Più vita e più amore per tutti
Ma in guerra muore anche la capacità critica, prevale la paura, non si riesce a distinguere il vero dal falso. In guerra capita anche di rompere amicizie, di ritrovarti ad essere nemico nella tua stessa casa e magari ad essere pugnalato alle spalle da chi meno ti aspettavi. A dieci giorni dai tragici fatti di Parigi con la strage al giornale satirico Charlie Hebdo, siamo sempre più impantanati in un dedalo di notizie confuse, in discussioni che spostano l'attenzione verso questioni secondarie e che tendono da un lato a confondere ancora di più la realtà, dall'altro servono a rafforzare le finalità che il progetto terroristico si poneva. La discussione oggi verte essenzialmente sulla libertà di stampa, sulla libertà di satira, sul fondamentalismo che uccide nel nome di Dio, sui limiti della satira che non deve ledere valori sacri con riferimento a Papa Francesco che, per spiegare che non si “giocattolizza la religione”, ha raccontato come lui risponderebbe con un cazzotto ad un offesa rivolta alla sua mamma. La rubrica Protestantesimo di Rai2 ha organizzato la sua prossima trasmissione proprio sulla satira, trattando il tema “Bibbia e ironia: si può ridere di Dio?”, mobilitando teologi, biblisti e comici del calibro di Roberto Benigni. Come saranno interpretate, al di la della volontà degli autori, le dotte riflessioni bibliche e teologiche, come un contributo alla pace o un appoggio alla guerra che, intanto, dopo la strage di Parigi è ricominciata? Mi chiedo: sono questi i temi oggi all'ordine del giorno dell'Europa e del mondo? Basta alle religioni dire che non si deve uccidere in nome di Dio? E anche quando le religioni hanno partecipato alle guerre, e nel corso della storia umana lo si è fatto abbondantemente, di quale dio si tratta?
Siamo in guerra ma non la percepiamo
La grande maggioranza degli europei non si rende affatto conto di trovarsi nel pieno di una guerra mondiale, la terza. Noi lo andiamo dicendo dal 12 settembre del 2001 ma questo fatto è stato nascosto e censurato da tutti i mass-media e da tutti i partiti politici. La frase “terza guerra mondiale” è stata censurata sulla stampa e alla TV perché, se fosse stata usata, avrebbe evocato lo spettro della guerra nucleare globale con distruzione totale dell'umanità. Si è parlato di guerra al terrorismo, ma poi si sono invasi l'Afghanistan e L'iraq. All'inizio si è parlato di guerra infinita e di scontro di civiltà, teorizzando lo scontro tra islam e cristianesimo, come ai tempi delle crociate. Se non ci fosse stato Papa Francesco, che ha parlato di “terza guerra mondiale a pezzi”, nessuno si sarebbe accorto di questa realtà. E oggi chi ha finora negato di essere nella “terza guerra mondiale”, ha usato l'affermazione di Papa Francesco, che chiedeva si ponesse fine alla guerra, per rilanciare proprio la guerra, rovesciandone la colpa sui terroristi. Ma l'azione di Parigi fa parte di quella guerra iniziata l'11 settembre 2001. La guerra c'è ma la stanno combattendo in Africa, in medio-oriente, in Asia, in tanti posti in giro per il mondo. Si, c'è stata la guerra in Kossovo e poi nella ex-Jugoslavia ma la guerra non ha toccato il cuore dell'Europa, l'Italia, la Germania, la Francia... Da altre parti si muore grazie alle armi costruite e vendute nei paesi europei, Italia in primis, e in Europa possiamo continuare tutto sommato a goderci “la pace” (con molte virgolette). Lo dice continuamente anche la TV di Stato nelle sue pubblicità sull'Europa unita e le sue conquiste.
Panem et circenses
Distrarre la gente credo sia uno dei meccanismi più antichi per gestire il potere, cosa che comprende la realizzazione di guerre che i popoli distratti si trovano poi a dover combattere. Muore soprattutto la povera gente, chi ha organizzato e voluto la guerra no. Anche durante la seconda guerra mondiale è stato così, persino nella stessa Germania che la guerra l'ha scatenata. Mi è capitato di vedere filmati di quel periodo dove si vedevano tranquille scene di vacanze al mare dei tedeschi mentre il loro paese era in guerra. Le cose cambiarono solo quando cominciarono i bombardamenti a tappeto sulle città tedesche. Devono cominciare a cadere le bombe per rendersi conto della tragica realtà nella quale ci si trova e che il proprio apparente benessere dipende dalla morte di milioni di altri esseri umani. Oggi noi ci troviamo nella stessa situazione. La guerra è lontana. Si, abbiamo soldati italiani in ben 34 missioni all'estero in zone calde, circa 5000 uomini e donne. Molti di essi sono stati uccisi perché la guerra consiste di uccisioni generalizzate. Ma quelli sono mercenari, questo pensa la maggioranza delle persone, che vanno li per il soprassoldo di guerra e se muoiono ammazzati se lo sono andati a cercare. A nessuno importa se la Costituzione è stata calpestata, se si spendono decine di miliardi per armamenti e partecipazione alle guerre, tanto è una cosa lontana. E la guerra è ancora oggi considerata una sciagura inevitabile.
Il terrorismo, cui prodest?
Poi vengono realizzati in Europa degli attentati terroristici dopo quello tristemente famoso dell'11 settembre 2001 che ha dato inizio alla “terza guerra mondiale a pezzi” che dura tuttora. La commettono delle persone che si definiscono islamici come quelli dell'11 settembre. Centra nulla la guerra in corso? E qual è lo stato attuale della guerra? Chi può avere interesse a compiere un attacco come quello fatto ai danni di un gruppo di satiri irriverenti e irrispettosi di qualsiasi cosa? A cosa può servire la loro morte? Le notizie sull'attentato sono confuse, probabilmente false, come avviene in guerra, ma i risultati concreti dell'attentato ci sono ma anche questi vengono nascosti e mistificati. Ma i risultati dell'atto terroristico sono inequivocabili, pochi e semplici ma tutti devastanti.
Primo. Tutti i musulmani europei sono diventati i nemici degli europei e le loro moschee sono oggetto di attacchi e singoli musulmani sono oggetto di aggressioni violente.
Secondo. La Francia è entrata in guerra contro l'ISIS accusata di essere il mandante della strage di Parigi. L'ISIS ha mandato tre terroristi, la Francia ha mandato la portaerei nucleare Charles de Gaulle che si è spostata verso il Golfo Persico per supportare le operazioni in corso in Iraq e Siria. «La portaerei Charles de Gaulle – ha spiegato il presidente francese François Hollande – parte in missione e si dirigerà verso l’Oceano indiano per unirsi alle forze della coalizione contro lo Stato islamico in Iraq. La missione che comincia è anch’essa una risposta al terrorismo: loro ci fanno la guerra e noi dobbiamo mettere in atto gli strumenti necessari di fronte alle minacce». (vedi link). Finora la Francia non aveva voluto partecipare a tali operazioni. L'attentato gli ha fatto cambiare idea dalla sera alla mattina e senza alcun dibattito parlamentare. Più di un commentatore ha interpretato gli attentati di Parigi come “una «fitna», uno scontro fratricida per l’egemonia all’interno della umma ovvero della comunità islamica”, come se il se-dicente ISIS o Al Qaeda o tutte le altre sigle terroriste oggi esistenti avessero una minima possibilità di conquistare militarmente l'Europa e quindi imporre la propria egemonia anche sul piano religioso e/o culturale. Ebbene bisogna prendere atto che i diretti interessati, il presidente Hollande e gli altri governi che stanno facendo la “terza guerra mondiale a pezzi”, Stati Uniti, Inghilterra, Francia,...Italia, la stanno interpretando come un atto di guerra a cui vogliono rispondere con la guerra e la stanno facendo anche a nome di tutti quegli europei che hanno manifestato al grido di “je suis charlie”. Forse sarebbe meglio dire che stanno utilizzando la strage di Parigi per avere una scusa valida, un motivo indiscutibile per continuare “la terza guerra mondiale a pezzi” invece di fermarla come ha chiesto Papa Francesco. Altro che «fitna» per la conquista dell'egemonia. Quanti siriani, iracheni, libanesi, palestinesi dovranno ora morire per vendicare i vignettisti di Charlie Hebdo? Io credo che essi non lo avrebbero voluto! “Tutto è perdonato” hanno scritto sul primo numero dopo la strage. Ci auguriamo che il prossimo numero di Charlie si apra con la scritta “not in my name” e con una presa di distanza dalla guerra.
Il ruolo dei mass-media
Intanto il dibattito nei paesi europei è dominato dalle posizioni islamofobe più spinte della destra neo-nazista e neo-fascista. Personaggi squalificati sul piano politico e personale vengono osannati come veri e propri profeti della “difesa delle radici culturali dell'Europa”, pur proponendo essi azioni e idee che inneggiano alla violenza e alla morte come e più dei terroristi di Parigi. Se questi figuri sono cristiani io allora sono il re d'Italia! Costoro giungono a mettere in discussione lo stato di diritto, secondo il quale la responsabilità penale è personale e a nessuno può essere chiesto di dissociarsi dai delitti commessi da altre persone sol perché si è di una determinata religione. È stato fatto nel Veneto da parte dell'assessore all'istruzione che vuole la dissociazione dei genitori musulmani e dei loro figli dagli attentati di Parigi. Cosa centrano i bambini? Che colpa hanno? I mass-media hanno la grave responsabilità di aver creato nel nostro paese un clima di terrore diffondendo quotidianamente tutta la propaganda dei se-dicenti terroristi islamici. Sono stati essi stessi complici dei terroristi. Sono arrivati a spacciare come fatto veramente accaduto la bandiera nera dell'ISIS issata sull'obelisco di Piazza San Pietro mentre era un fotomontaggio. Intanto l'intellighenzia europea discute sulla libertà di satira, di stampa, su Dio, sull'islam demonizzato tout-court, sulla presunta superiorità della cultura occidentale rispetto a quella islamica e via delirando. Le organizzazioni musulmane affermano la loro innocenza e quella dell'Islam ma le loro parole cadono nel vuoto, eppure mai come questa volta esse sono state tantissime. Fra tutte queste condanne quella che mi ha colpito di più è stata fatta dalla organizzazione sciita Hezbollah, il Partito di Dio Libanese che certo non è un partito nonviolento. Perché questa organizzazione ha condannato la strage? Il motivo credo sia semplice. Loro che conoscono bene la situazione sul terreno della guerra attualmente in corso in Siria e Iraq, hanno capito immediatamente che l'attentato di Parigi significava l'imminente avvio della nuova guerra di terra, di cui si sta discutendo da mesi in ambito Nato, con invasione della Siria e dell'Iraq e coinvolgimento nella guerra dello stesso Libano. Hezbollah sa bene cosa significhi una guerra e in quel comunicato credo si possa leggere il tentativo di esorcizzare il coinvolgimento del proprio paese nell'ennesima inutile strage. In Libano, voglio ricordarlo ai distratti, esiste un corposo contingente italiano.
La guerra il razzismo
Rimane dunque la guerra, rimane dunque il razzismo che fa da supporto alla guerra. Un razzismo che in Italia ha superato oramai da tempo i livelli di guardia e che per lungo tempo si è scaricato sui meridionali (pensate c'è qualche razzistello vestito da “cristiano democratico” a cui da fastidio il mio essere lucano!). Razzismo che ora è indirizzato quasi esclusivamente contro gli immigrati ed in particolare contro quelli di religione islamica. Allora per piacere occupiamoci di questo e non chiudiamo gli occhi. Nel mio ultimo editoriale ho provato a spiegare che la nostra riflessione e le azioni conseguenti che dobbiamo tutti prendere, non possono che partire da quello che è lo stato dei fatti di fronte ai quali ci troviamo, fatti che dobbiamo valutare per quello che sono, senza mistificazioni. E' evidente che lo slogan “je suis charlie” è servito ad irregimentare l'intero popolo francese attorno ad Hollande che immediatamente ha fatto muovere la portaerei così come Bush nel 2001 fece muovere l'esercito americano contro l'Afghanistan. Le azioni dei terroristi, quelle dell'11 settembre e le altre che sono seguite, le hanno pagate i popoli, vecchi donne e bambini, persone innocenti uccisi a milioni, per lo più di religione musulmana, per continuare a consentire ai venditori di armi di fare i loro luridi affari e alle multinazionali del petrolio e delle materie prime di continuare a sfruttare le risorse dei popoli detentori di materie prime nella logica del più bieco colonialismo. Perché la guerra, comunque la si voglia mascherare, la si fa per soldi, per la ricchezza, per il potere. Il Dio delle religioni può al massimo essere strumentalizzato, grazie alle complicità e alla subordinazione dei capi religiosi legati al potere mondano. È successo anche in questa guerra. Chi ricorda più il discorso del card. Ruini al funerale dei soldati italiani morti a Nassiria? Fu un discorso di supporto alla guerra e di sostegno allo strumento militare italiano e alla violazione dell'art. 11 della Costituzione. C'era un movimento che chiedeva il ritiro del contingente italiano dall'Iraq, il discorso di Ruini diede supporto alla continuazione della guerra. Siamo apparentemente prigionieri di opposti estremismi religiosi, da un lato quello dei fondamentalisti se-dicenti cristiani, che dall'11 settembre 2001 hanno sempre appoggiato le guerre di Bush e dei suoi successori, dall'altro quello del terrorismo se-dicente islamico. In realtà sono due facce della stessa medaglia, quella del culto al “Dio denaro”, l'unico dio riconosciuto ad ogni angolo della Terra e nel nome del quale si combattono tutte le guerre. Che nessuno dunque cada nella trappola della “guerra di religione”, che non esiste. Si fa la guerra per soldi, sempre per soldi, l'unico dio delle guerre è il “dio denaro”, le grandi religioni della storia dell'umanità possono essere al massimo strumentalizzate.
Cosa possono fare le religioni
E le religioni hanno di fronte a se due strade: possono continuare a fare quello che hanno sempre fatto, cioè essere il condimento delle guerre per rendere meno repellente l'obbrobrio che è la guerra che consiste di omicidi di massa e distruzioni; oppure possono tirarsi fuori, ma per farlo devono fare gesti forti, atti di rottura non chiacchiere formali. Non serve o quanto meno non basta affermare che “non si uccide nel nome di Dio”, questo è un primo passo. Bisogna fare azioni concrete di rottura con i governi e gli strumenti militari. Bisogna, la dove questi esistono, ritirare tutti i cappellani militari dai rispettivi eserciti; bisogna dire ai propri fedeli che chi partecipa alle guerre si pone automaticamente fuori dalla propria comunità di fede perché è ora di deporre le armi, di chiudere le immonde industrie belliche che traggono i loro profitti dal sangue di milioni di vittime; bisogna smantellare gli arsenali nucleari, chimici, batteriologici. Bisogna gridare forte che “la guerra è una follia” ed essere conseguenti. Bisogna che gli stati che hanno i propri eserciti sparsi in giro per il mondo li ritirino, lasciando liberi i popoli di autodeterminarsi. E c'è bisogno che le religioni dialoghino fra loro, che non cadano nella trappola degli opposti estremismi religiosi, che alla violenza si risponda con più democrazia, più libertà, più cultura, più vita e più amore per tutti.
Giovanni Sarubbi