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Papa Francesco: la tratta è crimine contro umanità

"Una delle più dolorose tra le ferite aperte nel nostro mondo è la tratta di esseri umani, una moderna forma di schiavitù, che viola la dignità, dono di Dio, in tanti nostri fratelli e sorelle"

"Una delle più dolorose tra le ferite aperte presenti nel nostro mondo è la tratta di esseri umani, una moderna forma di schiavitù, che viola la dignità, dono di Dio, in tanti nostri fratelli e sorelle e costituisce un vero crimine contro l'umanità". Le vittime sono soprattutto donne e bambini.

È la denuncia di Papa Francesco nel discorso rivolto alle suore impegnate nell'aiuto alle ragazze costrette alla prostituzione e sfruttate da delinquenti dietro i quali, ha denunciato il Papa, "potenti interessi economici e reti criminose sono all'opera".

"Mentre molto è stato fatto per conoscere la gravità dell'estensione del fenomeno, molto di più - ha sottolineato Francesco - resta da compiere per innalzare il livello di consapevolezza nell'opinione pubblica e per stabilire un migliore coordinamento di sforzi da parte dei governi, delle autorità giudiziarie, di quelle legislative e degli operatori sociali".“Come ben sapete - ha aggiunto Papa Francesco -, una delle sfide a questo lavoro di sensibilizzazione, di educazione e di coordinamento è una certa indifferenza e persino complicità, una tendenza da parte di molti a voltarsi dall’altra parte mentre potenti interessi economici e reti criminose sono all’opera”.

Che cos'è la Renate?

La "Renate" è riunita in questi giorni a Roma nella sua seconda assemblea. Si tratta di una rete internazionale costituita da religiose impegnate contro la tratta e i suoi membri provengono da Congregazioni religiose e Società missionarie. Fra loro anche laici.

Papa Francesco nel suo discorso non ha dimenticato gli sforzi enormi e “spesso silenziosi” fatti nei molti anni da Congregazioni religiose, “specialmente femminili” verso chi è stato ferito nella sua dignità. In modo particolare si riferisce al contributo delle “donne nell’accompagnare altre donne e bambini”, che sono spesso le vittime, in un itinerario personale di “guarigione” e “reintegrazione”.

© Avvenire, 7 novembre 2016

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