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«Famiglia dimenticata, politica da rifondare»

Una crisi «non congiunturale, ma di sistema». Con «ricadute pesantissime e preoccupanti sull’occupazione e sulla vita sociale del Paese, come dell’Europa e del mondo». Per questo «non è possibile» affrontare questa crisi in un’ottica «puramente nazionale, che prescinda da quel contesto europeo e mondiale il quale, pur presentando vischiosità e particolarismi, sarebbe illusorio e suicida sottovalutare».

bagnasco_180x120.jpgNella festa dell’apparizione della Vergine sul monte Figogna, celebrando la messa presso il Santuario genovese della Madonna della Guardia, il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, è tornato ad affrontare il tema della crisi economica. E, come già in altre occasioni, lo ha fatto secondo la prospettiva delle persone, con il pensiero che «corre al lavoro di chi l’ha e spera di tenerlo, di chi lo cerca e non riesce a trovarlo, di chi l’ha perso». Così, Bagnasco ha rilevato come «la vita della gente» sia «segnata in modo preoccupante, e sente che il momento è decisivo», perché «dalla sua soluzione dipende anche la tenuta sociale». Per questo, ha sottolineato Bagnasco, «la Chiesa fa appello alla responsabilità dell’intera società nelle sue articolazioni, istituzioni, mondo politico e della finanza, del lavoro e delle sue rappresentanze, perché prevalga il bene generale su qualunque altro interesse». È infatti proprio «sulla capacità di superare "insieme" la gravissima crisi sistemica e strutturale, nazionale e internazionale» che, secondo il presidente della Conferenza episcopale italiana, «la storia giudicherà: non solo la storia di domani, ma già quella di oggi, che si esprime nel sentire della gente a volte stremata e smarrita». In particolare, il porporato ha avvertito che «la gente non perdonerà a nessuno la poca considerazione verso la famiglia così come la conosciamo: questa è l’Italia. La famiglia... oltre a essere il grembo della vita nella sua inviolabilità, si rivela ancora una volta come il fondamento affidabile della coesione sociale, baluardo educativo dei giovani, vincolo di solidarietà tra generazioni. Anche per questo merita di essere molto di più considerata sul piano culturale, e sostenuta sul piano politico ed economico», così che «non sia umiliata e non deperisca».
Più tardi, a margine della celebrazione, Bagnasco è tornato ad affermare che l’Europa «deve avere un’anima ideale» e «non solo economica». E se «mi pare che sia un cammino irreversibile, quello di camminare sempre più stretti insieme», a unire l’Europa deve essere «un punto di vista ideale e non solo economico, altrimenti scatta l’interesse nazionale che prevale sugli altri». Del resto è «quello che volevano i veri padri fondatori, ancorati su una base religiosa: loro erano dei laici, volevano un’Europa laica, non certamente confessionale o teocratica, ma con un’anima religiosa, e questo era chiarissimo».
Di nuovo sulla crisi, il porporato ha poi ribadito che è necessario un «superamento di questo grave momento... un superamento al meglio», ma sembra «che non ci siano dei segnali concreti da parte del mondo politico». Quel che serve è «una conversione di strutture, di meccanismi, ma anche di mentalità, perché il bene comune è al di sopra del bene personale, dei partiti, di qualunque tipo di interesse». Un segnale potrebbe venire sulla riforma della legge elettorale, rispetto alla quale «penso si vada verso una concretezza».
Sul pronunciamento della Corte di Strasburgo sulla legge 40, per il presidente della Cei «bisogna ripensarci un attimo a livello nazionale: sia a livello di tecnici che di esperti, sia nel merito che nel metodo, perché non si è passati attraverso la magistratura italiana». Anzi, ha aggiunto, «c’è stato un superamento, un surclassamento della magistratura italiana, è singolare».
Una parola, infine, Bagnasco l’ha spesa anche sulla sulla vicenda di Cicagna, dove tre uomini sono stati arrestati per avere picchiato un marocchino ritenendolo un ladro. La società, ha detto, «non è un Far West e se lo diventa non è più una società, non è più stare insieme in modo ordinato. Certo chi è preposto deve cercare in tutti i modi di migliorare la giustizia».

Salvatore Mazza
 
© Avvenire, 30 agosto 2012

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