Quel furto di futuro
Che cosa accomuna veramente questi due fatti di cronaca? È solo la coincidenza temporale di due tragedie giovanili che si sono drammaticamente consumate nella stagione estiva, è il loro sovrapporsi ai binari del divertimento e della spensieratezza, o è l’arma del delitto, quella bottiglia simbolo di uno sballo alla portata di tutti, facile e scontato quanto mediocremente terribile? Forse lo sono tutti questi elementi, probabilmente nessuno lo è del tutto. Ma trascurare i segnali che – sia pure il caso a volerlo – in questi giorni vengono recapitati dall’universo giovanile, dai mille rivoli di un fiume che da tempo è privo di un nome proprio nell’anagrafe della rappresentanza, rischia di diventare una colpa non meno grave dei delitti di cui veniamo a conoscenza.
I "futili motivi", l’assenza di ragioni, che sempre più spesso lega vicende e rapporti tra giovani sono il fondo di verità che più dovrebbe scuotere le coscienze di chi ai giovani guarda pensando alle prospettive da offrire. E ci sono ancora bottiglie di alcolici nelle mani dei bambini (bambini!) londinesi immortalati mentre scappano da un negozio appena saccheggiato. Come c’è sempre un "vuoto a perdere" nei furti di articoli tecnologici e beni di lusso di cui si rendono protagonisti i giovani razziatori britannici, nello sconvolgente tentativo di percepirsi vivi in quanto consumatori e possessori di un superfluo ritenuto necessario.
I giovani non sono solo così, viene da dire come è giusto. Ci sono giovani che studiano e lottano per ottenere un posto di lavoro che duri più di 180 giorni e paghi più di 600 euro al mese. Ci sono giovani che non studiano e nemmeno lavorano. Giovani che combattono per potersi costruire una famiglia e poi riuscire a mantenerla. E giovani che vivono in famiglia e si mantengono con la pensione di genitori e nonni. In queste ore ci sono giovani che partono per Madrid, per partecipare alla Giornata mondiale della Gioventù dell’estate 2011, la sedicesima, scegliendo anche la preghiera per condividere aspirazioni e paure. Giovani che sanno stare in compagnia e altri che la cercano da sempre.
Non sono ragazzi in contrapposizione, mondi separati e distanti, chiusi in monadi di incomunicabilità: è lo stesso il mare agitato nel quale nuotano a fatica, è lo stesso il futuro che è stato loro sottratto.
Perché una delle cose che certamente accomuna questi ragazzi è il totale disinteresse – difficile da comprendere se si hanno più di 40-50 anni – per quello che accade nelle Borse internazionali. Senza pensioni, rendite, patrimoni né diritti acquisiti, nulla hanno da perdere e nulla da guadagnare da un mercato che non li prevede più da tempo, se non come enorme risorsa di flessibilità.
È alle inquietudini e alle paure di questo universo, ai molti e differenti segnali d’allarme e di speranza, che i leader dovrebbero saper guardare in modo speciale, nel cercare la rotta per superare la tempesta finanziaria. A qualcuno sfugge da troppo tempo che quella a cui stiamo assistendo si scrive "crisi del debito", ma si pronuncia "furto di futuro". Perché sono il debito e le bolle con le quali l’Occidente ha finanziato il suo recente sviluppo, il moloch che condanna le generazioni più giovani al sacrificio delle opportunità e delle prospettive. Ricordarsene ora, nella fase in cui vengono pianificate le risposte, non varrà come risarcimento. Ma potrebbe rivelarsi decisivo.