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Una proposta di vera regolazione. Azzardo, è ora di cambiare

Vorremmo suggerire un inquadramento della questione regolativa dei giochi d'azzardo legalizzati

Consegniamo queste note alla vigilia delle decisioni cruciali per la buona amministrazione dello Stato. Tale è infatti il decreto fiscale, da adottare in coordinamento con la manovra di bilancio, che regolerà tutto l’anno 2020 e condizionerà il triennio. Vorremmo suggerire un essenziale, equilibrato inquadramento della questione regolativa dei giochi d’azzardo legalizzati, che lo Stato affida in concessione a privati i quali agiscono nella duplice veste: quali imprese, portatrici di un interesse particolare e privato, rivolte al profitto e, come incaricati dalla PA, quali esattori cui lo stato riconosce un aggio.

Per la loro portata, le leggi che fissano i parametri economici e finanziari del buon andamento della pubblica amministrazione non rappresentano un mero nodo "tecnico", ma soprattutto la modalità coordinata per richiamare quell’insieme di servizi, procedure e funzioni che la Repubblica predispone per la salute, per la sicurezza, per il lavoro, per l’istruzione, per la mobilità e in generale per la civile convivenza in un’ottica di ben-essere multidimensionale, che ha radici nella nostra Costituzione e trova recente riconoscimento negli Obiettivi dello sviluppo sostenibile (OSS).

Ebbene, nei testi che sono stati depositati e fatti oggetto di emendamenti, si ritrovano solo in parte i riferimenti ai doveri essenziali di amministrazione dello Stato, da assolvere in rigorosa adesione all’interesse pubblico e ispirandosi, da un lato, ai principi di buon andamento e imparzialità di cui all’art. 97 della Costituzione e, dall’altro, al principio contenuto nel secondo comma dell’art. 41 della Costituzione, secondo cui l’iniziativa economica privata non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. Per una più chiara comprensione da parte del lettore, concentriamo l’attenzione sopra alcuni snodi determinanti per una giusta regolazione del settore. Ormai pervenuto a dimensioni inimmaginabili anche solo tre lustri fa, il comparto dei giochi per denaro è da considerarsi in una visione integrata, che comprenda, nell’ordine, l’interesse collettivo di scongiurare rischi temuti e danni attesi relativamente a beni primari quali la salute, la convivenza civile, il risparmio e l’equità fiscale; l’interesse del gettito erariale; l’interesse del profitto privato.

Il primo passo per una soluzione istituzionale equilibrata e coerente comporta la chiara aderenza alla gerarchia dei valori e degli interessi che il legislatore e l’esecutivo devono rispettare.

Il secondo aspetto imprescindibile è l’applicazione del principio costituzionale della ripartizione delle competenze e delle potestà tra i diversi livelli dello Stato, anche in rispetto del principio di sussidiarietà presente in Costituzione. Il processo decisionale sulla collocazione e sul funzionamento delle “macchine dei giochi per denaro” deve partire dall’entità più prossima al cittadino (il Comune), avendo come riferimento istituzionale la Regione e quindi l’amministrazione dello Stato (e, al suo interno, le prefetture per promuovere la leale collaborazione a livello locale, e non l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, istituzionalmente priva di raccordi con gli enti territoriali). Poiché non vi è necessità di assicurare l’esercizio unitario di tali competenze, non vi è ragione di non assegnarle ai Comuni, ai sensi dell’art. 118 della Costituzione.

Il terzo punto è l’equa ripartizione degli oneri dei versamenti fiscali che derivano dall’universo dei cittadini contribuenti, in rispetto – anche in materia di tassazione indiretta – del principio costituzionale della progressività della imposizione. È noto in letteratura che la popolazione (e quindi i contribuenti) con minori redditi costituiscono il core business dell’industria dell’azzardo e, per conseguenza, la base dei cittadini che fornisce il maggior gettito erariale, in contrasto con il principio costituzionale desumibile dall’art. 53 della Costituzione.

Il quarto punto (ma non ultimo per importanza) è l’obbligo della seria valutazione degli effetti macro–sociali e macroeconomici che sono generati dall’impiego di reddito personale nei giochi con vincita di denaro, laddove, per restare ai soli anni della grande depressione finanziaria in corso, il volume del giocato è aumentato di 122 punti percentuali passando da 47 miliardi nell’anno 2008 a 108 miliardi nell’anno intero 2018.

Il quinto punto riguarda la trasparenza e il rigore nelle procedure di attribuzione delle concessioni. Non è un aspetto di semplice “forma” e di par condicio, ma uno dei presupposti per evitare impropri condizionamenti dell’amministrazione e della sfera politica. In ogni caso e davanti a qualsiasi frangente non si deve mai ricorrere all’istituto della proroga di concessioni scadute. Piuttosto si sospenda l’erogazione di questo o quell’altro gioco per denaro. L’urgenza si è tradotta in molti anni in una modalità subdola di ricatto, che ha impedito di strutturare la catena delle responsabilità. Si consideri a esempio il paradosso sulle normative antimafia: si applicano ai concessionari, ma non ai loro partners per l’esercizio della concessione, sicché si sono verificati casi gravissimi di società gestionarie infiltrate o riconducibili alla delinquenza organizzata. L’amministrazione finanziaria dello Stato ha l’obbligo di garantire quindi, in analogia con le norme per i pubblici appalti di opere, che tutta la filiera concreta di distribuzione sia sottoposta, a monte e a valle, a rigorose procedure di legalità.

Abbiamo condiviso questa ricognizione tra diritto, sociologia ed economia, compiendo un’integrazione intellettuale. Ad essa dovrebbe corrispondere anche l’integrazione istituzionale tra le amministrazioni competenti in tema di salute, economia, affari sociali e affari interni, nonché il coordinamento tra soggetti della Repubblica, cioè tra Stato, Regioni ed Enti Locali.

Sul punto della gerarchia dei valori di interesse pubblico, ci sembra che la sequenza debba inevitabilmente prendere le mosse dalla Salute, intesa non come “assenza di malattia”, ma “completo stato di benessere fisico, psichico e relazionale”, secondo l’ormai classica definizione dell’Organizzazione mondiale della sanità.

Dall’anno 2012 – per poi confluire nel Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri nel 2017 sui nuovi livelli essenziali di assistenza, i Lea – Parlamento e Governo hanno riconosciuto che i giochi d’azzardo sono correlati con la diffusione di disturbi di grande rilievo clinico, tali da comportare per il Servizio sanitario nazionale la predisposizione di un organico Protocollo terapeutico diagnostico– assistenziale.

Il dispositivo istituzionale decisionale che ne deriva è quindi lampante: si possono autorizzare solo quei giochi e quelle modalità di svolgimento che siano compatibili – nella loro distribuzione e nel loro contatto con un pubblico – con la garanzia dell’intangibilità della salute nel senso integrale che prima si citava.

Questo, in parole povere, richiede di programmare tappa dopo tappa una riduzione sensibile dell’offerta e il suo confinamento stretto in luoghi fisici e virtuali che valgano a ridurre la capacità di generare dipendenza propria delle scommesse (istantanee e differite), delle lotterie (anche se immediate o ritualizzate), delle slot machine e di altre forme d’azzardo, da casinò fisico o virtuale.

Ne deriveranno minori entrate fiscali? Certamente. Ma il dato contabile sarà ampiamente compensato da un prevedibile, netto incremento dei consumi ordinari sia delle famiglie, sia di tutta una gamma di piccole imprese sul territorio. All’aumento dei consumi quotidiani corrisponderà un sensibile incremento delle entrate fiscali dello Stato: da imposte indirette e dirette e da tributi, oltre che dallo stimolo crescente all’occupazione e alle capacità produttive del Paese minate in chi cade nella piaga dell’azzardo.

Quanto all’occupazione nel settore dell’azzardo, che potrebbe registrare una contrazione, ragione vuole che si ricorra ad ammortizzatori sociali, da porre parzialmente a carico delle “big five”, le grandi società concessionarie. Ma solo dopo che si è rigorosamente misurato l’impatto netto sull’impiego di forze di lavoro, giacché è da comprovare il reale livello dell’occupazione in questo business.

Per esempio, quanti sono gli addetti all’azzardo on line? Da un consumo di 32 miliardi di euro, alla fine si conteranno non più di 400– 500 addetti. Esattamente come nell’economia dei Big Data, agli enormi volumi di spesa corrispondono poche centurie di impiegati.

Concludendo. Qual è il criterio da adottare per il gioco d’azzardo legalizzato? Spetta al Ministero della Salute fissarlo, esercitando in questo una delle sue prerogative autoritative. E deve consistere nel decretare un parametro prefissato “di rischiosità e di nocività gioco d’azzardo per gioco d’azzardo”: questione per l’appunto da devolversi al Servizio sanitario nazionale e a nessun’altra entità amministrativa, che non sia concorrente con i piani di tutela della salute quali sul territorio devono trovare il loro luogo di realizzazione. In funzione del livello di rischiosità o di nocività si può poi passare a parametrare il livello di tassazione da fissare – anche qui caso per caso – con un semplice dispositivo: ad azzardo più impattante, maggiore prelievo fiscale. Attualmente accade il contrario.

Renato Balduzzi (costituzionalista)

Leonardo Becchetti (economista)

Maurizio Fiasco (sociologo)

© Avvenire, domenica 8 dicembre 2019