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Urbi et Orbi, il Papa: no ad egoismo e divisione, è il tempo della solidarietà

Dopo la Santa Messa Francesco ha impartito la tradizionale benedizione del giorno di Pasqua. Nel suo messaggio è tornato a chiedere un cessate il fuoco globale e immediato e lo stop alla fabbricazione di armi. Quindi ha invocato la resurrezione di Cristo sulla crisi sanitaria e le tante emergenze dimenticate

Bandire da questo tempo e da ogni tempo parole come indifferenza, egoismo, divisione e dimenticanza, fermare i conflitti con un cessate il fuoco globale, allentare le sanzioni internazionali riducendo, se non addirittura condonando, il debito pubblico perché ogni Stato sia messo in condizione di fronteggiare l’emergenza e curare i propri cittadini. A chiederlo è il Papa durante l’Urbi et Orbi, pronunciato, per la prima volta nella storia, dai cancelli dell’Altare della Confessione, all’interno della Basilica vaticana. E pure se non ha l’eco della piazza e l’impatto visivo della Loggia delle Benedizioni, il suo messaggio pasquale, seguito in mondovisione, raggiunge con forza ogni angolo del pianeta, oggi oppresso dalla pandemia, insieme alla voce della Chiesa che annuncia a tutti: “Gesù Cristo è risorto, è veramente risorto”. (Guarda il video integrale della Santa Messa e Messaggio Urbi et Orbi)

Non un semplice augurio, non una formula magica che fa svanire i problemi ma, ripete Francesco, prima di allargare il suo sguardo sui cinque continenti, la certezza dell’amore che vince sulla morte, del bene che trionfa sul male e che è “marchio esclusivo del potere di Dio”. Ed è proprio questo potere di liberazione, insieme al “contagio della speranza”, che egli invoca sull’umanità ferita e afflitta da un virus colpevole di aver fatto già troppe vittime e messo in ginocchio l’economia di intere nazioni.

Dio non ci lascia soli

Il primo pensiero del Pontefice è ancora per i malati, i defunti e le loro famiglie. Per i più vulnerabili, come gli anziani, per chi vive nelle case di cura, nelle caserme, nelle carceri:

Per molti è una Pasqua di solitudine, vissuta tra i lutti e i tanti disagi che la pandemia sta provocando, dalle sofferenze fisiche ai problemi economici. Questo morbo non ci ha privato solo degli affetti, ma anche della possibilità di attingere di persona alla consolazione che sgorga dai Sacramenti, specialmente dell’Eucaristia e della Riconciliazione. In molti Paesi non è stato possibile accostarsi ad essi, ma il Signore non ci ha lasciati soli! Rimanendo uniti nella preghiera, siamo certi che Egli ha posto su di noi la sua mano, ripetendoci con forza: non temere!

Allentare le sanzioni internazionali

Il Papa non dimentica di invocare la resurrezione di Cristo sui medici e gli infermieri, eroi quotidiani, testimonianza di cura e amore fino al sacrificio della vita; sulle forze dell’ordine e quanti lavorano per garantire i servizi essenziali necessari; su coloro che stanno subendo la perdita del lavoro e su chi ha responsabilità politiche perché si adoperi, in ogni modo, per consentire a tutti, poveri, profughi e senzatetto compresi, di condurre una vita dignitosa. Sia bandita l’indifferenza verso i più deboli e quanti abitano le periferie del mondo, chiede Francesco, sollecitando proprio per questi fratelli e sorelle la possibilità di un’adeguata assistenza sanitaria.

In considerazione delle circostanze, si allentino pure le sanzioni internazionali che inibiscono la possibilità dei Paesi che ne sono destinatari di fornire adeguato sostegno ai propri cittadini e si mettano in condizione tutti gli Stati, specialmente quelli più poveri, di fare fronte alle maggiori necessità del momento, riducendo, se non addirittura condonando, il debito che grava sui loro bilanci.

La sfida dell’Europa

Non indifferenza dunque ma unità, non egoismo ma solidarietà perché la sfida che stiamo affrontando – spiega Bergoglio – colpisce tutti senza fare differenze di persone. E proprio in nome della solidarietà, il Papa sveglia l’Europa e gli stati membri, esortandoli a superare rivalità  vecchie e nuove e a sostenersi a vicenda.

Oggi l’Unione Europea ha di fronte a sé una sfida epocale, dalla quale dipenderà non solo il suo futuro, ma quello del mondo intero.  Non si perda l’occasione di dare ulteriore prova di solidarietà, anche ricorrendo a soluzioni innovative. L’alternativa è solo l’egoismo degli interessi particolari e la tentazione di un ritorno al passato, con il rischio di mettere a dura prova la convivenza pacifica e lo sviluppo delle prossime generazioni.

Fermare i conflitti e il traffico di armi

L’incontrollata diffusione del Covid-19 che non conosce frontiere, spinge Francesco, prima della Benedizione universale, a chiedere di nuovo – come già fatto durante l’Angelus del 29 marzo – “un cessate il fuoco globale e immediato in tutti gli angoli del mondo”, a cominciare dalla Siria insanguinata da 9 anni di guerra e 384 mila morti. Poi lo Yemen, l’Iraq, il Libano, l’Ucraina, e tanti luoghi dell’Africa attraversati dalla furia del terrorismo, senza dimenticare l’estenuante conflitto che divide israeliani e palestinesi: “sia questo il tempo – ammonisce il Papa – affinché riprendano il dialogo per trovare una soluzione stabile e duratura che permetta a entrambi di vivere in pace”.

Cristo nostra pace illumini quanti hanno responsabilità nei conflitti, perché abbiano il coraggio di aderire all’appello per un cessate il fuoco globale e immediato in tutti gli angoli del mondo. Non è questo il tempo in cui continuare a fabbricare e trafficare armi, spendendo ingenti capitali che dovrebbe essere usati per curare le persone e salvare vite.

Non cedere alla dimenticanza

Dunque bandire divisioni ma anche la dimenticanza, perché il rischio in una situazione come quella che stiamo vivendo, nota Papa Bergoglio è di abbandonare all’oblio tante altre emergenze, guerre, carestie, siccità che invece portano con sé i patimenti di numerose persone rifugiate, sfollate, affamate. Cita per prime le crisi umanitarie che attraversano l’Asia e l’Africa, come nella regione di Cabo Delgado, nel Nord del Mozambico, e passando per il Mediterraneo, arriva fino alla sua America Latina.

Il Signore della vita… doni protezione ai tanti migranti e rifugiati, molti dei quali sono bambini, che vivono in condizioni insopportabili, specialmente in Libia e al confine tra Grecia e Turchia, non voglio dimenticare l'isola di Lesbo. Permetta in Venezuela di giungere a soluzioni concrete e immediate, volte a consentire l’aiuto internazionale alla popolazione che soffre a causa della grave congiuntura politica, socio-economica e sanitaria”.

Dopo l'annuncio della concessione dell'indulgenza plenaria a quanti sono collegati tramite radio e tv, Francesco imparte la benedizione Urbi et Orbi. 

Cecilia Seppia

© www.vaticannews.va, domenica 12 aprile 2020

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