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«Sarà un Natale di restrizioni e disagi ma quello di Giuseppe e Maria non fu rose e fiori»

Francesco all’udienza generale: «Questa difficoltà ci aiuti a purificare un po’ il modo di vivere il Natale, di festeggiare, uscendo dal consumismo, che sia più religioso, più autentico, più vero. Anche la Sacra Famiglia dovette affrontare difficoltà». E avverte: «Chi non ama il fratello non prega seriamente»

«Quest'anno ci attendono restrizioni e disagi; ma pensiamo al Natale della Vergine Maria e di San Giuseppe: non furono rose e fiori! Quante difficoltà hanno avuto! Quante preoccupazioni! Eppure la fede, la speranza e l'amore li hanno guidati e sostenuti. Che sia così anche per noi!». Papa Francesco nell'udienza generale ricorda il contesto storico del primo Natale e richiama al significato autentico di questa festa, «quello vero, cioè la nascita di Gesù Cristo». E auspica che «questa difficoltà ci aiuti a purificare un po’ il modo di vivere il Natale, di festeggiare, uscendo dal consumismo, che sia più religioso, più autentico, più vero».

Siamo nel cuore dell’Avvento e Bergoglio continua a tenere l’udienza generale nella Biblioteca del Palazzo apostolico in videocollegamento e senza fedeli a causa della pandemia. Alle sue spalle, è stato allestito un Presepe mentre davanti c’è il Lucernario d’Avvento che scandisce l’attesa per la nascita di Gesù. Il Pontefice nella sua catechesi si sofferma sulla preghiera di intercessione. Ritirarsi in silenzio per pregare, sottolinea, non vuol dire evadere dalla realtà, non è per non essere infastiditi, ma per ascoltare meglio la voce di Dio. La preghiera, infatti, deve raccogliere le angosce e le speranza dell’umanità altrimenti, ammonisce, «diventa un’attività “decorativa”, “intimistica”, “da teatro”. Si tratta di “una preghiera concreta, che non sia una fuga». Perché proprio nella preghiera ogni cristiano è chiamato a diventare «pane spezzato e condiviso». Bisogna, quindi, tenere aperta la porta del proprio cuore, anche per quelli che non pregano ma portano un grido soffocato, per chi ha sbagliato: «Chiunque può bussare alla porta di un orante e trovare in lui o in lei un cuore compassionevole, che prega senza escludere nessuno. La preghiera è il nostro cuore e la nostra voce, e si fa cuore e voce di tanta gente che non sa pregare o non prega o non vuole pregare o è impossibilitata a pregare: noi siamo il cuore e la voce di questa gente che sale a Gesù, sale al Padre come intercessori. Nella solitudine di quello che prega, sia la solitudine di molto tempo sia la solitudine di mezz’oretta, per pregare, ci si separa da tutto e da tutti per ritrovare tutto e tutti in Dio».

Quindi, il Papa rimarca il profondo legame fra la preghiera e l’amore. Non si può, infatti, pregare se c’è indifferenza o odio: «Chi non ama il fratello non prega seriamente. Qualcuno può dire: in succo di odio non si può pregare; in succo di indifferenza non si può pregare. La preghiera soltanto si dà in spirito di amore. Chi non ama fa finta di pregare o lui crede che prega, ma non prega perché manca proprio lo spirito, che è l’amore. Nella Chiesa, chi conosce la tristezza o la gioia dell’altro va più in profondità di chi indaga i “massimi sistemi”. Per questo motivo c’è un’esperienza dell’umano in ogni preghiera, perché le persone, per quanto possano commettere errori, non vanno mai rifiutate o scartate». Bisogna, dunque, pregare non emettendo giudizi di condanna ma per tutti. E il Papa sottolinea quale debba essere l’attitudine di chi prega: quella di sentirsi peccatore fra peccatori consapevole di non essere migliore di nessuno, come mostra la parabola del fariseo e del pubblicano e, quindi, chiedendo al Signore di avere pietà di noi.

La preghiera, infatti, è feconda quando è fatta con umiltà, non sentendosi superiori: «Questa non è preghiera: questo è guardarsi allo specchio», sottolinea, «truccato per la superbia». Coloro che pregano, dunque, portano sulle sue spalle dolori e peccati e pregano per tutti. Il Papa li paragona a «un’antenna di Dio in questo mondo».Come infatti il Catechismo ricorda: intercedere è «la prerogativa di un cuore in sintonia con la misericordia di Dio. Questo», chiosa, «è bellissimo. Quando preghiamo siamo in sintonia con la misericordia di Dio. Misericordia nei confronti dei nostri peccati, che è misericordioso con noi, ma anche misericordia con tutti coloro che hanno chiesto di pregare per loro, che [per i quali] vogliamo pregare in sintonia con il cuore di Dio. Questa è la vera preghiera. In sintonia con la misericordia di Dio, quel cuore misericordioso».

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Il Papa ricorda che «Cristo davanti al Padre è intercessore, prega per noi, e prega facendo vedere al Padre le piaghe delle sue mani, perché Gesù fisicamente, con il suo corpo davanti al Padre». Quindi, «pregare è un po’ fare come Gesù: intercedere in Gesù al Padre, per gli altri». È fondamentale questa preghiera: «Il mondo», afferma Francesco, «va avanti grazie a questa catena di oranti che intercedono, e che sono per lo più sconosciuti… ma non a Dio! Ci sono tanti cristiani ignoti che, in tempo di persecuzione, hanno saputo ripetere le parole di nostro Signore: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno».

Il Buon Pastore, infatti, rimane fedele anche davanti agli errori della propria gente e persevera nel suo servizio anche «nei confronti di chi lo porta a sporcarsi le mani», a chi lo ha fatto soffrire. La Chiesa ha dunque questa «missione di praticare la preghiera di intercessione» perché «come Abramo e Mosè», a volte si devono «difendere» davanti a Dio le persone loro affidate, guardandole, in realtà, con gli occhi e il cuore di Dio, «con la sua stessa invincibile compassione e tenerezza».

Francesco conclude con un’immagine significativa: «Siamo tutti foglie del medesimo albero: ogni distacco ci richiama alla grande pietà che dobbiamo nutrire, nella preghiera, gli uni per gli altri. Preghiamo, gli uni per gli altri, ci farà bene a noi e farà bene a tutti».

Nei saluti ai fedeli di lingua polacca, il Papa ricorda che «oggi inizia la Novena a Gesù Bambino. Nel vostro cammino di Avvento di quest’anno, in modo particolare, vi accompagni San Giuseppe. Il Bambino Divino, che ha visto in lui la tenerezza di Dio, ricolmi i vostri cuori, soprattutto in questi tempi difficili, della certezza che il Padre nostro celeste è un Dio di tenerezza, che è buono verso tutti e la Sua misericordia si espande su tutti i Suoi figli. Vi benedico di cuore».

Infine, ricorda «gli anziani, i giovani, i malati e gli sposi novelli. A ciascuno», afferma, «auguro di accogliere la grazia di questi giorni: che diventi per voi anziani consolazione, per voi giovani fortezza, per voi malati conforto, e per voi novelli sposi fiducia nella divina Provvidenza».

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Antonio Sanfrancesco

© www.famigliacristiana.it, mercoledì 16 dicembre 2020

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