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Educare i ragazzi all’uso dei nuovi media

Occuparsi dell’educazione mediatica a scuola, dei metodi, dei linguaggi dell’informazione giornalistica, impegnarsi  a leggere, a studiare i giornali, ad usare criticamente internet, a scrivere “pezzi” originali può servire a tutti per educare alla ricchezza del comunicare, del dialogare tra realtà lontane, eliminando il parossismo dell’arrivare per primi, del bruciare i tempi.

In quest’Italia della crisi la scuola continua ad essere una continua risorsa, un’inesauribile ricchezza, nonostante le frustrazioni, le delusioni, le mancate risposte, il senso di impotenza. La ricchezza della scuola sono i ragazzi, che ogni giorno danno problemi e soluzioni, domande e suggerimenti, esprimono voglia di protestare e di progettare e costruire: sanno dare, insomma, vita. Gli insegnanti trovano nei loro alunni ogni giorno la risposta adeguata ai loro sforzi, anche quando sembra che non ci siano risposte, forse perché ai ragazzi le domande sono state poste male.

Una scuola è per sua natura un laboratorio, il cui lavoro è quello della “lentezza” dell’approfondimento, della “fermata” dello sguardo, della riflessione dell’intelligenza che deve sperimentare, elaborare. Ma fuori della scuola nessuno ha più il tempo, l’etica, della “lentezza”: non l’hanno soprattutto il mondo dell’informazione, i sistemi della comunicazione.

La scuola può ritrovare, così, la ragione stessa della sua esistenza: riflettere sull’esistenza, non tanto sulle ragioni di ciò che accade, piuttosto su come accade, su cosa significa non solo il passato ma anche il presente. Educare alla lettura dei mass-media rientra a pieno titolo nei compiti della Scuola e di ogni ente educativo. “Studiando” i mass-media si impara a darsi il tempo, la lentezza intelligente dell’apprendere, del comprendere: la notizia deve sedimentare dentro il ragazzo, che deve non solo capire, deve elaborare la sua emozione, deve farla diventare opinione. Si scopre così che le buone notizie esistono: non appaiono così come ce le aspetteremmo, non vengono gridate e strombazzate, non hanno titoloni.

Per un mondo che ha sempre fretta le buone notizie non esistono. Per il “laboratorio della lentezza”, invece, per la scuola che educa al ritmo lento della riflessione, della profondità, il buono nelle notizie c’è. I ragazzi lo sanno vedere: e questa può essere ragione di speranza.

Elvira Maurogiovanni

 

Un resoconto sull'attività del "Laboratorio della Buona Notizia"

 

Nella scuola di ogni ordine e grado ci pare sia ora di dedicare maggiore spazio ed attenzione al rapporto dei nostri ragazzi con i media tradizionali e soprattutto con i nuovi media. Educare ai media e con i media significa educare,in fondo, alla responsabilità.

Chi impara a "leggere"un messaggio, un contenuto mediale o multimediale e a criticarlo diventa capace e spesso desideroso di produrne a sua volta, con la consapevolezza che comunicare sul serio significa condividere un' idea, un valore, un' opinione, una prospettiva...insomma donare qualcosa di se'. Il “laboratorio della Buona Notizia" e' l'esperienza che in questi anni ci ha permesso di coinvolgere un buon numero di ragazzi nella costruzione di un "network di bellezza", costituito da articoli, fotografie, disegni attraverso cui raccontare il buono e il bello dellarealtà.

Vivere la responsabilità che richiede l' elaborazone di un testo mediale, impegnarsi nella ricerca e nell'approfondimento di una notizia, scegliere il modo più efficace perché un messaggio arrivi con chiarezza, rende inevitabile prendere delle decisioni. Rende inevitabile prendere una posizione, dichiarare da che parte si sta, in barba a quella logica della "neutralità" che il più delle volte abitua all' indifferenza. Da educatori pensiamo che conoscere quanto di buono e di bello ci circonda e imparare a raccontarlo sia uno dei modi più creativi per insegnare ai nostri ragazzi ad essere dalla parte dell'uomo e della Vita.

Maria Pia Maiullari

© "Epolis" Bari, 23 ottobre 2015

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