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Roma. Una notte con i clochard in Piazza San Pietro

Donne e uomini. Tanti, quasi in ogni angolo possibile. I loro cartoni. Le loro coperte e il freddo che non potranno mai davvero sciogliere

Le mani intirizzite, il bavero del giaccone tirato su fino sopra la bocca. Le luci, la suggestione di piazza San Pietro. I lampeggianti blu delle macchine della Polizia che girano, senza mai fermarsi, all’interno del colonnato. E soprattutto loro, senza tetto, senza tempo. Donne e uomini. Tanti, quasi in ogni angolo possibile. I loro cartoni. Le loro coperte e il freddo che non potranno mai davvero sciogliere.

 

Durerà soltanto una notte e non importa, qualcuno s’è costruito una specie di piccola “casa” con i cartoni, qualcun altro l’ha anche ricoperta con la plastica, dentro vi si è accucciato e dorme. Lì. Così.

Gli spazzini puliscono la strada accanto a queste donne e uomini e, almeno per quanto possano, cercano di non far troppo rumore. Qualche turista notturno passa e nemmeno forse guarda. Loro tengono vicino un po’ d’acqua, qualche panino offerto dentro una busta, le cose che hanno, quelle che non temono qualcuno possa rubare. Un trolley aperto, con i bicchieri e una bottiglia vuota di birra. Passano pochissime macchine. Qualche taxi. La luna sembra sfiori il Cupolone. Si sente tossire da quei fagotti nei quali donne e uomini trascorrono la notte. Fredda. Silenziosamente stellata.

I soldati di guardia in piazza della Città Leonina imbracciano il mitra e hanno lo scaldacollo alzato fino gli occhi. La macchina bianca che ha messo a disposizione Papa Francesco è qui. Dentro, sul sedile accanto a quello di guida, dorne una donna in là con gli anni. Non se ne vede il volto, avvolta com’è in una coperta bianca.

Francesco ha fatto aprire i dormitori ventiquattr’ore sui ventiquattro. Ha fatto donare sacchi a pelo particolari che tengono abbastanza bene fino a venti gradi sotto lo zero. Il Papa ha fatto mettere a disposizione «anche le auto dell'Elemosineria – aveva spiegato l’altro giorno monsignor Konrad Krajewski -, così che chi non vuole spostarsi possa dormirci». Vengono portate la sera e poi riprese la mattina. Su un muretto i volontari hanno lasciato un paio di termos con thé e con latte.

L’alba è livida. Anche questa notte è andata. I volti si vedono meglio, adesso. Carichi di rughe, sofferenze, dignità. Che nessun marciapiede potrà cancellare.

Pino Ciociola, testo e video

© Avvenire, martedì 10 gennaio 2017

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