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Acqua per tutti: non lasciare nessuno indietro

“Chiunque tu sia, ovunque tu sia, l’acqua è un tuo diritto”: lo ricorda l’Onu nel manifesto per l’odierna Giornata mondiale dell’Acqua. Intervista a Valentina Cavanna, esperta di diritto ambientale

Il diritto all’acqua potabile, sancito dalle Nazioni Unite nel 2010, è ancora un traguardo lontano. Ad oltre 2 miliardi di persone è infatti ancora negato di bere acqua in sicurezza. Per questo il tema della Giornata mondiale dell’Acqua 2019 è “Acqua per tutti: non lasciare nessun indietro”, a ricordare che l’accesso all’acqua pura, controllata, non inquinata “è un diritto vitale per la dignità di ogni persona”.

In una società globale troppe disparità idriche

"Non possiamo andare avanti come società globale mentre così tante persone vivono senza acqua sicura", ammonisce l’Onu. Oggi secondo stime dell’Organizzazione mondiale della sanità 1 milione 400 mila persone muoiono ogni anno per patologie  contratte a causa di acqua contaminata. L'Onu stima infatti che 159 milioni di persone nel mondo bevano acqua prelevata da fonti non controllate e non trattate come fiumi, laghi, corsi d'acqua, e che l'80 per cento di questi viva in aree rurali.

Aumenta il fabbisogno e lo sperpero di acqua

“L'acqua è un diritto di tutti, qualunque sia l'età, il sesso o la provenienza geografica e sociale”, sottolinea Un-Water, l’agenzia della Nazioni Unite che coordina tutte le attività messe in campo da governi e società civile a tutela di questo bene primario, il cui fabbisogno aumenta al ritmo costante dell’1 per cento annuo, cosicchè nel 2050 potremmo aver bisogno del 30 per cento di acqua in più, in un mondo che sperpera e dispone di sempre meno risorse idriche. Già oggi 4 miliardi di persone, per almeno un mese ogni anno, sperimentano una scarsità d'acqua molto rilevante ed oltre 700 milioni di persone in tutto il mondo potrebbero, entro il 2030, trovarsi in una condizione perenne di scarsità di risorse idriche.

L’ombra dei poteri forti sui beni dell’umanità

In questo panorama di forti diseguaglianze cresce nel mondo il fenomeno del water grabbing, ovvero dell’accaparramento delle risorse idriche da parte di governi e privati, sovente grandi multinazionali, ai danni di comunità locali o interi Paesi, come spiega Valentina  Cavanna, avvocato esperta di tematiche ambientali, collaboratrice del Water Grabbing Observatory, sorto in Italia per documentare fenomeni sociali, ambientali ed economici legati all’acqua e al clima nell’intero pianeta.

 Ascolta l'intervista a Valentina Cavanna

R. - Attualmente c’è la necessità di una divulgazione sempre maggiore delle tematiche legate all’acqua e di una presa di coscienza delle problematiche connesse. Si deve tenere infatti presente che la questione dell’accesso all’acqua, della sua gestione e del suo sfruttamento è connessa e interconnessa con diverse altre problematiche. Ad esempio pensiamo al degrado ambietale e alla questione alimentare; non solo, pensiamo al cambiamento climatico che porterà, tra l’altro, secondo le stime ad un aggravamento dello stress idrico.

Dopo land grabbing sta crescendo il fenomeno del water grabbing.

R. – Sì, l’acqua è una risorsa preziosa e le problematiche evidenziate, che sono connesse, rischiano di renderla sempre più scarsa. A questo proposito dobbiamo menzionare il fenomeno dell’accaparramento di acqua che si verifica quando ci sono alcuni soggetti che sono in grado di prendere il controllo o deviare a proprio vantaggio le risorse idriche ad esempio sottraendole a comunità locali la cui sussistenza si basa su quelle risorse e sugli ecosistemi connessi a queste risorse. In questi casi l’acqua può diventare effettivamente una fonte di conflitto.

Altro allarme lanciato dalle Nazioni Unite è la crescita dei conflitti per l’acqua, che sono triplicati dal 2010 al 2018, rispetto al decennio precedente, da 94 a 263.

R. - È necessaria una maggiore sensibilizzazione sul tema e a questo proposito lo scopo dell’osservatorio, tra l’altro, è proprio quello di offrire una più approfondita informazione su queste questioni, anche attraverso ricerche, reportage che possono essere anche fotografici. C’è ancora molto lavoro da fare e proprio per questo è necessaria questa sensibilizzazione, questa divulgazione anche a livello di opinione pubblica.

Roberta Gisotti –Città del Vaticano

© www.vaticannews.va, venerdì 22 marzo 2019