Stati Uniti: colpire al cuore l'egoismo selvaggio
È  il Paese industrializzato più devoto al mondo, dove l’80% della  popolazione si definisce religiosa e quasi due terzi prega regolarmente e  si considera «socialmente tradizionalista». Eppure in questo stesso  Paese, gli Stati Uniti d’America, vigono le regole più permissive del  mondo sull’aborto e sulla procreazione assistita. Esiste ancora la pena  di morte. E la ricerca sugli embrioni è assolutamente permessa.
È  su queste contraddizioni che si concentra lo sforzo di evangelizzazione  che i pastori cattolici americani vogliono intensificare a partire da  ottobre. Perché, come ha scritto Benedetto XVI nella lettera apostolica  con la quale ha indetto l’Anno della fede, «il rinnovamento della Chiesa  passa anche attraverso la testimonianza offerta dalla vita dei  credenti». Negli Usa questo significa aiutare i cattolici a contrastare  la storica, ma sempre più forte, tendenza all’individualismo estremo,  spesso narcisista, che difende a spada tratta i propri diritti senza  fermarsi a riflettere sulle loro implicazioni morali o sulle conseguenze  per il bene comune. «L’egoismo selvaggio è diventato una malattia  nazionale», ammetteva di recente persino il <+corsivo>New York  Times<+tondo> – un quotidiano a sua volta liberal – nella pagina  dei commenti. Per una volta, i vescovi cattolici sono d’accordo. Ma, a  differenza della stampa laica, i presuli sanno come rispondere a chi  cataloga fra le libertà individuali inviolabili il diritto di abortire,  di creare embrioni destinati alla morte, di non pagare le tasse, di  permettere ai gay di sposarsi e agli studenti di vendere i loro gameti  anonimamente e ripetutamente. Con un richiamo missionario al messaggio  del Vangelo nella sua purezza. Senza compromessi.
La prova? È  notizia delle ultime settimane, stando alla stampa americana, che negli  Stati Uniti l’esperimento della Chiesa "liberal" è fallito. Ogni  denominazione – episcopaliana, metodista, luterana e presbiteriana – che  abbia provato ad adattarsi ai valori della società contemporanea ha  assistito a un crollo delle presenze e delle vocazioni. All’interno  della Chiesa cattolica, gli ordini più progressisti non sono riusciti a  generare le vocazioni necessarie a sostenersi. E poiché il cattolicesimo  liberal non ha ispirato una nuova generazione di suore e frati, gli  ospedali cattolici stanno passando nelle mani di amministratori più  interessati ai profitti che alla carità.
La strada da intraprendere,  allora, è chiara. «Abbracciare l’insegnamento di una fede militante –  spiega l’arcivescovo di New York e presidente della Conferenza  episcopale Usa, il cardinaleTimothy Dolan – abbandonare la presunzione  che i cattolici conoscano la ricchezza e le implicazioni della loro fede  e ammettere che non la conoscono. Prenderci cura con amore del nostro  gregge che si è fatto più cinico, più indifferente». Questo insegnamento  dovrà dunque comprendere forti riferimenti alla dottrina sociale della  Chiesa nei confronti dei più bisognosi (dei quali ampie fazioni  politiche di destra tendono a dimenticarsi) e alla sacralità della vita  (che ampie fazioni di sinistra considerano troppo rigida).
E la  risposta può essere positiva, stando a un osservatore laico come Stephen  Prothero, docente di religione all’Università di Boston, perché  l’America «ha da sempre uno stretto rapporto con Dio». «La fede in Dio è  intrecciata nel tessuto della cultura americana – spiega – questa è una  società fondamentalmente ottimista che non ha paura di proclamare la  propria fede e ora è alla ricerca di valori solidi su cui ricostruire le  proprie fondamenta». Un terreno fertile per la nuova evangelizzazione.
            