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Preghiera ecumenica. Cristiani oltre le divisioni «L'unità è davvero possibile»

Il papa, Bartolomeo, la Riforma: i passi verso la meta

In un’epoca ecumenica, come quella che stiamo attraversando, con cinquant’anni di dialogo ecumenico alle spalle e una rinnovata comprensione della storia e della teologia, può anche accadere che la festa di un ateneo cattolico venga dedicata alla Riforma protestante. Alla vigilia della tradizionale Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, che si apre oggi, alla Pontificia Università Antonianum la festa dell’università – che ricorda la proclamazione di Antonio da Padova quale Dottore della chiesa – lunedì ha avuto per tema «Nuove letture della Riforma». Inusuale però è anche il fatto che fra i tre oratori vi fosse l’arcivescovo luterano di Uppsala, Antje Jackelén, che il 31 ottobre ha accolto a Lund in Svezia papa Francesco in occasione della commemorazione congiunta cattolico-luterana per il quinto centenario della Riforma. «Come luterani vogliamo ricordare questi cinquecento anni con responsabilità e rinnovata consapevolezza ecumenica» ha affermato l’arcivescovo donna, che nel suo intervento ha sottolineato come il percorso dalla pubblicazione del documento luteranocattolico, Dal conflitto alla comunione, abbia portato alla preghiera comune di Lund. «Quel testo – ha ricordato – esprime un accordo tra le due confessioni sulla descrizione-narrazione della storia del XVI secolo e, al tempo stesso, definisce alcuni imperativi ecumenici per il futuro, la cui importanza va oltre il dialogo tra cattolici e luterani tanto da potersi applicare a qualsiasi altro dialogo ecumenico».

Il fatto è che la Commissione luterano-cattolica sull’unità ha lavorato instancabilmente per giungere a una comprensione comune della commemorazione. E il documento riconosce che entrambe le tradizioni si accostano a questo anniversario distinguendo gli aspetti polemici dagli stimoli teologici della Riforma, mentre i cattolici sono ora in grado di comprendere anche la sfida di Lutero alla Chiesa di oggi, definendolo come un «testimone del Vangelo» (n.29). Così, dopo secoli di reciproche condanne e vilipendi, nel 2017 i cristiani luterani e i cattolici, per la prima volta, commemorano insieme l’inizio della Riforma. Ed è proprio da questa comune dichiarazione, e in considerazione del più ampio contesto ecumenico, che è scaturito il tema della Settimana di quest’anno: «L’amore di Cristo ci spinge verso la riconciliazione» (2 Cor 5,14-20). A partire da questo tema sono stati preparati e pubblicati i testi presentati dal Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani e dalla Commissione del Consiglio ecumenico delle Chiese. È stato quindi nel contesto del quinto centenario della Riforma che il Consiglio delle Chiese in Germania, su invito del Consiglio ecumenico delle Chiese, ha accettato l’incarico di redigere il testo per la Settimana di preghiera 2017. Una Commissione composta da dieci rappresentanti delle Chiese cattolica, ortodossa e protestante si è riunita tre volte nel biennio 2014-2015 per riflettere su questa Settimana e commemorare la Riforma luterana.

Quando il Comitato organizzativo tedesco si riunì nell’autunno del 2014 risultò subito chiaro che il materiale per la Settimana di preghiera 2017 doveva avere due punti focali: da una parte una celebrazione dell’amore e della grazia di Dio, la «giustificazione dell’umanità solo per grazia», che rifletteva l’istanza cruciale delle Chiese marcate dalla Riforma di Martin Lutero; dall’altra il dolore della conseguente, profonda divisione che ha segnato le Chiese, chiamando per nome le colpe e prospettando opportunità per offrire passi di riconciliazione. È stata infine l’esortazione apostolica di papa Francesco Evangelii gaudium a suggerire l’indirizzo definitivo per quest’anno con la citazione-chiave, al paragrafo 9: «L’amore di Cristo ci spinge». È infatti «l’amore di Cristo» che «spinge verso la riconciliazione» a celebrare l’irrevocabile riconciliazione che abbiamo ricevuto mediante la fede in Gesù Cristo. È «l’amore di Cristo» che diviene «la forza trainante che ci muove oltre le nostre divisioni verso atti di riconciliazione, confessando il nostro peccato di divisione e la nostra richiesta di perdono». E se sarà il Papa, come di consueto, a chiudere la Settimana di preghiera il 25 gennaio nella basilica di San Paolo, «è importante sottolineare nella prospettiva di questa Settimana di preghiera – ci spiega monsignor Brian Farrell, segretario del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani – la centralità della Scrittura e della grazia che salva nella vita della Chiesa, e che sono i comuni cristiani a dare testimonianza di ecumenismo spirituale nella ricerca dell’unità voluta da Cristo». Non si può tuttavia non ricordare come questa Settimana cada all’inizio di un nuovo anno che raccoglie il testimone di importanti gesti e avvenimenti ecumenici nel corso del 2016: la visita congiunta del Papa con il Patriarca ecumenico Bartolomeo e il Patriarca di Atene Hieronimo nel campo profughi dell’isola di Lesbo, in Grecia, il 16 aprile; l’incontro di papa Francesco con il Patriarca Kirill di Mosca a Cuba il 12 febbraio e con il Patriarca Ilia in Georgia il 30 settembre, il Concilio panortodosso in giugno e il Documento di Chieti siglato tra cattolici e ortodossi sulla sinodalità e il primato, in settembre.

Tutti incontri e viaggi che aiutano la fratellanza a crescere. «È il motus in fine velocior, per dirla secondo quel processo espresso nella fisica aristotelica» ha ricordato il Papa nell’intervista che mi ha concesso per Avvenire, aggiungendo che «è il cammino dal Concilio che va avanti, s’intensifica. Ma è il cammino, non sono io. Questo cammino è il cammino della Chiesa. Non ho dato nessuna accelerazione. Nella misura in cui andiamo avanti, il cammino sembra andare più veloce». E sul senso e la necessità della preghiera per l’unità ricorda che «Gesù stesso prega il Padre per chiedere che i suoi siano una cosa sola, perché così il mondo creda. È la sua preghiera al Padre». Anche perché, riprende, «da sempre il Vescovo di Roma è chiamato a custodire, a ricercare e servire questa unità. Sappiamo anche che le ferite delle nostre divisioni, che lacerano il corpo di Cristo, non possiamo guarirle da noi stessi. Quindi non si possono imporre progetti o sistemi per tornare uniti. Per chiedere l’unità tra noi cristiani possiamo solo guardare Gesù e chiedere che operi tra noi lo Spirito Santo. Che sia lui a fare l’unità. Nell’incontro di Lund con i luterani ho ripetuto le parole di Cristo, quando dice ai suoi discepoli: 'Senza di me non potete fare nulla'».

Il Papa quindi sottolinea che «il proselitismo tra cristiani è in se stesso un peccato grave perché contraddice la dinamica stessa di come si diventa e si rimane cristiani». E ha ribadito «come tutti i passi ecumenici sono un passo avanti per far comprendere lo scandalo della divisione, che ferisce il corpo di Cristo e che anche di fronte al mondo non possiamo permetterci». Francesco perciò sottolinea che «in questo momento storico l’unità si fa su tre strade: camminare insieme con le opere di carità, pregare insieme, e poi riconoscere la confessione comune così come si esprime nel comune martirio ricevuto nel nome di Cristo, nell’ecumenismo del sangue... Tutte espressioni di unità visibile». Come visibile ed eloquente, per un cammino indirizzato verso un punto di non ritorno, è anche la piena sintonia e comunione spirituale che unisce il successore di Pietro al successore dell’apostolo Andrea, il Patriarca Bartolomeo. Ricevendoci nella sua residenza al Fanar di Istanbul, mentre ricordava le ultime sue visite in Italia a Lecce e Bari, Bartolomeo ha recentemente parlato dell’affetto genuino ricevuto dai fedeli cattolici che lo hanno accolto come fosse un vescovo cattolico: «La gente non fa differenza, questo è l’avanzamento della vera comunione. La gente è per l’unità, per l’ecumenismo. Quelli che sono contro sono pochi, da voi e da noi, la grande maggioranza del popolo desidera l’unità. Perché la divisione non può continuare usque ad vitam aeternam... È stato un errore umano. La volontà di Cristo è la piena comunione. Allora possiamo lavorare e pregare, e questa divisione avrà fine».

Stefania Falasca

© Avvenire, mercoledì 18 gennaio 2017