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Papa in Cile. Francesco in difesa dei mapuche: «Cerchiamo la via della non violenza»

Il secondo giorno del viaggio in Cile si apre con la Messa celebrata all'aeroporto di Maquehue (Temuco) con le comunità indigene. Seguono l'incontro con i giovani e la visita all'università cattolica

L'aereo con a bordo papa Francesco è atterrato stamani a Temuco, capitale della regione dell'Araucanìa, 700 chilometri a sud di Santiago del Cile. Terra di indios, l'Araucanìa ospita da sempre una folta comunità di mapuche, abitanti originari in rotta con il governo per l'esproprio delle terre sulle quali vivono. Qui ai primi del Novecento hanno vissuto due premi Nobel: Gabriela Mistral e Pablo Neruda. La città fu fondata dall'esercito cileno nel 1881 come forte contro gli indios.

Il Papa si è poi trasferito dall'aeroporto di Maquehue per celebrare la Messa con circa 400mila fedeli e incontrare alcune rappresentanze delle popolazioni originarie dell'Araucanìa.

Il saluto in lingua mapuche

«Mari, Mari, Küme tünngün ta niemün» ("Buongiorno, la pace sia con voi"): papa Francesco apre l'omelia della messa 'Per il progresso dei popoli' in lingua Mapuche. L'intera messa è animata da canti e balli tradizionali delle diverse popolazioni indigene che abitano la regione dell'Araucaria, nel Sud del Cile.

Prima dei canti in lingua spagnola, accompagnati dall'orchestra, alcuni Indios in abiti tipici si sono esibiti in canti nelle lingue originarie, accompagnati da strumenti della tradizione: corni e tamburi.

All'omelia: «Ingiustizie di secoli. Questa Messa è per chi ha sofferto»

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"Ringrazio Dio per avermi permesso di visitare questa bella parte del nostro continente, l'Araucanía: terra benedetta dal Creatore con la fertilità degli immensi campi verdi, foreste colme di imponenti araucarie - il quinto elogio fatto da Gabriela Mistral a questa terra cilena -, i suoi maestosi vulcani innevati, i suoi laghi e fiumi pieni di vita". Così papa Francesco ha iniziato la sua omelia nella Messa celebrata all'aerodromo di Maquehue, a Temuco. "Questo paesaggio ci eleva a Dio ed è facile vedere la sua mano in ogni creatura. Molte generazioni di uomini e donne hanno amato e amano questo suolo con gelosa gratitudine», ha proseguito. «E voglio soffermarmi e salutare in modo speciale i membri del popolo mapuche, così come gli altri popoli indigeni che vivono in queste terre australi: Rapanui (Isola di Pasqua), Aymara, Quechua e Atacama, e molti altri», ha aggiunto il Pontefice.

"Arauco ha un dolore che non posso tacere, sono ingiustizie di secoli che tutti vedono commettere". Papa Francesco ha pronunciato con voce grave queste parole, tratte da un canto indigeno, nel corso della celebrazione nell'aerodromo di Maquehue, l'aeroporto militare di Temuco, un luogo che lo stesso Francesco ha associato alle "gravi violazioni di diritti umani" subite dai Mapuche, il "popolo della terra", l'unico tra quelli nativi del Sud America che è riuscito a sopravvivere alla colonizzazione europea. Come si è visto in questi giorni, alcuni gruppi, minoritari ma con evidenti buone ragioni hanno protestato contro la visita di Francesco, anche per il luogo della celebrazione, una base militare dove gli uomini di Pinochet hanno continuato lo sterminio iniziato dai Conquistadores. Il Papa ha abbracciato la loro causa, ma li ha invitati a dire "no alla violenza che distrugge". "Questi atteggiamenti - ha spiegato - sono come lava di vulcano che tutto distrugge, tutto brucia, lasciando dietro di sè solo sterilità e desolazione. Cerchiamo, invece, la via della nonviolenza attiva come stile di una politica di pace". "Cerchiamo, e non stanchiamoci di cercare il dialogo per l'unità", ha invocato Francesco.
Storicamente stanziatosi tra Cile e Argentina, il popolo Mapuche ha sempre lottato con estrema determinazione e fierezza per i propri diritti, primo tra tutti "il diritto di esistere" e si è visto, nel corso dei secoli, espropriare con la forza e la violenza le sue terre ricche di risorse da far venire l'acquolina alla bocca delle multinazionali. Attualmente sono costretti ad abitare in porzioni di terra decisamente insufficienti anche per la sola sopravvivenza della popolazione, che è censita attorno ai 600.000 individui. Molti, soprattutto giovani, a causa della perdita dei loro terreni ancestrali, al divieto di dividere l'eredità terriera tra più figli, alle continue repressioni e incursioni militari e alla povertà estrema sono finiti a vivere ai margini delle metropoli come i poveri tra i poveri, e per quelli che si ostinano ad abitare in villaggi rurali si prospetta un futuro sempre più nero. "Offriamo questa celebrazione per tutti coloro che hanno sofferto e sono morti e per quelli che, ogni giorno, portano sulle spalle il peso di tante ingiustizie", ha premesso papa Francesco per poi riaffermare che il mondo intero ha "bisogno della ricchezza che ogni popolo può offrire, e dobbiamo lasciare da parte la logica di credere che ci siano culture superiori o inferiori. Un bel chamal (manto) richiede tessitori che conoscano l'arte di armonizzare i diversi materiali e colori; che sappiano dare tempo ad ogni cosa e ad ogni fase. Potrà essere imitato in modo industriale, ma tutti riconosceremo che è un indumento confezionato sinteticamente. L'arte dell'unità esige e richiede autentici artigiani che sappiano armonizzare le differenze nei "laboratori" dei villaggi, delle strade, delle piazze e dei paesaggi".

La cronaca della prima giornata di papa Francesco in Cile

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Il programma del viaggio di papa Francesco in Cile e Perù

© Avvenire Redazione Internet, mercoledì 17 gennaio 2018

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