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Un impegno sempre attuale: educare alla pace

“Se chi opera la pace è figlio di Dio, chi opera sconvolgimenti è figlio del diavolo” (S. Giovanni Crisostomo)

images.jpg“Educare i giovani alla giustizia e alla pace”, “Pellegrini della verità, pellegrini della pace”, “Andare alla pace per…accogliere gli altri”, Diritti alla pace, con la borraccia in mano camminando insieme”, sono alcune delle tante parole che ascoltiamo da più parti per impegnarci a costruire la pace.

Le prime – giovani, pace, giustizia – sono nel messaggio della pace di Benedetto XVI per il 2012, le altre sono scandite in questo mese di gennaio da persone ed organismi in seminari di studio, in assemblee, in marce per la pace.

Non deve meravigliare l’insistenza di sempre sulla pace, dono di Dio ed impegno di ognuno. Del resto ancora oggi sono perpetrati atti di inaudita violenza che provocano morti e distruzioni: violenze, uccisioni, immoralità hanno radice nel peccato del singolo e delle “strutture di peccato”. L’indizione della Giornata mondiale della pace a Capodanno, proposta per la prima volta da Paolo VI nel 1968 e arricchita da messaggi che rappresentano un vero e proprio “sillabario della pace”, non è fatto isolato: si inserisce nell’ampio magistero della Chiesa sulla pace attraverso i testi della patristica e le encicliche.

La pace è un bene così grande che coloro che la costruiscono e la diffondono sono chiamati “figli di Dio”: nelle beatitudini ogni sofferenza trova sollievo, ma i costruttori di pace sono i figli di Dio.

Essa – insegna Giovanni XXIII – si fonda su quattro pilastri fondamentali ed indivisibili: verità, giustizia, amore (solidarietà), libertà. I messaggi per la pace, di volta in volta, sottolineano l’una o l’altra di queste basi, invitandoci al “dovere gravissimo” di costruirle.

Nei tanti messaggi finora pubblicati sono costanti i richiami a coloro che si dedicano all’attività educativa e ai giovani, inculcando in loro sentimenti di pace ed invitandoli a condividerli: no alla violenza, sì alla pace.

Le nuove generazioni devono realizzare il bene comune meglio e più di quanto lo abbiano fatto i loro genitori: essere costruttori di un ordine sociale giusto per realizzare i diritti fondamentali della persona umana. Contestualmente però gli adulti hanno la responsabilità di creare le condizioni perché la naturale predisposizione dei giovani alla pace e alla giustizia non si inaridisca e ceda allo scoraggiamento: una compagnia affidabile, che si accosta con delicatezza e rispetto, rende meno incerto il cammino verso “la vita buona del Vangelo”; i giovani non devono sentirsi soli davanti alle sfide della vita.

Educare non è mai stato facile per nessuno. L’educazione alla giustizia e alla pace è un processo complesso che inizia con la valutazione di quanto esiste e, come in un itinerario, sviluppa un percorso, centrato sulle relazioni umane, in un continuo confronto e scambio per promuovere nuovi stili di vita. Ciò rende necessaria la cosiddetta “alleanza pedagogica” che coinvolge persone, mezzi di comunicazione sociale ed istituzioni, nessuna esclusa, per non arrenderci. L’invito del Papa è rivolto a tutti ed è definito “dovere primario della società”: analizzare bene le situazioni per riformare le istituzioni finalizzate alla giustizia e alla pace nel nostro mondo attuale. 

L’impegno educativo infatti è premessa per cambiare la storia: guardare in alto, avere occhi nuovi, aprirci alla dimensione della trascendenza con la contemplazione e la preghiera.

Mi piace concludere con lo slogan dell’Azione cattolica ragazzi: “Diritti alla pace, con la borraccia in mano, camminando insieme”. La borraccia, indispensabile per camminare, rappresenta la possibilità di fermarsi, rifocillarsi e ripartire; passarsi la borraccia (camminare insieme) è segno di amicizia e di condivisione.

Con o senza borraccia, educhiamoci a camminare insieme verso la giustizia e la pace; ancora una volta, i piccoli insegnano ai grandi come essere “figli di Dio”.
 

sac. Giacinto Ardito

Direttore Ufficio Chiesa e Mondo della Cultura

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