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Addio a madre Cànopi, la mistica che ha fatto rifiorire la clausura

È morta a 87 anni la fondatrice del monastero benedettino di San Giulio, sul lago d’Orta. La laurea in Lettere alla Cattolica, la guerra, la chiamata maturata tra i giovani carcerati. Nel 1993, su incarico di Giovanni Paolo II, è stata la prima donna a scrivere le meditazioni della Via Crucis

Per oltre 45 anni ha vissuto in completa clausura. Ma è stata una delle donne più vitali, attive e ascoltate della Chiesa italiana e della spiritualità contemporanea. Madre Anna Maria Cànopi, abbadessa emerita del monastero benedettino Mater Ecclesiae dell'isola di San Giulio sul lago d’Orta, si è spenta giovedì mattina a 87 anni nel monastero che lei stessa aveva fondato quarantasei anni fa e diretto fino al novembre scorso quando i problemi di salute l’hanno costretta a passare il testimone a madre Maria Grazia Girolimetto.

Scrittrice prolifica, è stata la prima donna a scrivere le riflessioni per un Papa. Lo fece in occasione della Via Crucis del Venerdì Santo del 1993 su incarico di Giovanni Paolo II.

Rina, questo il suo nome di battesimo, nasce a Pecorara, nel Piacentino, il 24 aprile 1931, in una famiglia numerosa e profondamente credente. Adolescente, si sposta a Montalto Pavese. Poi gli studi superiori a Pavia, dove soggiorna anche durante gli anni dell’università. Lo studio si accompagna al lavoro di assistente sociale. A Pavia si reca spesso in particolare una chiesa, San Pietro in Ciel d’Oro. Risale a quegli anni l’amicizia con il teologo don Cesare Angelini, rettore dell’Almo Collegio Borromeo. Si laurea in Lettere all’Università Cattolica di Milano. La guida spirituale di monsignor Aldo Del Monte, che diventerà vescovo di Novara, la aiuta a maturare la vocazione monastica che prende corpo quando fa l’assistente dei giovani carcerati, su richiesta della Procura di Pavia. «Erano ragazzi perduti, disadattati, senza riferimenti, senza morale», dirà in un’intervista al Corriere della Sera. «La loro richiesta di aiuto era immensa. Volevo fare di più per loro, per quelli come loro. Ho sentito una spinta dal cielo: mi invitava a raggiungere tutta l’umanità sofferente. E io avevo un desiderio: volevo abbracciare il dolore del mondo».

Entra nell’abbazia benedettina di Viboldone il 9 luglio 1960. Con l’inizio del noviziato canonico, il 14 aprile 1961, riceve il nome di Anna Maria. Il 30 maggio 1965 celebra la professione solenne.

Madre Cànopi arriva sull’isola di San Giulio l’11 ottobre 1973 chiamata proprio dal vescovo Del Monte. Il vecchio convento era un luogo quasi morto. C’erano i rovi dell’abbandono. Con le monache è rifiorita la vita spirituale e sono tornati i pellegrini. «In questo arco di tempo», ha detto Franco Giulio Brambilla, l’attuale vescovo di Novara, durante il “passaggio di consegne” con la nuova abbaddessa un mese fa, «l’isola di san Giulio è diventata rigogliosa, liberata non solo dagli sterpi, dai licheni e dai dragoni, come al tempo del santo fondatore Giulio, ma anche è cresciuta nel suo splendore per aver portato l’antico Seminario Minore della Diocesi di Novara, per l’intuizione spirituale di monsignor Aldo Del Monte, ad essere il cenobio di una miracolosa ripresa della vita religiosa monastica femminile, forse una tra le poche in Italia. La Benedizione Abbaziale», ha proseguito il vescovo, «della nuova Madre, Maria Grazia, è l’occasione per sostare a leggere il segno che il Signore ha voluto seminare nella nostra terra».

La collaborazione per la revisione del Catechismo

Nel dopo Concilio madre Cànopi partecipa alla revisione della nuova traduzione della Bibbia Cei e alla preparazione dei nuovi libri liturgici. Dal 1968 svolge il compito di maestra delle novizie. Il 23 novembre 1995, su invito della Cei, interviene al Convegno Ecclesiale di Palermo in rappresentanza del monachesimo italiano, con un intervento sul “Vangelo della carità attuato nella vita monastica”. Sotto le direttive dell’allora cardinal Joseph Ratzinger collabora anche alla revisione del Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica. Ha pubblicato numerosi volumi di spiritualità monastica, tra cui L’amore che chiama. Vocazione e vita monastica.

Quando madre Canopi arrivò sul lago d’Orta c’erano solo sei monache, oggi sono più di settanta e molte sono giovani ragazze che hanno lasciato tutto per la clausura. A San Giulio, ogni anno, arrivano migliaia di pellegrini per pregare, meditare e chiedere conforto e speranza.

Nell’intervista al Corriere di qualche anno fa confidava: «Io prego per l’umanità sparsa su tutta la terra. Ovviamente, in primis, prego per il nostro Paese, l’Italia, che mi sembra il più bello del mondo, perché lo amo. Così come un bambino vede la sua mamma e il suo papà come i più belli del mondo. Vorrei che i suoi abitanti fossero degni di stima, di onore, di ammirazione davanti a tutti gli altri Paesi del mondo».

Madre Canòpi, nella sua lunga vita di preghiera silenziosa, è stata un'italiana degna di stima e ammirazione e una religiosa esemplare per intelligenza, spiritualità e forza interiore.

Antonio Sanfrancesco

© www.famigliacristiana.it, giovedì 21 marzo 2019

 

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