022). E così Simone diventa Pietro il pastore, e il Risorto gli rivolge questo invito: “Seguimi!”, una parola che lo guiderà attraverso le tempeste della vita fino al più nobile gesto di amicizia quando, alla fine del suo cammino terrestre, offrirà se stesso sulla croce.

Insieme con questa nobile testimonianza di fede del primo degli Apostoli, celebriamo oggi quella di San Nicola. È bello pensare che sulle sponde del mare, come quelle che abbracciano questa bella e storica città di Bari, il Signore Gesù ci parla ancora. La vita di San Nicola è stata accompagnata dalle onde del mare e dalla bellezza e dai significati che esso porta con sé. In una città di mare Nicola è nato, di una città di mare è stato Vescovo, in una città di mare è approdato ed è da secoli venerato, permettendo a questa terra affacciata sul Mediterraneo di ascoltare l’invocazione “Felice Bari!”.

Lungo il mare Nicola ha vissuto, ha predicato, è diventato uomo, cristiano, vescovo e santo. È meraviglioso pensare che oggi san Nicola ci parli sulla riva del mare, luogo dai sentimenti contrastanti, dove si saluta chi parte e si accoglie chi arriva. San Nicola ha da sempre insegnato a questa bella terra l’arte dell’accoglienza, le parole di benvenuto che anche in questi giorni riecheggiano tra i vicoli della Città vecchia, all’ombra di questa Basilica.

La tradizione e le fonti affidano al mare anche tre dei miracoli attribuiti a Nicola. Quello dei naviganti sorpresi dalla tempesta e condotti dal Santo in un porto sicuro. Quello del grano trasportato dalle navi dell’imperatore che, grazie all’intercessione del Vescovo di Mira, salvò dalla carestia la popolazione ormai sfinita mentre le navi, al loro arrivo a Costantinopoli, arrivarono con la medesima quantità di grano con cui erano partite. E il terzo miracolo, quello del vasetto di olio gettato in mare, simbolo del male, che appena toccata l’acqua scatena una tempesta di fiamme da cui San Nicola salva i marinai e la loro nave.

Inoltre, quello che è diventato uno dei segni più famosi della vita di Nicola, il dono delle monete d’oro alle tre fanciulle il cui padre era caduto in una grave miseria, ci ricorda che ogni atto di carità può diventare un miracolo, che ogni miracolo guarda sempre al futuro, come ci dimostra il Santo di Mira, che ha donato un futuro decoroso alle tre ragazze il cui destino sarebbe stato altrimenti più triste. Miracoli che parlano di mare, di tempeste, di pericoli e di un porto sicuro, ma anche del dono del grano che tanto ci fa pensare a quello dell’Eucaristia che stiamo celebrando intorno a questo altare.

Care sorelle e cari fratelli,

è bello immaginare sulla bocca del nostro amato Nicola le parole del profeta Isaia, ascoltate nella prima lettura: il Signore mi ha chiamato, “mi ha nascosto all’ombra della sua mano… mi ha reso freccia appuntita e mi ha riposto nella sua faretra”. Nicola, il cui nome, in greco, significa “vittorioso”, ci insegna in cosa, ciascuno di noi, è già vittorioso. Non si tratta del potere di questo mondo, ma della vittoria “nascosta” in Gesù Cristo che ha fatto di noi, come scrive l’Apostolo Paolo, discepoli missionari per edificare il Corpo di Cristo, finché arriviamo tutti “all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio”. Siamo chiamati a svolgere nel mondo questa missione con umiltà, mansuetudine e pazienza, sopportandoci a vicenda con amore, e “cercando di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace” (Ef 4,1-13). Si tratta insomma di un messaggio di speranza che proclama che Gesù è risorto, è vivo e che continua a rinnovare il mondo. È il miracolo dello sguardo capace di guardare il sole che ogni giorno torna a nascere a Oriente – come quello di questa città ogni giorno, all’alba, sul vostro bel Lungomare – e di credere che siamo chiamati a dare sempre una “seconda possibilità” a noi stessi e agli altri.

Nella Evangelii Gaudium Papa Francesco dà questa testimonianza: “Crediamo al Vangelo che dice che il Regno di Dio è già presente nel mondo, e si sta sviluppando qui e là, in diversi modi: come il piccolo seme che può arrivare a trasformarsi in una grande pianta, come una manciata di lievito, che fermenta una grande massa e come il buon seme che cresce in mezzo alla zizzania, e ci può sempre sorprendere in modo gradito. È presente, viene di nuovo, combatte per fiorire nuovamente”. E questo è possibile, continua il Papa, perché “la risurrezione di Cristo produce in ogni luogo germi di questo mondo nuovo; e anche se vengono tagliati, ritornano a spuntare, perché la risurrezione del Signore ha già penetrato la trama nascosta di questa storia, perché Gesù non è risuscitato invano”. Perciò l’invito del Santo Padre: “Non rimaniamo al margine di questo cammino della speranza viva!” (EG 278).

Fratelli e sorelle, crediamo che ogni Eucaristia – come quella che stiamo celebrando festosamente questa sera – è un invito preparato da Gesù sulle rive del mare della vita. Ogni Eucaristia ci aiuta a superare le notti delle “reti vuote”, degli sforzi che paiono non ricompensati, delle delusioni che sembrano non passare mai. È un’Eucaristia celebrata all’alba, è sempre un giorno nuovo, un dopo che sa di fiducia. E soprattutto è un’Eucaristia che offre sempre una “seconda opportunità”, dopo i momenti di errore, i tradimenti, i rinnegamenti, le parole usate troppo in fretta, vittime del timore e della paura di non farcela. Chiediamo al Santo Vescovo di Mira, santo dell’Oriente e dell’Occidente, di continuare a condurci verso un porto sicuro, quando le situazioni della vita e i dubbi dinanzi a ciò che vediamo e ascoltiamo rischiano di abbatterci e smarrirci. Chiediamogli di curare le carestie umane, relazionali e spirituali che abitano molte famiglie, molte coppie, molti ambienti, chiediamogli di essere “pescatori” di uomini, con una fede e una testimonianza sempre più coraggiose e credibili. San Nicola, prega con noi per la pace nel mondo e che tutti i popoli in guerra trovino la via della riconciliazione. Così sia. Buona festa!

Card. Emil Paul Tscherrig, Nunzio Apostolico per l’Italia

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