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Silenzio e Parola: cammino di evangelizzazione

"E’ proprio dell’essenza di ogni forma di linguaggio l’essere rapportata al silenzio. Solo dal confluire di queste due componenti risulta il fenomeno nella sua interezza".

manifesto_gmcs_ucscei.jpgEsse si determinano reciprocamente, poiché solo chi sa tacere può veramente parlare nello stesso modo che l’autentico silenzio è possibile solamente a chi sa parlare. Il vero silenzio non significa una mera entità negativa, tale da rimanere inespressa, ma un comportamento attivo, una commozione fervida della vita interiore, commozione nella quale tale silenzio diviene padrone di sé stesso. Solo da questa commossa serenità proviene alla parola quella forza silenziosa che la rende compiuta.

Il silenzio, inoltre, è un manifestarsi di quell’immagine percepita dai sensi che si rivela allo sguardo interiore. Solo in tale manifestarsi se ne può esperimentare la potenza di significato, e solo da questa esperienza la parola trae tutta la sua energia di espressione. Priva di questo rapporto col silenzio, la parola diviene vaniloquio; senza questo rapporto con la parola, il silenzio diviene mutismo. Questi due elementi – insieme – formano un tutto, ed è un fatto che induce a riflettere la circostanza che per questo tutto non esista alcun concetto. In esso esiste l’uomo (Romano Guardini, Linguaggio – Poesia – Interpretazione, Brescia, Morcelliana, 2000, 15).

Questa riflessione di Romano Guardini può aiutare a meditare le parole di Benedetto XVI per la XLVI Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali del 2012 che ha come tema Silenzio e Parola: cammino di evangelizzazione.

Nell’accezione comune questi due momenti sembrano opporsi in una contraddizione insanabile: si pensa che quando non si parla ci sia silenzio e che invece, appena si parla, il silenzio sparisca. Spesso, quando si discute dei media, si afferma, come per automatismo, che essi fanno «rumore», generano un frastuono dal quale occorre ripararsi, ritirandosi. Benedetto XVI, già dal titolo del Messaggio, afferma che silenzio e parola fanno parte di un unico «cammino», capovolgendo la prospettiva e proponendo un modo differente di vedere le cose e di leggere il significato del silenzio e della parola.

Il silenzio è parte integrante della comunicazione […] senza di esso non esistono parole dense di contenuto. Parola e silenzio si integrano e non si oppongono: il silenzio è parte integrante della comunicazione, parte della parola, della capacità dell’uomo di parlare, non il suo opposto. Parola e silenzio sono due elementi imprescindibili e integranti del processo comunicativo.

La parola che comunica è scavata dal silenzio. Così avviene nella preghiera: il silenzio orante è proprio il luogo nel quale si elabora un linguaggio di comunicazione con Dio; è proprio per esprimere questa parola tutta interiore che l’orante tace esteriormente. Se così non fosse, il suo silenzio sarebbe altro: ricerca di quiete, bisogno di pace e solitudine, ma non ancora preghiera.

Nel silenzio, […] si colgono i momenti più autentici della comunicazione tra coloro che si amano: il gesto, l’espressione del volto, il corpo come segni che manifestano la persona. Nel silenzio parlano la gioia, le preoccupazioni, la sofferenza, che proprio in esso trovano una forma di espressione particolarmente intensa. Il messaggio del Papa scardina anche un’altra errata convinzione. Infatti noi, bombardati da messaggi, pensiamo troppo spesso che comunicare significhi semplicemente trasmettere, parlare, riversare contenuti e informazioni. Invece il Papa ci ricorda che oggi si fa troppa attenzione a chi parla e si dimentica che la comunicazione vera è fatta di ascolto, di dialogo, che è fatto di ritmi di parola e silenzio. Il silenzio inoltre non è solamente ascolto degli altri, ma anche ascolto di sé: Nel silenzio ascoltiamo e conosciamo meglio noi stessi, nasce e si approfondisce il pensiero, comprendiamo con maggiore chiarezza ciò che desideriamo dire o ciò che ci attendiamo dall’altro, scegliamo come esprimerci. Non è una semplice “pausa” perché gli altri possano parlare, ma anche pausa perché la mia stessa comunicazione sia comprensibile: senza virgole, punti, punti e virgole (cioè silenzi) nel discorso non c’è vera espressione, non si creano le condizioni per intendersi. Il silenzio è “ordinato” alla comunicazione.

Il silenzio non è un “vuoto”: il Santo Padre scardina il pregiudizio per il quale il silenzio significa assenza di linguaggio, cioè “assenza”, vuoto puro. Il silenzio in realtà non è “nulla”, ma è uno spazio aperto, una dimensione di vita, un ambiente nel quale la parola può fiorire.  Il silenzio permette alla parola di diventare davvero luogo di esperienza e luogo di incontro.

Il Papa scrive: è necessario creare un ambiente propizio, quasi una sorta di “ecosistema” che sappia equilibrare silenzio, parola, immagini e suoni. La comunicazione è questo ecosistema nel quale è necessario un equilibrio tra silenzio e parola. E questo ambiente comunicativo prevede anche il bilanciamento virtuoso di immagini e suoni, che sono parte integrante della comunicazione umana. Un discorso che tocca silenzio e parola non può trascurare la presenza dell’immagine e dei suoni, e il silenzio è chiamato a comporsi con la capacità dell’uomo di recepirli.

La comunicazione oggi è guidata da risposte che cercando buone domande. Il Papa, quindi passa a enucleare il nocciolo duro della comunicazione contemporanea, soprattutto legata alla Rete, considerando ciò che la muove come motore interno. Il Papa riconosce questo motore nel fatto che l’uomo è bombardato da risposte delle quali però non conosce le domande. Spesso sono risposte a domande che lui non si è mai posto. Il silenzio dunque permette di fare un discernimento tra le tante risposte che noi riceviamo per riconoscere le domande veramente importanti. Il capovolgimento di prospettiva operato dalle parole del Papa consiste nel fatto che in genere si dice che l’uomo si pone domande e poi cerca risposte. Oggi è invece vero il contrario.

L’uomo esprime anche in Rete il suo bisogno di silenzio. Cade un altro pregiudizio: che in Rete ci sia solo rumore. Il Papa nota che sono da considerare con interesse le varie forme di siti, applicazioni e reti sociali che possono aiutare l’uomo di oggi a [...] trovare spazi di silenzio, occasioni di preghiera, meditazione o condivisione della Parola di Dio. L’uomo in Rete esprime il bisogno di silenzio e in Rete si aprono spazi di silenzio comunicativo. Senza citare nessuna piattaforma o applicazione particolare, il Papa parla di essenzialità di brevi messaggi, spesso non più lunghi di un versetto biblico capaci di esprimere pensieri profondi. Come non pensare a Twitter o alle tante “apps dello spirito” che possono aiutare a pregare se ciascuno non trascura di coltivare la propria interiorità.

La provocazione del Papa entra così nelle nostre case, nelle nostre famiglie dove adulti e giovani stanno sempre di più online e continuano a farlo, anche mentre viaggiano, grazie all’iphone o altri smartphone o ai vari tablet. Non lo fanno per automatismo insensato o per moda, ma - come ci rende attenti Benedetto XVI - perché hanno dentro delle domande grandi sul senso della vita, sulla felicità e sulla speranza e cercano risposte secondo le forme del loro vivere. Le ricerche di senso, soprattutto delle nuove generazioni, finiscono oggi in modo massiccio su Google e nei social network. Per questo il Papa chiede a chi fa comunicazione di dare spazio online a queste domande e offrire nella rete luoghi dove siano proposte non solo parole su parole, ma riflessioni e silenzio. Parola e silenzio, allora, per una generazione che si domanda perché alla mattina si alza, va a lavorare, va a scuola, fa festa con gli amici, soffre, gioisce e vive e se lo chiede anche nella rete.

 

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