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"Fare la storia". 59.ma Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni

Domenica 8 maggio 2022

Fare è un verbo generico che usiamo per tantissime declinazioni, ma è una parola che indica concretezza, manualità, creatività, coinvolgimento. Chiede di non stare a guardare, di prendere parte, di schierarsi, di non rimanere neutrali, di non stare con le mani in mano. 𝗟𝗮 𝘃𝗼𝗰𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗻𝗼𝗻 𝗮𝗰𝗰𝗮𝗱𝗿𝗮̀, 𝗻𝗼𝗻 𝘀𝗰𝗲𝗻𝗱𝗲𝗿𝗮̀ 𝗱𝗮𝗹 𝗰𝗶𝗲𝗹𝗼 𝗴𝗶𝗮̀ 𝘁𝘂𝘁𝘁𝗮 𝗰𝗼𝗺𝗽𝗶𝘂𝘁𝗮, 𝗰𝗼𝗺𝗲 𝘂𝗻 𝗽𝗿𝗼𝗴𝗲𝘁𝘁𝗼 𝗴𝗶𝗮̀ 𝘁𝘂𝘁𝘁𝗼 𝗽𝗿𝗼𝗻𝘁𝗼 𝗰𝗼𝗻𝗳𝗲𝘇𝗶𝗼𝗻𝗮𝘁𝗼 𝗶𝗻 𝗼𝗴𝗻𝗶 𝗱𝗲𝘁𝘁𝗮𝗴𝗹𝗶𝗼 𝗱𝗮𝗹𝗹𝗲 𝗺𝗮𝗻𝗶 𝗱𝗶 𝗗𝗶𝗼. 𝗟𝗮 𝗿𝗶𝗰𝗲𝗿𝗰𝗮 𝘃𝗼𝗰𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗮𝗹𝗲 𝗲 𝗶𝗹 𝘀𝘂𝗼 𝗱𝗶𝘀𝗰𝗲𝗿𝗻𝗶𝗺𝗲𝗻𝘁𝗼 𝗰𝗵𝗶𝗲𝗱𝗲 𝗿𝗲𝘀𝗽𝗼𝗻𝘀𝗮𝗯𝗶𝗹𝗶𝘁𝗮̀, 𝗾𝘂𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗮𝗯𝗶𝗹𝗶𝘁𝗮̀ 𝗮 𝗿𝗶𝘀𝗽𝗼𝗻𝗱𝗲𝗿𝗲 𝗰𝗵𝗲 𝗰𝗼𝗶𝗻𝘃𝗼𝗹𝗴𝗲 𝗹𝗮 𝗻𝗼𝘀𝘁𝗿𝗮 𝗹𝗶𝗯𝗲𝗿𝘁𝗮̀, 𝗹𝗲 𝗻𝗼𝘀𝘁𝗿𝗲 𝗺𝗮𝗻𝗶, 𝗶𝗹 𝗻𝗼𝘀𝘁𝗿𝗼 𝗳𝗮𝗿𝗲.

 

Quando penso a queste due parole "Fare" e "Storia", penso a qualcosa di concreto, di tangibile che va compiendosi; qualcosa di grande che si sta realizzando: la mia storia.

Pensando alla storia, forse pensiamo alle numerose pagine studiate tra i banchi di scuola, tra guerre e rivoluzioni, tra vinti e vincitori, tra scoperte scientifiche e conquiste geografiche e dimentichiamo in tutto questo la nostra vita, le nostre esistenze, le nostre storie personali, uniche, preziose e per questo grandi e meravigliose.

È questa storia che noi vogliamo fare, costruire, realizzare, compiere non da soli ma insieme a Dio e ai fratelli. La storia, la vocazione, sono un dono di Dio da scoprire, da accogliere, ma anche e soprattutto da vivere.

La vocazione non accadrà, non scenderà dal cielo già tutta compiuta come un progetto già tutto pronto, confezionato in ogni dettaglio dalle mani di Dio. La ricerca vocazionale e il suo discernimento chiede responsabilità, quella abilità a rispondere che coinvolge la nostra libertà, le nostre mani, il nostro fare.

Fare la storia, fare la vocazione, non è diventare qualcuno o cadere in un mero attivismo che ci svuota di noi stessi, vivendo sempre al di fuori di noi; piuttosto fare la storia, la tua vita, la vocazione, è un prendere forma che nasce dal Battesimo, ovvero dalla consapevolezza di essere e sentirsi figlie e figli amati, per poter amare di conseguenza questo mondo, questa storia, questi fratelli e sorelle che Dio pone al nostro fianco.

La vocazione è un'opera artigianale che non si può compiere da soli senza un Maestro e senza la Chiesa, ma esige la risposta di ognuno.

C'è una storia, una vita da fare insieme al Signore, insieme agli altri spendendola nell'amore, vincendo paure e scoraggiamenti e avendo il “fiuto della vita”.

Questo ricordava Papa Francesco lo scorso 18 aprile a circa 80.000 ragazzi riuniti in Piazza San Pietro: “Non vergognatevi dei vostri slanci di generosità: il fiuto vi porti alla generosità. Buttatevi nella vita. Avete chi vi accompagna, cercate qualcuno che vi accompagni. Ma non abbiate paura della vita, per favore! Abbiate paura della morte, della morte dell’anima, della morte del futuro, della chiusura del cuore: di questo abbiate paura. Ma della vita, no: la vita è bella, la vita è per viverla e per darla agli altri, la vita è per condividerla con gli altri, non per chiuderla in sé stessa.

Io non vorrei dilungarmi tanto, soltanto vorrei dire che è importante che voi andiate avanti. Le paure? Illuminarle, dirle. Lo scoraggiamento? Vincerlo con il coraggio, con qualcuno che vi dia una mano. E il fiuto della vita: non perderlo, perché è una cosa bella.”

E allora dai forma alla tua vita, ama e lasciati amare, scopri quale vocazione Dio ha pensato di costruire con te , non fermarti, mettiti in cammino e fai della tua vita un'opera meravigliosa.

don Nicola Simonetti

direttore del Centro Diocesano Vocazioni

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MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
PER LA 59ª GIORNATA MONDIALE
DI PREGHIERA PER LE VOCAZIONI

 

Chiamati a edificare la famiglia umana

Cari fratelli e sorelle!

Mentre in questo nostro tempo soffiano ancora i venti gelidi della guerra e della sopraffazione e assistiamo spesso a fenomeni di polarizzazione, come Chiesa abbiamo avviato un processo sinodale: sentiamo l’urgenza di camminare insieme coltivando le dimensioni dell’ascolto, della partecipazione e della condivisione. Insieme a tutti gli uomini e le donne di buona volontà vogliamo contribuire a edificare la famiglia umana, a guarirne le ferite e a proiettarla verso un futuro migliore. In questa prospettiva, per la 59a Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, desidero riflettere con voi sull’ampio significato della “vocazione”, nel contesto di una Chiesa sinodale che si pone in ascolto di Dio e del mondo.

Chiamati a essere tutti protagonisti della missione

La sinodalità, il camminare insieme è una vocazione fondamentale per la Chiesa, e solo in questo orizzonte è possibile scoprire e valorizzare le diverse vocazioni, i carismi e i ministeri. Al tempo stesso, sappiamo che la Chiesa esiste per evangelizzare, uscendo da sé stessa e spargendo il seme del Vangelo nella storia. Pertanto, tale missione è possibile proprio mettendo in sinergia tutti gli ambiti pastorali e, prima ancora, coinvolgendo tutti i discepoli del Signore. Infatti, «in virtù del Battesimo ricevuto, ogni membro del Popolo di Dio è diventato discepolo missionario (cfr Mt 28,19). Ciascun battezzato, qualunque sia la sua funzione nella Chiesa e il grado di istruzione della sua fede, è un soggetto attivo di evangelizzazione» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 120). Bisogna guardarsi dalla mentalità che separa preti e laici, considerando protagonisti i primi ed esecutori i secondi, e portare avanti la missione cristiana come unico Popolo di Dio, laici e pastori insieme. Tutta la Chiesa è comunità evangelizzatrice.

Chiamati a essere custodi gli uni degli altri e del creato

La parola “vocazione” non va intesa in senso restrittivo, riferendola solo a coloro che seguono il Signore sulla via di una particolare consacrazione. Tutti siamo chiamati a partecipare della missione di Cristo di riunire l’umanità dispersa e di riconciliarla con Dio. Più in generale, ogni persona umana, prima ancora di vivere l’incontro con Cristo e abbracciare la fede cristiana, riceve con il dono della vita una chiamata fondamentale: ciascuno di noi è una creatura voluta e amata da Dio, per la quale Egli ha avuto un pensiero unico e speciale, e questa scintilla divina, che abita il cuore di ogni uomo e di ogni donna, siamo chiamati a svilupparla nel corso della nostra vita, contribuendo a far crescere un’umanità animata dall’amore e dall’accoglienza reciproca. Siamo chiamati a essere custodi gli uni degli altri, a costruire legami di concordia e di condivisione, a curare le ferite del creato perché non venga distrutta la sua bellezza. Insomma, a diventare un’unica famiglia nella meravigliosa casa comune del creato, nell’armonica varietà dei suoi elementi. In questo senso ampio, non solo i singoli, ma anche i popoli, le comunità e le aggregazioni di vario genere hanno una “vocazione”.

Chiamati ad accogliere lo sguardo di Dio

In questa grande vocazione comune, si inserisce la chiamata più particolare che Dio ci rivolge, raggiungendo la nostra esistenza con il suo Amore e orientandola alla sua meta ultima, a una pienezza che supera persino la soglia della morte. Così Dio ha voluto guardare e guarda alla nostra vita.

Si attribuiscono a Michelangelo Buonarroti queste parole: «Ogni blocco di pietra ha al suo interno una statua ed è compito dello scultore scoprirla». Se questo può essere lo sguardo dell’artista, molto più Dio ci guarda così: in quella ragazza di Nazaret ha visto la Madre di Dio; nel pescatore Simone figlio di Giona ha visto Pietro, la roccia sulla quale edificare la sua Chiesa; nel pubblicano Levi ha ravvisato l’apostolo ed evangelista Matteo; in Saulo, duro persecutore dei cristiani, ha visto Paolo, l’apostolo delle genti. Sempre il suo sguardo d’amore ci raggiunge, ci tocca, ci libera e ci trasforma facendoci diventare persone nuove.

Questa è la dinamica di ogni vocazione: siamo raggiunti dallo sguardo di Dio, che ci chiama. La vocazione, come d’altronde la santità, non è un’esperienza straordinaria riservata a pochi. Come esiste la “santità della porta accanto” (cfr Esort. ap. Gaudete et exsultate, 6-9), così anche la vocazione è per tutti, perché tutti sono guardati e chiamati da Dio.

Dice un proverbio dell’Estremo Oriente: «Un sapiente, guardando l’uovo, sa vedere l’aquila; guardando il seme intravvede un grande albero; guardando un peccatore sa intravvedere un santo». Così ci guarda Dio: in ciascuno di noi vede delle potenzialità, talvolta ignote a noi stessi, e durante tutta la nostra vita opera instancabilmente perché possiamo metterle a servizio del bene comune.

La vocazione nasce così, grazie all’arte del divino Scultore che, con le sue “mani” ci fa uscire da noi stessi, perché si stagli in noi quel capolavoro che siamo chiamati a essere. In particolare, la Parola di Dio, che ci libera dall’egocentrismo, è capace di purificarci, illuminarci e ricrearci. Mettiamoci allora in ascolto della Parola, per aprirci alla vocazione che Dio ci affida! E impariamo ad ascoltare anche i fratelli e le sorelle nella fede, perché nei loro consigli e nel loro esempio può nascondersi l’iniziativa di Dio, che ci indica strade sempre nuove da percorrere.

Chiamati a rispondere allo sguardo di Dio

Lo sguardo amorevole e creativo di Dio ci ha raggiunti in modo del tutto singolare in Gesù. Parlando del giovane ricco, l’evangelista Marco annota: «Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò» (10,21). Su ciascuno e ciascuna di noi si posa questo sguardo di Gesù pieno di amore. Fratelli e sorelle, lasciamoci toccare da questo sguardo e lasciamoci portare da Lui oltre noi stessi! E impariamo a guardarci anche l’un altro in modo che le persone con cui viviamo e che incontriamo – chiunque esse siano – possano sentirsi accolte e scoprire che c’è Qualcuno che le guarda con amore e le invita a sviluppare tutte le loro potenzialità.

La nostra vita cambia, quando accogliamo questo sguardo. Tutto diventa un dialogo vocazionale, tra noi e il Signore, ma anche tra noi e gli altri. Un dialogo che, vissuto in profondità, ci fa diventare sempre più quelli che siamo: nella vocazione al sacerdozio ordinato, per essere strumento della grazia e della misericordia di Cristo; nella vocazione alla vita consacrata, per essere lode di Dio e profezia di nuova umanità; nella vocazione al matrimonio, per essere dono reciproco e generatori ed educatori della vita. In generale, in ogni vocazione e ministero nella Chiesa, che ci chiama a guardare gli altri e il mondo con gli occhi di Dio, per servire il bene e diffondere l’amore, con le opere e con le parole.

Vorrei qui menzionare, al riguardo, l’esperienza del dott. José Gregorio Hernández Cisneros. Mentre lavorava come medico a Caracas in Venezuela, volle farsi terziario francescano. Più tardi, pensò di diventare monaco e sacerdote, ma la salute non glielo permise. Comprese allora che la sua chiamata era proprio la professione medica, nella quale egli si spese in particolare per i poveri.  Allora, si dedicò senza riserve agli ammalati colpiti dall’epidemia di influenza detta “spagnola”, che allora dilagava nel mondo. Morì investito da un’automobile, mentre usciva da una farmacia dove aveva procurato medicine per una sua anziana paziente. Testimone esemplare di cosa vuol dire accogliere la chiamata del Signore e aderirvi in pienezza, è stato beatificato un anno fa.

Convocati per edificare un mondo fraterno

Come cristiani, siamo non solo chiamati, cioè interpellati ognuno personalmente da una vocazione, ma anche con-vocati. Siamo come le tessere di un mosaico, belle già se prese ad una ad una, ma che solo insieme compongono un’immagine. Brilliamo, ciascuno e ciascuna, come una stella nel cuore di Dio e nel firmamento dell’universo, ma siamo chiamati a comporre delle costellazioni che orientino e rischiarino il cammino dell’umanità, a partire dall’ambiente in cui viviamo. Questo è il mistero della Chiesa: nella convivialità delle differenze, essa è segno e strumento di ciò a cui l’intera umanità è chiamata. Per questo la Chiesa deve diventare sempre più sinodale: capace di camminare unita nell’armonia delle diversità, in cui tutti hanno un loro apporto da dare e possono partecipare attivamente.

Quando parliamo di “vocazione”, pertanto, si tratta non solo di scegliere questa o quella forma di vita, di votare la propria esistenza a un determinato ministero o di seguire il fascino del carisma di una famiglia religiosa o di un movimento o di una comunità ecclesiale; si tratta di realizzare il sogno di Dio, il grande disegno della fraternità che Gesù aveva nel cuore quando ha pregato il Padre: «Che tutti siano una cosa sola» (Gv 17,21). Ogni vocazione nella Chiesa, e in senso ampio anche nella società, concorre a un obiettivo comune: far risuonare tra gli uomini e le donne quell’armonia dei molti e differenti doni che solo lo Spirito Santo sa realizzare. Sacerdoti, consacrate e consacrati, fedeli laici camminiamo e lavoriamo insieme, per testimoniare che una grande famiglia umana unita nell’amore non è un’utopia, ma è il progetto per il quale Dio ci ha creati.

Preghiamo, fratelli e sorelle, perché il Popolo di Dio, in mezzo alle vicende drammatiche della storia, risponda sempre più a questa chiamata. Invochiamo la luce dello Spirito Santo, affinché ciascuno e ciascuna di noi possa trovare il proprio posto e dare il meglio di sé in questo grande disegno!

Roma, San Giovanni in Laterano, 8 maggio 2022, IV Domenica di Pasqua.

FRANCESCO

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