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“Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me”. Dal buio alla Luce

Siamo all’inizio di un nuovo Anno liturgico. Tutti sappiamo che questo Anno è particolarmente dedicato dal Papa Benedetto XVI alla riscoperta e ad una rinnovata professione della nostra Fede.

Il nostro Arcivescovo, indicando come paradigma del cammino della comunità diocesana, nell’Anno della Fede, “la celebrazione della Veglia pasquale, esemplare espressione mistagogica del mistero cristiano”, ci ha invitati a tenere fisso lo sguardo su Cristo Gesù, Alfa e Omega, Principio e Fine della storia e della nostra vita. Per questo, ad accompagnare le comunità ecclesiali della nostra diocesi durante questo Anno, sarà l’immagine del Cristo Pantokrator, seduto in trono e benedicente. Essa - aggiunge il nostro Pastore - non solo è invito a riconoscere che è il Risorto il motivo del giubilo che risuona sulle labbra della Chiesa, ma indica allo stesso tempo la meta del cammino dei credenti introdotto e guidato dalla luce del cero pasquale che avanza verso l’altare. La gioia che anima il cammino della Chiesa verso Cristo è richiamata dal Santo Padre nel documento con il quale indice l’Anno della Fede. Infatti, il Papa spiega che uno dei motivi che deve sollecitare i credenti a celebrarlo è: «l’esigenza di riscoprire il cammino della fede per mettere in luce con sempre maggiore evidenza la gioia ed il rinnovato entusiasmo dell’incontro con Cristo».

Ci è stata consegnata anche un’icona biblica che presenta un interessante rapporto tra la Veglia pasquale e il cammino della fede: quella dell’incontro di Gesù con il cieco Bartimeo (cfr. Mc 10, 46-52).

Le parole e i gesti di Bartimeo e il suo dialogo con Gesù descrivono il dinamismo della fede: parte dall’annuncio - sente che passa il Nazareno -, sperimenta la gioia dell’incontro - si rivolge al Figlio di Davide gridandogli il suo bisogno e lasciandosi guarire -, giunge alla decisione della vita - si mette a seguire il Maestro lungo la strada. Ed è un cammino progressivo che nella scoperta del volto e del nome del Figlio di Dio rivela all’uomo anche il suo volto e il suo nome di figlio dello stesso Padre.

Per compiere questo itinerario è necessario che gli occhi si aprano al Mistero di Cristo. È il percorso che tutti siamo chiamati a fare iniziando proprio dal tempo di Avvento e di Natale. Mentre nella liturgia, nell’attesa della venuta del Signore, riascolteremo la voce del profeta che ci ripete: Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse (cfr. Is 9, 1), dobbiamo fare nostro il grido del cieco Bartimeo che, avvertendo la venuta di Cristo lungo la strada dove sedeva a mendicare, si rivolge a lui dicendo: Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me (cfr. Mc 10, 46-47).

Il grido di Bartimeo è un’invocazione a Gesù, professato come Messia promesso e atteso, la cui venuta, annunziata dai profeti, avrebbe portato guarigione, salvezza e sarebbe stata una nuova creazione. È il grido che sale dall’umanità, soprattutto da quanti, come ci ricorda l’Arcivescovo sono seduti ai margini della strada perché incapaci di intraprendere un cammino, costretti a mendicare un aiuto, un sostegno, una luce che li aiuti a rialzarsi. Persone che forse hanno già rinunciato a vivere perché rassegnate nella loro miseria o nella loro solitudine. Persone che mendicano felicità o amore, ovunque qualcuno possa darne qualche briciolo. Persone che vivono il buio dell’esistenza che impedisce loro di capire da dove vengono e dove vanno.

Il buio e l’essere smarrito sono stati richiamati come situazione esistenziale di cui è metafora l’inizio della celebrazione della Veglia pasquale. Quel buio richiama anche la nostra esistenza, la confusione e lo smarrimento che ogni uomo sperimenta nella sua vita.

C’è un grido che, a volte, non si ode perché resta muto, o peggio può essere soffocato da quanti, come la folla con Bartimeo, non vogliono essere disturbati dall’altro e dai suoi bisogni, e proprio a loro Gesù domanda di farsi mediatori per il suo incontro con quel cieco. Come comunità cristiana dobbiamo farci più “attenti” e “accoglienti”, riscoprire sempre più la gioia dell’incontro con Cristo e permettere anche agli altri di fare esperienza di quell’incontro, riscoprendo la centralità della Fede per offrire risposte al cuore inquieto dell’uomo. Nelle nostre comunità e attorno ad esse c’è il grido di chi vive situazioni evidenti di disagio a livello personale, familiare, sociale e non ha più speranza e crede di non credere più a nessuno se non a se stesso o al nulla. C’è anche un profondo bisogno spirituale di Fede matura, che va risvegliato in chi crede di credere e, sentendosi arrivato, smette di camminare, mentre Qualcuno desidera ancora fare nuova la sua vita, crede di conoscere già il Vangelo e smette di ascoltarLo, mentre Qualcuno vuole ancora parlargli; crede di possedere il Mistero e smette di penetrarLo sempre di più, mentre Qualcuno vuole ancora rivelarsi per illuminare orizzonti sempre più vasti e profondi. Quel Qualcuno è Cristo! Ai primi e agli altri, a tutti e a ciascuno, i tempi dell’Avvento e del Natale tornano ad annunciare la possibilità di riprendere un cammino, di rimettersi in ascolto, di celebrare l’incontro con Cristo per riscoprire una Fede matura che illumini e dia forma a tutta l’esistenza. E come la Veglia pasquale inizia nella notte per condurci verso il giorno così, sin dall’inizio del nuovo Anno liturgico, i tempi di Avvento e Natale vogliono condurci dal buio verso la Luce.

Auguro a ognuno di lasciare che il cuore sia illuminato dalla lieta notizia che Dio viene sulla terra e ci raggiunge nello spazio della nostra vita quotidiana, e che gli occhi siano toccati dall’incontro con Cristo che viene per farci passare dalle tenebre del mondo alla Luce della Fede.

 

Sac. Mario Castellano

Direttore dell’Ufficio Liturgico

 

 

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