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“Comunicare la Famiglia: ambiente privilegiato dell’incontro nella gratuità dell’amore”

Il Messaggio di Papa Francesco per la XLIX Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali sembra, a prima vista, estraneo: “Comunicare la Famiglia: ambiente privilegiato dell’incontro nella gratuità dell’amore”.

Ma mano a mano che si avanza nella lettura del testo si capisce la profondità intenzionale e il contrasto con la visione della comunicazione sociale esistente, che mette al primo posto le tecnologie, anziché le persone.

Il titolo si pone in continuità con l’argomento scelto per il 2014 (“Comunicazione al servizio di un’autentica cultura dell’incontro”) e nello stesso tempo declina il tema al centro dei prossimi due Sinodi, di cui il primo inizia il 4 ottobre, con la grande veglia di preghiera accanto al Papa in Piazza San Pietro.

La famiglia è il primo luogo in cui impariamo a comunicare, perché siamo noi persone a comunicare, non le macchine che trasmettono informazioni. Papa Francesco ci richiama a questo “momento originario” che ci aiuta a rendere la comunicazione più autentica, perché più umana.

Il grembo materno – scrive il Papa – è “la prima «scuola» di comunicazione, fatta di ascolto e di contatto corporeo”; un grembo che, venuti al mondo, è quindi fatto di “persone diverse, in relazione: la famiglia”. In essa, “luogo dove si impara a convivere nella differenza” (EG, 66), la comunicazione assume i tratti dell’accoglienza reciproca (“differenze di generi e di generazioni” tra cui “esiste un vincolo profondo”), della preghiera (grazie all’educazione respirata dai genitori), della prossimità (imparando a “ridurre le distanze, venendosi incontro a vicenda”), del perdono (che permette di accettare i “limiti propri e altrui” e di “imparare ad affrontarli in maniera costruttiva”) e dell’apertura (“aprire le porte, non rinchiudersi nei propri appartamenti, uscire, andare verso l’altro”).

Per tutto questo, la famiglia si scopre luogo che insegna a “benedire anziché maledire, visitare anziché respingere, accogliere anziché combattere”: sono verbi di vita, che permettono di “spezzare la spirale del male, per testimoniare che il bene è sempre possibile”.

L’icona evangelica scelta, la visita di Maria a Elisabetta, tocca a fondo sia l’umanità, sia la divinità dell’autentica comunicazione. In un grembo fisico e in un grembo familiare ci sono le basi, l’archetipo della comunicazione. L’accoglienza sperimentata nel grembo, come nella famiglia, aiuta ad imparare la lingua materna, la lingua dell’incontro, dell’amore, della sicurezza che fa esultare di gioia.

Famiglia, incontro nella gratuità: Le relazioni tra i membri della comunità familiare sono ispirate e guidate dalla legge della «gratuità» che, rispettando e favorendo in tutti e in ciascuno la dignità personale come unico titolo di valore, diventa accoglienza cordiale, incontro e dialogo, disponibilità disinteressata, servizio generoso, solidarietà profonda. (Giovanni Paolo II, Familiaris Consortio, N. 43)

“La Chiesa oggi – si legge in una nota del Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali - deve nuovamente imparare a raccontare quanto la famiglia sia un dono grande, buono e bello”. Ma la cronaca quotidiana del vivere delle famiglie, un cammino impegnativo, a volte faticoso e volte conflittuale e i cambiamenti sociali in atto che sovente aggrediscono l’istituto familiare non aiutano “a far comprendere quanto la famiglia sia un bene”. “E’ incalcolabile la forza, la carica di umanità contenuta in una famiglia”, ha ricordato Papa Francesco alle coppie unite in matrimonio in San Pietro il 14 settembre scorso, senza nascondere loro le fatiche, le stanchezze, i conflitti che spesso insorgono nel viaggio coniugale e familiare e le tentazioni di tornare indietro ed abbandonare il cammino. Da qui la sfida per i media a rappresentare le famiglie nella storia di ogni giorno, dove le persone si formano e crescono. “Il matrimonio non è una fiction” - ha ammonito Francesco, è il simbolo della vita reale. “Ci saranno le croci: ci saranno! Ma sempre il Signore è lì per aiutarci ad andare avanti”. L’incoraggiamento del Papa, che tutti gli operatori cattolici dei media debbono saper tradurre nei mezzi di comunicazione sociale.

Dell’esperienza di accoglienza e di contatto umano che comunica l’amore materno, Papa Francesco passa poi alla dimensione religiosa della comunicazione, appresa, proprio, in famiglia: la preghiera, suscitata dall’amore ricevuto gratuitamente e dall’amore offerto gratuitamente; gratitudine e gratuità che elevano le persone a una dimensione superiore e di pienezza.

È proprio questa dinamica comunicativa maturata nei rapporti e nel tempo che fa passare dal grembo fisico e famigliare alla grande famiglia e fraternità ecclesiale e sociale. Questo è possibile quando si dà il passo per uscire, per visitare l’altro e contattarlo con il linguaggio “materno” imparato precedentemente: l’accoglienza, l’accettazione, la fratellanza che aiuta a convivere e a superare le differenze.

Una volta messi in ordine gli atteggiamenti di base perché ci sia la comunicazione, Papa Francesco passa ai media che possono ostacolare o aiutare la comunicazione di famiglia e tra famiglie. E qui fa riferimento ad un punto qualificante della comunicazione, citando Papa Benedetto: “il silenzio è parte integrante della comunicazione e senza di esso non esistono parole dense di contenuto”.

L’orientamento offerto da Papa Francesco riguardo i media è chiaro: al centro ci sono le persone e la creazione della cultura dell’incontro, le tecnologie sono mezzi a servizio di queste finalità.

Nella parte conclusiva del messaggio, Papa Francesco si sofferma sulla presenza dei media tra le pareti di casa. Non si fatica a riconoscervi l’esperienza di ciascuno, per realtà domestiche nelle quali essi costituiscono un ostacolo quando diventano “un modo di sottrarsi all’ascolto, di isolarsi dalla compresenza fisica, con la saturazione di ogni momento di silenzio e di attesa”. Di qui il ruolo degli adulti e dell’intera comunità cristiana nel far sì che gli stessi media possano favorire la comunicazione in famiglia, aiutando “a raccontare e condividere, a restare in contatto con i lontani, a ringraziare e chiedere perdono, a rendere sempre di nuovo possibile l’incontro”.

La conclusione del messaggio non potrebbe essere più profonda: “La famiglia più bella, protagonista e non problema, è quella che sa comunicare, partendo dalla testimonianza, la bellezza e la ricchezza del rapporto tra uomo e donna, e di quello tra genitori e figli”.

 

sac. Carlo Cinquepalmi

Direttore Diocesano Ufficio per le Comunicazioni Sociali

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