Per restare ben svegli
 La «persecuzione educata» che il Papa ha evocato ieri mattina nella  Messa a Santa Marta si aggiunge al già corposo dizionario bergogliano  dei neologismi e delle immagini folgoranti: un concetto inciso nella  pietra del realismo con lo stile del paradosso. È la forza espressiva  degli ossìmori, un’idea lavorata a sbalzo grazie alla compresenza di due  opposti apparentemente incompatibili eppure combinati in una miscela  che alimenta il motore della cultura globalizzata.
La «persecuzione educata» che il Papa ha evocato ieri mattina nella  Messa a Santa Marta si aggiunge al già corposo dizionario bergogliano  dei neologismi e delle immagini folgoranti: un concetto inciso nella  pietra del realismo con lo stile del paradosso. È la forza espressiva  degli ossìmori, un’idea lavorata a sbalzo grazie alla compresenza di due  opposti apparentemente incompatibili eppure combinati in una miscela  che alimenta il motore della cultura globalizzata. 
Oggi – denuncia il Papa con l’abituale franchezza – «viene  perseguitato l’uomo non per confessare il nome di Cristo, ma per voler  avere e manifestare i valori del Figlio di Dio». Quella che prende di  mira idee e princìpi è una forma di persecuzione che non ricorre alla  sopraffazione fisica – evocata comunque da Francesco ricordando il  massacro di Pasqua in Pakistan e parlando apertamente di cristiani  «martirizzati» – ma dissimula la sua violenza intrinseca presentandosi  «travestita di cultura, di modernità, di progresso». Non per questo è  meno pericolosa, anzi: anch’essa, come l’altra, è «contro Dio creatore  nella persona dei suoi figli». 
Le sue armi sono «leggi che  obbligano ad andare su questa strada» contro le proprie radicate  convinzioni, a tal punto che «una nazione che non segue queste leggi  moderne, colte – nota Francesco con un lampo di humour –, o almeno che  non vuole averle nella sua legislazione, viene accusata» e  «perseguitata», s’intende, «educatamente», fino al punto che si «toglie  all’uomo la libertà, anche dell’obiezione di coscienza». 
Un  caso-limite che il Papa propone il giorno dopo l’assai reclamizzato  rimprovero del Comitato per i diritti sociali del Consiglio d’Europa  all’Italia per "eccesso di obiettori" all’aborto, e che cita con parole  che suonano come un allarme esplicito sull’avanzare inavvertito  dell’intolleranza verso chi esprime un’istanza etica dissonante. Rimbalzando spesso increduli tra notizie di sentenze, risoluzioni,  progetti di legge e campagne mediatiche, tutti sull’identica rotta  dell’omologazione a marce forzate, assistiamo al progressivo svuotamento  della scena pubblica da ogni valore significativo, riconoscibile come  tale proprio per il suo profilo, la storia, il radicamento nella  coscienza della gente, la diffusa condivisione. 
Per  estirpare queste delicate strutture che danno corpo allo spirito di una  comunità, e dunque alla sua capacità di riconoscersi in un sistema di  riferimenti essenziali, comuni e rispettati su un piano semplicemente  umano, si ricorre a ogni genere di strumenti culturali e a strategie  comunicative sottili e persuasive, messe in campo però con l’aria di non  voler ferire nessuno, e semmai di muoversi animati dal desiderio di  rispettare tutti.
Ecco allora diffondersi «educatamente» la  convinzione che sia bene rimuovere idee  sorpassate, che altrove si è  già andati ben 'oltre', che l’intelligenza va sfrondata dai pregiudizi,  che senza aggettivi per definire appartenenze si è più liberi e meno  succubi,  che il significato di parole antiche e sinora univoche vada  allargato per non escludere  nessuno... Una petulante manipolazione per  plasmare la cultura piegandola all’ideologia  della neutralità che tutto  equipara e nulla sopporta di stonato rispetto al suo indiscutibile  dogma dell’antidogmatismo.  
Ma come può la tolleranza  mostrarsi allergica alla differenza di opinioni? E l’accettazione   asettica di qualunque presenza opporsi a manifestazioni di identità?  Eppure è di queste contraddizioni che si nutre la cultura oggi  prevalente sulla scena pubblica, forgiando  una 'piazza' per il  dibattito di idee nella quale hanno diritto di cittadinanza tutte  le  opinioni salvo quelle che contestano proprio l’assoggettamento a questa  religione  del vuoto, ossessionata dalla negazione della differenza, che  esalta l’individuo e ogni  sua possibile pretesa nel nome  dell’uniformità e dell’allineamento a un pensiero medio collettivo. 
È  ovvio che, come davanti alla prima diffusione del messaggio evangelico,   i cristiani sono i primi destinatari dell’avviso di sfratto per chi  non accetta questa  forma di totalitarismo culturale, tanto ostile a chi  si richiama a un’autorità «che non è di questo mondo» da mettere in  campo forme di autentica persecuzione. Educata, ci mancherebbe, per non  disturbare il sonno della ragione. Ma c’è chi non vuol proprio farsi  addormentare. E papa Francesco dà una mano, anzi tutte e due.
Francesco Ognibene
© Avvenire 13 aprile 2016
 
            