Acqua, la giornata dell'oro blu
Ogni anno è la stessa storia. Il 22 marzo, Giornata mondiale dell’acqua istituita dall’Onu nel 1992, è l’occasione per lanciare allarmi e chiedere soldi per nuovi investimenti. Con precisione scientifica vengono diffusi rapporti sponsorizzati da banche e società che hanno forti interessi nel settore idropotabile. Uno dei messaggi diffusi riguarda l’aumento dei consumi e la dispersione idrica elevata, con qualche novità come la diminuzione del numero di famiglie che acquistano acqua minerale.
Quest’anno i principali elementi della crisi del settore idrico sono stati presentati anche dall'Istat. Dal rapporto dell’Istituto di statistica spicca innanzitutto, l'incremento dei consumi: nel 2008 sono stati erogati 92,5 metri cubi di acqua potabile per abitante, pari a 253,4 litri al giorno, con un incremento dell'1,2% negli ultimi dieci anni. Continuiamo a consumare e a sprecare come se niente fosse. Considerando i consumi pro capite nei 27 Paesi dell'Unione europea per il periodo 1996-2007, l'Italia presenta valori superiori alla media europea, pari a 85 metri cubi annui per abitante. In particolare i consumi medi in Italia risultano inferiori rispetto alla Spagna (100 metri cubi) e al Regno Unito (110); mentre sono superiori ai Paesi Bassi (73) e alla Germania (57).
In calo, come dicevamo, il consumo di acqua minerale. Un dato che può essere letto in due modi: le famiglie cercano di risparmiare e nello stesso tempo hanno fatto breccia le campagne per un uso consapevole dell’acqua di rubinetto. La spesa media delle famiglie per l'acquisto di acqua minerale è pari a 19,71 euro mensili: in media la spesa per l'acquisto di acqua minerale risulta più bassa rispetto a quella sostenuta nel 2008 (21,14 euro).
Un capitolo della relazione Istat è dedicato alla qualità dei servizi e alla soddisfazione dell'utenza. Migliora in particolare il giudizio delle famiglie sull'erogazione di acqua potabile. Il 10,8% lamenta irregolarità nell'erogazione dell'acqua nel 2010 contro il 16,2% del 2001. Il problema tocca soprattutto i residenti nel Mezzogiorno (18,7%), in particolare in Calabria (33,4%) e in Sicilia (28,3%). Si tratta di otto milioni di italiani che non godono di un accesso regolare all’acqua potabile.
All'opposto, appena il 5,8% delle famiglie del Nord dichiara irregolarità nell'erogazione del servizio, con valori minimi pari all'1,6% nella provincia autonoma di Bolzano e all'1,9% nella provincia autonoma di Trento. Infine, l’Istat affronta il capitolo depurazione che, ricordiamolo fa parte del servizio idrico e la paghiamo in bolletta. Le Regioni che più hanno aumentato gli impianti di depurazione, dal 1999 al 2008, sono Umbria (+87,3%) e Basilicata (+77,2%), seguite da Lombardia (+45,3%), Liguria (+42,5%) e Sardegna (+39,2%).
Quanto alla riorganizzazione del servizio idrico, nel 2008 i gestori del Servizio idrico integrato (Sii) hanno coperto una popolazione residente pari al 68,7 per cento, incrementando di 8,7 punti percentuali il dato del 2007. Rimane un terzo di italiani che non ha il servizio di depurazione, senza contare il problema delle perdite con punte di oltre il 50% in alcune Regioni, tanto che gli investimenti richiesti per rimettere in sesto la rete idrica nazionale ammontano a oltre 60 miliardi di euro distribuiti in 30 anni. La materia finanziaria è particolarmente delicata quando si parla di acqua, perché è come gettare benzina sul fuoco. Nessuno vuole pagare e ogni volta che le bollette lievitano scoppia il putiferio.
Ecco perché il referendum contro la privatizzazione dei servizi idrici, previsto per il 12 giugno, è una tappa importante per evitare che la questione finanziaria prenda il sopravvento. Tutto sommato non possiamo lamentarci troppo se volgiamo lo sguardo verso i Paesi più poveri dove si muore per la mancanza di acqua potabile. I numeri sono agghiaccianti: un miliardo e seicento milioni di persone senza acqua potabile e oltre due miliardi e mezzo senza servizi igienici.