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Settimana sociale. Galantino: sia vera solidarietà. No all'autoreferenzialità

Il segretario generale della Cei invita a un esame di coscienza verso disoccupati e stranieri sia individuale sia delle organizzazioni cattoliche che non devono camuffare altri interessi

Un invito non generico alla solidarietà e all'amore verso chi non ha lavoro, con un esame di coscienza non solo individuale ma anche collettivo, delle nostre organizzazioni, quello rivolto dal segretario generale della Cei, monsignor Nunzio Galantino, durante l'omelia della Messa di conclusione della Settimana sociale dei cattolici, celebrata (assieme al presidente Cei Gualtiero Bassetti, l'arcivescovo di Cagliari Arrigo Miglio e l'arcivescovo di Taranto Filippo Santoro) domenica mattina al santuario della Madonna di Bonaria a Cagliari.

«Amerai il Signore… Amerai il tuo prossimo...» recitava il Vangelo. E "l’amore che Gesù raccomanda non è semplice affettuosità, ma è operosità affettiva, stima, fiducia che rendono possibile il perdono e la comprensione - ha spiegato Galantino -. Perché l’amore di Dio e l’amore del prossimo sono i due momenti di un unico impegno ed è ciò che oggi, non solo dobbiamo domandare per noi, ma è anche ciò su cui dobbiamo verificarci ed esaminarci". Per il segretario della Cei, si dicono troppe parole senza un amore che impegna. Nel nostro mondo in cui si parla di amicizia con un clic, "quello che deve crearci disagio non è la mancanza di amicizia; è piuttosto lo scoprire dentro di noi il desiderio che l’altro non ci sia, il fare di tutto perché l’altro scompaia dal mio orizzonte! Soprattutto se l’altro è lo straniero o se l’altro ha il volto dell’uomo o della donna che domandano in maniera insistente per sé dignità attraverso il lavoro. Questo deve crearci disagio. Questo deve farci vergognare. Tutti. Soprattutto chi di noi ha responsabilità particolari non può sottrarsi al comando col quale si è aperta la prima lettura".

Monsignor Galantino non manca di sferzare anche il mondo cattolico, lo invita a guardarsi dentro senza infingimenti. "Le nostre organizzazioni (associazioni, gruppi, movimenti) – tanto e per tanti versi benemerite – forse hanno bisogno di smettere i panni comodi di interessi talvolta malamente camuffati. Panni confezionati ad hoc e sulla misura sempre degli stessi personaggi - dice dall'altrare del santuario -. L’amore di Dio e del prossimo si sviluppa e cresce quando circola aria nuova, soprattutto quando circola aria pulita, quella che ha lo sguardo e l’orizzonte di Dio e non quello asfittico dell’interesse e dell’autoreferenzialità che, il più delle volte – anzi sempre – si tengono in piedi in maniera indebita". E in questo quadro, il segretario della Cei ha ripreso anche una delle suggestioni emerse sabato durante il dibattito: l'esigenza che la Chiesa continui e rafforzi l'investimento di risorse proprie, anche dismettendo parte del proprio patrimonio per promuovere la nascita di nuovo lavoro e valorizzare i giovani.

Francesco Riccardi, inviato a Cagliari

© Avvenire, domenica 29 ottobre 2017

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