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Puglia. Il no del Forum delle Associazioni Familiari all'RU486 in Day Hospital

Apprendiamo dalla stampa l’avvenuta approvazione, da parte della Giunta regionale, di nuove linee guida sulla interruzione volontaria della gravidanza, inerenti la modalità di somministrazione della RU486, che da essere finora assumibile in regime di ricovero, diventa somministrabile in day hospital

Come si sa la Ru486 è un pillola a base di mifepristone in grado di indurre un aborto volontario con modalità medica, anziché chirurgica. La sua assunzione entro la 49° giornata di amenorrea provoca il distacco dell’embrione dalla parete uterina e la conseguente interruzione di gravidanza; la somministrazione di una prostaglandina entro le 48 ore successive provocherà l’espulsione spontanea dell’embrione. Finora, la dispensazione di queste sostanze avveniva, come da linee guida ministeriali, in regime di ricovero ordinario, per la prevenzione, il monitoraggio e la terapia di eventuali effetti collaterali, come emorragie o complicanze settiche. In realtà, le donne spesso firmavano la dimissione volontaria dopo l’assunzione del farmaco, rientrando in ospedale solo per l’assunzione della prostaglandina in grado di espellere il bambino

Questa decisione ci sembra grave, sia per il merito che per il metodo. Parlando di metodo, infatti, non è accettabile che nuove linee guida sulla IVG in Puglia vengano discusse ed approvate senza un adeguato coinvolgimento del Consiglio regionale e, prima ancora delle associazioni familiari e di quelle delle donne e dei medici coinvolti nella vicenda.

Circa il merito, se la decisione è stata presa con l’intento di ridurre i carichi di lavoro dei medici non obiettori, ci sembra giusto ricordare quanto esplicitato nell’ultima Relazione al Parlamento del mInistro della Salute sullo stato di attuazione della legge 194, che letteralmente recita:

“considerando le IVG settimanali a carico di ciascun ginecologo non obiettore, considerando 44 settimane lavorative in un anno, a livello nazionale ogni non obiettore ne effettua 1.6 a settimana, un valore medio fra il minimo di 0.5 della Sardegna e il massimo di 4.7 del Molise. Questo stesso parametro, valutato a livello sub-regionale, (…) mostra che si tratta comunque di un numero di IVG settimanali sempre inferiore a dieci, cioè con un carico di IVG per ciascun non obiettore che non dovrebbe impegnare tutta la sua attività lavorativa”.

In merito invece alle problematiche delle donne che chiedono l’IVG, ci appare davvero assurdo un intervento regionale limitato alla modalità di somministrazione del farmaco abortivo, il cui utilizzo ci sembra peraltro in totale contraddizione con il dettato della legge 194.

Se infatti fine degli amministratori regionali è l’applicazione della legge, non possiamo non sottolineare, ancora una volta, quanto disposto dagli artt. 2 e 5 della legge, secondo cui i consultori o la struttura sanitaria cui la donna si rivolge per ottenere il documento per abortire, devono assisterla sia sul piano prettamente ginecologico che informandola sui diritti, anche lavorativi, della gestante, sui servizi cui far riferimento per la loro tutela, sulle cause che inducono la donna a richedere l’IVG, contribuendo a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all’interruzione della gravidanza.

Addirittura, recita la legge, “I consultori sulla base di appositi regolamenti o convenzioni possono avvalersi, per i fini previsti dalla legge, della collaborazione volontaria di idonee formazioni sociali di base e di associazioni del volontariato, che possono anche aiutare la maternità difficile dopo la nascita.”

Dove avviene tutto questo in Puglia? E come potrà avvenire, se la Regione, piuttosto che in prevenzione, investe nell’utilizzo della RU486, farmaco notoriamente somministrabile entro il 49° giorno di amenorrea? 49 giorni dall’ultima mestruazione sono spesso il tempo necessario perché la donna si renda conto di aspettare un bambino. Come è possibile realizzare quanto previsto dalla 194 in chiave preventiva, e restituire alle donne pugliesi la libertà di diventare madri?

In Puglia si registrano circa 9000 IVG l’anno. Un dato costante negli anni, se non in crescita, a fronte di una riduzione delle donne in età fertile. Vuol dire che in questa Regione non ci siamo mai confrontati sul tema della prevenzione degli aborti. Ci sembra grave. Particolarmente ora, che la crisi della natalità in Italia è tema di assoluta emergenza, in una Regione, come la Puglia con una natalità nettamente inferiore alla già bassissima media nazionale.

Il Forum delle Famiglie di Puglia chiede quindi alla Giunta ed al Consiglio regionale l’avvio di un dibattito serio sulla prevenzione degli aborti in Puglia, sulla attuazione completa della legge 194 e sull’affronto del la gravissima denatalità regionale.

Il Forum delle Associazioni Familiari di Puglia

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