«Favorire condizioni di pace e di giustizia»
Venerati Fratelli,
illustri Signori e Signore,
cari fratelli e sorelle!
La  Celebrazione eucaristica, rendimento di grazie a Dio per eccellenza, è  segnata oggi per noi, radunati presso il Sepolcro di San Pietro, da un  motivo straordinario: la grazia di vedere riuniti per la prima volta in  un’Assemblea Sinodale, intorno al Vescovo di Roma e Pastore Universale, i  Vescovi della regione mediorientale. Tale singolare evento dimostra  l’interesse dell’intera Chiesa per la preziosa e amata porzione del  Popolo di Dio che vive in Terra Santa e in tutto il Medio Oriente.
Anzitutto  eleviamo il nostro ringraziamento al Signore della storia, perché ha  permesso che, nonostante vicende spesso difficili e tormentate, il Medio  Oriente vedesse sempre, dai tempi di Gesù fino ad oggi, la continuità  della presenza dei cristiani. In quelle terre l’unica Chiesa di Cristo  si esprime nella varietà di Tradizioni liturgiche, spirituali, culturali  e disciplinari delle sei venerande Chiese Orientali Cattoliche sui iuris,  come pure nella Tradizione latina. Il fraterno saluto, che rivolgo con  grande affetto ai Patriarchi di ognuna di esse, vuole estendersi in  questo momento a tutti i fedeli affidati alle loro cure pastorali nei  rispettivi Paesi e anche nella diaspora.
In questa Domenica 28.ma del Tempo per annum,  la Parola di Dio offre un tema di meditazione che si accosta in modo  significativo all’evento sinodale che oggi inauguriamo. La lettura  continua del Vangelo di Luca ci conduce all’episodio della  guarigione dei dieci lebbrosi, dei quali uno solo, un samaritano, torna  indietro a ringraziare Gesù. In connessione con questo testo, la prima  lettura, tratta dal Secondo Libro dei Re, racconta la guarigione  di Naaman, capo dell’esercito arameo, anch’egli lebbroso, che viene  guarito immergendosi sette volte nelle acque del fiume Giordano, secondo  l’ordine del profeta Eliseo. Anche Naaman ritorna dal profeta e,  riconoscendo in lui il mediatore di Dio, professa la fede nell’unico  Signore. Dunque, due malati di lebbra, due non ebrei, che guariscono  perché credono alla parola dell’inviato di Dio. Guariscono nel corpo, ma  si aprono alla fede, e questa li guarisce nell’anima, cioè li salva.
Il  Salmo responsoriale canta questa realtà: "Il Signore ha fatto conoscere  la sua salvezza, / agli occhi delle genti ha rivelato la sua giustizia.  / Egli si è ricordato del suo amore, / della sua fedeltà alla casa  d’Israele" (Sal 98,2-3). Ecco allora il tema: la salvezza è  universale, ma passa attraverso una mediazione determinata, storica: la  mediazione del popolo di Israele, che diventa poi quella di Gesù Cristo e  della Chiesa. La porta della vita è aperta per tutti, ma, appunto, è  una "porta", cioè un passaggio definito e necessario. Lo afferma  sinteticamente la formula paolina che abbiamo ascoltato nella Seconda Lettera a Timoteo: "la salvezza che è in Cristo Gesù" (2 Tm  2,10). E’ il mistero dell’universalità della salvezza e al tempo stesso  del suo necessario legame con la mediazione storica di Gesù Cristo,  preceduta da quella del popolo di Israele e prolungata da quella della  Chiesa. Dio è amore e vuole che tutti gli uomini abbiano parte alla sua  vita; per realizzare questo disegno Egli, che è Uno e Trino, crea nel  mondo un mistero di comunione umano e divino, storico e trascendente: lo  crea con il "metodo" – per così dire – dell’alleanza, legandosi con  amore fedele e inesauribile agli uomini, formandosi un popolo santo, che  diventi una benedizione per tutte le famiglie della terra (cfr Gen 12,3). Si rivela così come il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe (cfr Es  3,6), che vuole condurre il suo popolo alla "terra" della libertà e  della pace. Questa "terra" non è di questo mondo; tutto il disegno  divino eccede la storia, ma il Signore lo vuole costruire con gli  uomini, per gli uomini e negli uomini, a partire dalle coordinate di  spazio e di tempo in cui essi vivono e che Lui stesso ha dato.
Di  tali coordinate fa parte, con una sua specificità, quello che noi  chiamiamo il "Medio Oriente". Anche questa regione del mondo Dio la vede  da una prospettiva diversa, si direbbe "dall’alto": è la terra di  Abramo, di Isacco e di Giacobbe; la terra dell’esodo e del ritorno  dall’esilio; la terra del tempio e dei profeti; la terra in cui il  Figlio Unigenito è nato da Maria, dove ha vissuto, è morto ed è risorto;  la culla della Chiesa, costituita per portare il Vangelo di Cristo sino  ai confini del mondo. E noi pure, come credenti, guardiamo al Medio  Oriente con questo sguardo, nella prospettiva della storia della  salvezza. E’ l’ottica interiore che mi ha guidato nei viaggi apostolici  in Turchia, nella Terra Santa - Giordania, Israele, Palestina - e a  Cipro, dove ho potuto conoscere da vicino le gioie e le preoccupazioni  delle comunità cristiane. Anche per questo ho accolto volentieri la  proposta di Patriarchi e Vescovi di convocare un’Assemblea sinodale per  riflettere insieme, alla luce della Sacra Scrittura e della Tradizione  della Chiesa, sul presente e sul futuro dei fedeli e delle popolazioni  del Medio Oriente.
Guardare quella parte del mondo nella  prospettiva di Dio significa riconoscere in essa la "culla" di un  disegno universale di salvezza nell’amore, un mistero di comunione che  si attua nella libertà e perciò chiede agli uomini una risposta. Abramo,  i profeti, la Vergine Maria sono i protagonisti di questa risposta, che  però ha il suo compimento in Gesù Cristo, figlio di quella stessa  terra, ma disceso dal Cielo. Da Lui, dal suo Cuore e dal suo Spirito, è  nata la Chiesa, che è pellegrina in questo mondo, ma gli appartiene. La  Chiesa è costituita per essere, in mezzo agli uomini, segno e strumento  dell’unico e universale progetto salvifico di Dio; essa adempie questa  missione semplicemente essendo se stessa, cioè "comunione e  testimonianza", come recita il tema dell’Assemblea sinodale che oggi si  apre, e che fa riferimento alla celebre definizione lucana della prima  comunità cristiana: "La moltitudine di coloro che erano diventati  credenti aveva un cuore solo e un’anima sola" (At 4,32). Senza  comunione non può esserci testimonianza: la grande testimonianza è  proprio la vita di comunione. Lo disse chiaramente Gesù: "Da questo  tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli  altri" (Gv 13,35). Questa comunione è la vita stessa di Dio che  si comunica nello Spirito Santo, mediante Gesù Cristo. E’ dunque un  dono, non qualcosa che dobbiamo anzitutto costruire noi con le nostre  forze. Ed è proprio per questo che interpella la nostra libertà e  attende la nostra risposta: la comunione ci chiede sempre conversione,  come dono che va sempre meglio accolto e realizzato. I primi cristiani, a  Gerusalemme, erano pochi. Nessuno avrebbe potuto immaginare ciò che poi  è accaduto. E la Chiesa vive sempre di quella medesima forza che l’ha  fatta partire e crescere. La Pentecoste è l’evento originario ma è anche  un dinamismo permanente, e il Sinodo dei Vescovi è un momento  privilegiato in cui si può rinnovare nel cammino della Chiesa la grazia  della Pentecoste, affinché la Buona Novella sia annunciata con  franchezza e possa essere accolta da tutte le genti.
Pertanto, lo scopo di questa Assise sinodale è prevalentemente pastorale.  Pur non potendo ignorare la delicata e a volte drammatica situazione  sociale e politica di alcuni Paesi, i Pastori delle Chiese in Medio  Oriente desiderano concentrarsi sugli aspetti propri della loro  missione. Al riguardo, l’Instrumentum laboris, elaborato da un  Consiglio Presinodale i cui Membri ringrazio vivamente per il lavoro  svolto, ha sottolineato questa finalità ecclesiale dell’Assemblea,  rilevando che essa intende, sotto la guida dello Spirito Santo,  ravvivare la comunione della Chiesa Cattolica in Medio Oriente.  Anzitutto all’interno di ciascuna Chiesa, tra tutti i suoi membri:  Patriarca, Vescovi, sacerdoti, religiosi, persone di vita consacrata e  laici. E, quindi, nei rapporti con le altre Chiese. La vita ecclesiale,  così corroborata, vedrà svilupparsi frutti assai positivi nel cammino  ecumenico con le altre Chiese e Comunità ecclesiali presenti in Medio  Oriente. Questa occasione è poi propizia per proseguire costruttivamente  il dialogo con gli ebrei, ai quali ci lega in modo indissolubile la  lunga storia dell’Alleanza, come pure con i musulmani.
I lavori  dell’Assise sinodale sono, inoltre, orientati alla testimonianza dei  cristiani a livello personale, familiare e sociale. Questo richiede di  rafforzare la loro identità cristiana mediante la Parola di Dio e i  Sacramenti. Tutti auspichiamo che i fedeli sentano la gioia di vivere in  Terra Santa, terra benedetta dalla presenza e dal glorioso mistero  pasquale del Signore Gesù Cristo. Lungo i secoli quei Luoghi hanno  attirato moltitudini di pellegrini ed anche comunità religiose maschili e  femminili, che hanno considerato un grande privilegio il poter vivere e  rendere testimonianza nella Terra di Gesù. Nonostante le difficoltà, i  cristiani di Terra Santa sono chiamati a ravvivare la coscienza di  essere pietre vive della Chiesa in Medio Oriente, presso i Luoghi santi  della nostra salvezza. Ma quello di vivere dignitosamente nella propria  patria è anzitutto un diritto umano fondamentale: perciò occorre  favorire condizioni di pace e di giustizia, indispensabili per uno  sviluppo armonioso di tutti gli abitanti della regione. Tutti dunque  sono chiamati a dare il proprio contributo: la comunità internazionale,  sostenendo un cammino affidabile, leale e costruttivo verso la pace; le  religioni maggiormente presenti nella regione, nel promuovere i valori  spirituali e culturali che uniscono gli uomini ed escludono ogni  espressione di violenza. I cristiani continueranno a dare il loro  contributo non soltanto con le opere di promozione sociale, quali gli  istituti di educazione e di sanità, ma soprattutto con lo spirito delle  Beatitudini evangeliche, che anima la pratica del perdono e della  riconciliazione. In tale impegno essi avranno sempre l’appoggio di tutta  la Chiesa, come attesta solennemente la presenza qui dei Delegati degli  Episcopati di altri continenti.
Cari amici, affidiamo i lavori  dell’Assemblea sinodale per il Medio Oriente ai numerosi Santi e Sante  di quella terra benedetta; invochiamo su di essa la costante protezione  della Beata Vergine Maria, affinché le prossime giornate di preghiera,  di riflessione e di comunione fraterna siano portatrici di buoni frutti  per il presente e il futuro delle care popolazioni mediorientali. Ad  esse rivolgiamo con tutto il cuore il saluto augurale: "Pace a te e pace  alla tua casa e pace a quanto ti appartiene!" (1Sam 25,6).
© Avvenire, 11 ottobre 2010
            