Amoris laetitia, sull'amore nella famiglia. La sintesi dell'Esortazione del Papa

“Amoris laetitia” (AL - “La gioia dell’amore”), l’Esortazione apostolica  post-sinodale “sull’amore nella famiglia”, datata non a caso 19 marzo,  Solennità di San Giuseppe, raccoglie i risultati di due Sinodi sulla  famiglia indetti da Papa Francesco nel 2014 e nel 2015, le cui Relazioni  conclusive sono largamente citate, insieme a documenti e insegnamenti  dei suoi Predecessori e alle numerose catechesi sulla famiglia dello  stesso Papa Francesco. Tuttavia, come già accaduto per altri documenti  magisteriali, il Papa si avvale anche dei contributi di diverse  Conferenze episcopali del mondo (Kenya, Australia, Argentina…) e di  citazioni di personalità significative come Martin Luther King o Erich  Fromm. Particolare una citazione dal film “Il pranzo di Babette”, che il  Papa ricorda per spiegare il concetto di gratuità.
 Premessa
 L’Esortazione apostolica colpisce per ampiezza e articolazione. Essa è  suddivisa in nove capitoli e oltre 300 paragrafi. Ma si apre con sette paragrafi introduttivi che  mettono in piena luce la consapevolezza della complessità del tema e  l’approfondimento che richiede. Si afferma che gli interventi dei Padri  al Sinodo hanno composto un «prezioso poliedro» (AL 4) che va  preservato. In questo senso il Papa scrive che «non tutte le discussioni  dottrinali, morali o pastorali devono essere risolte con interventi del  magistero». Dunque per alcune questioni «in ogni paese o regione si  possono cercare soluzioni più inculturate, attente alle tradizioni e  alle sfide locali. Infatti, “le culture sono molto diverse tra loro e  ogni principio generale [...] ha bisogno di essere inculturato, se vuole  essere osservato e applicato”» (AL 3). Questo principio di  inculturazione risulta davvero importante persino nel modo di impostare e  comprendere i problemi che, aldilà delle questioni dogmatiche ben  definite dal Magistero della Chiesa, non può essere «globalizzato». 
Ma soprattutto il Papa afferma subito e con chiarezza che  bisogna uscire dalla sterile contrapposizione tra ansia di cambiamento e  applicazione pura e semplice di norme astratte. Scrive: «I dibattiti  che si trovano nei mezzi di comunicazione o nelle pubblicazioni e  perfino tra i ministri della Chiesa vanno da un desiderio sfrenato di  cambiare tutto senza sufficiente riflessione o fondamento,  all’atteggiamento che pretende di risolvere tutto applicando normative  generali o traendo conclusioni eccessive da alcune riflessioni  teologiche» (AL 2). 
Capitolo primo: “Alla luce della Parola”
 Poste queste premesse, il Papa articola la sua riflessione a partire  dalle Sacre Scritture con il primo capitolo, che si sviluppa come una  meditazione sul Salmo 128, caratteristico della liturgia nuziale ebraica  come di quella cristiana. La Bibbia «è popolata da famiglie, da  generazioni, da storie di amore e di crisi familiari» (AL 8) e a partire  da questo dato si può meditare come la famiglia non sia un ideale  astratto, ma un «compito “artigianale”» (AL 16) che si esprime con  tenerezza (AL 28) ma che si è confrontato anche con il peccato sin  dall’inizio, quando la relazione d’amore si è trasformata in dominio  (cfr AL 19). Allora la Parola di Dio «non si mostra come una 2 sequenza di tesi astratte, bensì come una compagna di viaggio anche per  le famiglie che sono in crisi o attraversano qualche dolore, e indica  loro la meta del cammino» (AL 22). 
Capitolo secondo: “La realtà e le sfide delle famiglie”
 A partire dal terreno biblico nel secondo capitolo il Papa  considera la situazione attuale delle famiglie, tenendo «i piedi per  terra» (AL 6), attingendo ampiamente alle Relazioni conclusive dei due  Sinodi e affrontando numerose sfide, dal fenomeno migratorio alla  negazione ideologica della differenza di sesso (“ideologia del gender”);  dalla cultura del provvisorio alla mentalità antinatalista e  all’impatto delle biotecnologie nel campo della procreazione; dalla  mancanza di casa e di lavoro alla pornografia e all’abuso dei minori;  dall’attenzione alle persone con disabilità, al rispetto degli anziani;  dalla decostruzione giuridica della famiglia, alla violenza nei  confronti delle donne. Il Papa insiste sulla concretezza, che è una  cifra fondamentale dell’Esortazione. E sono la concretezza e il realismo  che pongono una sostanziale differenza tra «teorie» di interpretazione  della realtà e «ideologie». 
Citando la Familiaris consortio Francesco afferma che  «è sano prestare attenzione alla realtà concreta, perché “le richieste e  gli appelli dello Spirito risuonano anche negli stessi avvenimenti  della storia”, attraverso i quali “la Chiesa può essere guidata ad una  intelligenza più profonda dell'inesauribile mistero del matrimonio e  della famiglia”» (AL 31). Senza ascoltare la realtà non è possibile  comprendere né le esigenze del presente né gli appelli dello Spirito,  dunque. Il Papa nota che l’individualismo esasperato rende difficile  oggi donarsi a un’altra persona in maniera generosa (cfr AL 33). Ecco  una interessante fotografia della situazione: «Si teme la solitudine, si  desidera uno spazio di protezione e di fedeltà, ma nello stesso tempo  cresce il timore di essere catturati da una relazione che possa  rimandare il soddisfacimento delle aspirazioni personali» (AL 34).
 L’umiltà del realismo aiuta a non presentare «un ideale teologico del  matrimonio troppo astratto, quasi artificiosamente costruito, lontano  dalla situazione concreta e dalle effettive possibilità delle famiglie  così come sono» (AL 36). L’idealismo allontana dal considerare il  matrimonio quel che è, cioè un «cammino dinamico di crescita e  realizzazione». Per questo non bisogna neanche credere che le famiglie  si sostengano «solamente insistendo su questioni dottrinali, bioetiche e  morali, senza motivare l’apertura alla grazia» (AL 37). Invitando a una  certa “autocritica” di una presentazione non adeguata della realtà  matrimoniale e familiare, il Papa insiste che è necessario dare spazio  alla formazione della coscienza dei fedeli: “Siamo chiamati a formare le  coscienze, non a pretendere di sostituirle” (AL37). Gesù proponeva un  ideale esigente ma «non perdeva mai la vicinanza compassionevole alle  persone fragili come la samaritana o la donna adultera» (AL 38). 
Capitolo terzo: “Lo sguardo rivolto a Gesù: la vocazione della famiglia”
 Il terzo capitolo è dedicato ad alcuni elementi essenziali  dell’insegnamento della Chiesa circa il matrimonio e la famiglia. La  presenza di questo capitolo è importante perché illustra in maniera  sintetica in 30 paragrafi la vocazione alla famiglia secondo il Vangelo  così come è stata recepita dalla Chiesa nel tempo, soprattutto sul tema  della indissolubilità, della sacramentalità del matrimonio, della  trasmissione della vita e della educazione dei figli. Vengono ampiamente  citate la Gaudium et spes del Vaticano II, la Humanae vitae di Paolo VI, la Familiaris consortio di Giovanni Paolo II.
 Lo sguardo è ampio e include anche le «situazioni imperfette». Leggiamo infatti: «”Il discernimento della presenza dei “semina Verbi” nelle altre culture (cfr Ad gentes,  11) può essere applicato anche alla realtà matrimoniale e familiare.  Oltre al vero matrimonio naturale ci sono elementi positivi presenti  nelle forme matrimoniali di altre tradizioni religiose”, benché non  manchino neppure le ombre” (AL 77). La riflessione include anche le  «famiglie ferite» di fronte alle quali il Papa afferma — citando la Relatio finalis del  Sinodo del 2015 — «occorre sempre ricordare un principio generale:  “Sappiano i pastori che, per amore della verità, sono obbligati a ben  discernere le situazioni” (Familiaris consortio, 84). Il grado  di responsabilità non è uguale in tutti i 3 casi, e possono esistere fattori che limitano la capacità di decisione.  Perciò, mentre va espressa con chiarezza la dottrina, sono da evitare  giudizi che non tengono conto della complessità delle diverse  situazioni, ed è necessario essere attenti al modo in cui le persone  vivono e soffrono a motivo della loro condizione» (AL 79). 
Capitolo quarto: “L’amore nel matrimonio”
 Il quarto capitolo tratta dell’amore nel matrimonio, e lo illustra a partire dall’”inno all’amore” di San Paolo in 1 Cor 13,  4-7. Il capitolo è una vera e propria esegesi attenta, puntuale,  ispirata e poetica del testo paolino. Potremmo dire che si tratta di una  collezione di frammenti di un discorso amoroso che è attento a  descrivere l’amore umano in termini assolutamente concreti. Si resta  colpiti dalla capacità di introspezione psicologica che segna questa  esegesi. L’approfondimento psicologico entra nel mondo delle emozioni  dei coniugi — positive e negative — e nella dimensione erotica  dell’amore. Si tratta di un contributo estremamente ricco e prezioso per  la vita cristiana dei coniugi, che non aveva finora paragone in  precedenti documenti papali.
 A suo modo questo capitolo costituisce un trattatello dentro la  trattazione più ampia, pienamente consapevole della quotidianità  dell’amore che è nemica di ogni idealismo: «non si deve gettare sopra  due persone limitate — scrive il Pontefice — il tremendo peso di dover  riprodurre in maniera perfetta l’unione che esiste tra Cristo e la sua  Chiesa, perché il matrimonio come segno implica “un processo dinamico,  che avanza gradualmente con la progressiva integrazione dei doni di  Dio”» (AL 122). Ma d’altra parte il Papa insiste in maniera forte e  decisa sul fatto che «nella stessa natura dell’amore coniugale vi è  l’apertura al definitivo» (AL 123), proprio all’interno di quella  «combinazione di gioie e di fatiche, di tensioni e di riposo, di  sofferenze e di liberazioni, di soddisfazioni e di ricerche, di fastidi e  di piaceri» (Al 126) che è appunto il matrimonio.
 Il capitolo si conclude con una riflessione molto importante sulla  «trasformazione dell’amore» perché «il prolungarsi della vita fa sì che  si verifichi qualcosa che non era comune in altri tempi: la relazione  intima e la reciproca appartenenza devono conservarsi per quattro,  cinque o sei decenni, e questo comporta la necessità di ritornare a  scegliersi a più riprese» (AL 163). L’aspetto fisico muta e l’attrazione  amorosa non viene meno ma cambia: il desiderio sessuale col tempo si  può trasformare in desiderio di intimità e “complicità”. «Non possiamo  prometterci di avere gli stessi sentimenti per tutta la vita. Ma  possiamo certamente avere un progetto comune stabile, impegnarci ad  amarci e a vivere uniti finché la morte non ci separi, e vivere sempre  una ricca intimità» (AL 163).
 Capitolo quinto: “L’amore che diventa fecondo”
 Il quinto capitolo è tutto concentrato sulla fecondità e la  generatività dell’amore. Si parla in maniera spiritualmente e  psicologicamente profonda dell’accogliere una nuova vita, dell’attesa  propria della gravidanza, dell’amore di madre e di padre. Ma anche della  fecondità allargata, dell’adozione, dell’accoglienza del contributo  delle famiglie a promuovere una “cultura dell’incontro”, della vita  nella famiglia in senso ampio, con la presenza di zii, cugini, parenti  dei parenti, amici. L’Amoris laetitia non prende in  considerazione la famiglia «mononucleare», perché è ben consapevole  della famiglia come rete di relazioni ampie. La stessa mistica del  sacramento del matrimonio ha un profondo carattere sociale (cfr AL 186).  E all’interno di questa dimensione sociale il Papa sottolinea in  particolare sia il ruolo specifico del rapporto tra giovani e anziani,  sia la relazione tra fratelli e sorelle come tirocinio di crescita nella  relazione con gli altri.
 Capitolo sesto: “Alcune prospettive pastorali”
 Nel sesto capitolo il Papa affronta alcune vie pastorali che  orientano a costruire famiglie solide e feconde secondo il piano di Dio.  In questa parte l’Esortazione fa largo ricorso alle Relazioni  conclusive dei due Sinodi e alle catechesi di Papa Francesco e di  Giovanni Paolo II. Si ribadisce che le famiglie sono soggetto e non  solamente oggetto di evangelizzazione. Il Papa rileva «che ai ministri  ordinati manca spesso una formazione adeguata per trattare i complessi  problemi 4 attuali delle famiglie» (AL 202). Se da una parte bisogna migliorare la  formazione psico-affettiva dei seminaristi e coinvolgere di più la  famiglia nella formazione al ministero (cfr AL 203), dall’altra «può  essere utile (…) anche l’esperienza della lunga tradizione orientale dei  sacerdoti sposati» (AL 202).
 Quindi il Papa affronta il tema del guidare i fidanzati nel cammino di  preparazione al matrimonio, dell’accompagnare gli sposi nei primi anni  della vita matrimoniale (compreso il tema della paternità responsabile),  ma anche in alcune situazioni complesse e in particolare nelle crisi,  sapendo che «ogni crisi nasconde una buona notizia che occorre saper  ascoltare affinando l’udito del cuore» (AL 232). Si analizzano alcune  cause di crisi, tra cui una maturazione affettiva ritardata (cfr AL  239).
 Inoltre si parla anche dell’accompagnamento delle persone abbandonate,  separate o divorziate e si sottolinea l’importanza della recente riforma  dei procedimenti per il riconoscimento dei casi di nullità  matrimoniale. Si mette in rilievo la sofferenza dei figli nelle  situazioni conflittuali e si conclude: “Il divorzio è un male, ed è  molto preoccupante la crescita del numero dei divorzi. Per questo, senza  dubbio, il nostro compito pastorale più importante riguardo alle  famiglie è rafforzare l’amore e aiutare a sanare le ferite, in modo che  possiamo prevenire l’estendersi di questo dramma nella nostra epoca” (AL  246). Si toccano poi le situazioni dei matrimoni misti e di quelli con  disparità di culto, e la situazione delle famiglie che hanno al loro  interno persone con tendenza omosessuale, ribadendo il rispetto nei loro  confronti e il rifiuto di ogni ingiusta discriminazione e di ogni forma  di aggressione o violenza. Pastoralmente preziosa è la parte finale del  capitolo: “Quando la morte pianta il suo pungiglione”, sul tema della  perdita delle persone care e della vedovanza. 
Capitolo settimo: “Rafforzare l’educazione dei figli”
 Il settimo capitolo è tutto dedicato all’educazione dei figli:  la loro formazione etica, il valore della sanzione come stimolo, il  paziente realismo, l’educazione sessuale, la trasmissione della fede, e  più in generale la vita familiare come contesto educativo. Interessante  la saggezza pratica che traspare a ogni paragrafo e soprattutto  l’attenzione alla gradualità e ai piccoli passi «che possano essere  compresi, accettati e apprezzati» (AL 271).
 Vi è un paragrafo particolarmente significativo e pedagogicamente  fondamentale nel quale Francesco afferma chiaramente che «l’ossessione  non è educativa, e non si può avere un controllo di tutte le situazioni  in cui un figlio potrebbe trovarsi a passare (…). Se un genitore è  ossessionato di sapere dove si trova suo figlio e controllare tutti i  suoi movimenti, cercherà solo di dominare il suo spazio. In questo modo  non lo educherà, non lo rafforzerà, non lo preparerà ad affrontare le  sfide. Quello che interessa principalmente è generare nel figlio, con  molto amore, processi di maturazione della sua libertà, di preparazione,  di crescita integrale, di coltivazione dell’autentica autonomia» (AL  261).
 Notevole è la sezione dedicata all’educazione sessuale, intitolata molto  espressivamente: “Sì all’educazione sessuale”. Si sostiene la sua  necessità e ci si domanda “se le nostre istituzioni educative hanno  assunto questa sfida (…) in un’epoca in cui si tende a banalizzare e  impoverire la sessualità”. Essa va realizzata “nel quadro di  un’educazione all’amore, alla reciproca donazione” (AL 280). Si mette in  guardia dall’espressione “sesso sicuro”, perché trasmette “un  atteggiamento negativo verso la naturale finalità procreativa della  sessualità, come se un eventuale figlio fosse un nemico dal quale  doversi proteggere. Così si promuove l’aggressività narcisistica invece  dell’accoglienza” (AL 283).
 Capitolo ottavo: “Accompagnare, discernere e integrare la fragilità”
 Il capitolo ottavo costituisce un invito alla misericordia e al  discernimento pastorale davanti a situazioni che non rispondono  pienamente a quello che il Signore propone. Il Papa qui scrive usa tre  verbi molto importanti: “accompagnare, discernere e integrare” che sono  fondamentali nell’affrontare situazioni di fragilità, complesse o  irregolari. Quindi il Papa presenta la necessaria 5 gradualità nella pastorale, l’importanza del discernimento, le norme e  circostanze attenuanti nel discernimento pastorale, e infine quella che  egli definisce la «logica della misericordia pastorale». 
Il capitolo ottavo è molto delicato. Per leggerlo si deve  ricordare che «spesso il lavoro della Chiesa assomiglia a quello di un  ospedale da campo» (AL 291). Qui il Pontefice assume ciò che è stato  frutto della riflessione del Sinodo su tematiche controverse. Si  ribadisce che cos’è il matrimonio cristiano e si aggiunge che «altre  forme di unione contraddicono radicalmente questo ideale, mentre alcune  lo realizzano almeno in modo parziale e analogo». La Chiesa dunque «non  manca di valorizzare gli “elementi costruttivi in quelle situazioni che  non corrispondono ancora o non più” al suo insegnamento sul matrimonio»  (AL 292).
 Per quanto riguarda il “discernimento” circa le situazioni “irregolari”  il Papa osserva: “sono da evitare giudizi che non tengono conto della  complessità delle diverse situazioni, ed è necessario essere attenti al  modo in cui le persone vivono e soffrono a motivo della loro condizione”  (AL 296). E continua: “Si tratta di integrare tutti, si deve aiutare  ciascuno a trovare il proprio modo di partecipare alla comunità  ecclesiale, perché si senta oggetto di una misericordia ‘immeritata,  incondizionata e gratuita’”(AL 297). Ancora: “I divorziati che vivono  una nuova unione, per esempio, possono trovarsi in situazioni molto  diverse, che non devono essere catalogate o rinchiuse in affermazioni  troppo rigide senza lasciare spazio a un adeguato discernimento  personale e pastorale” (AL 298).
 In questa linea, accogliendo le osservazioni di molti Padri sinodali, il  Papa afferma che “i battezzati che sono divorziati e risposati  civilmente devono essere più integrati nelle comunità cristiane nei  diversi modi possibili, evitando ogni forma di scandalo”. “La loro  partecipazione può esprimersi in diversi servizi ecclesiali (…) Essi non  devono sentirsi scomunicati, ma possono vivere e maturare come membra  vive della Chiesa (…) Questa integrazione è necessaria pure per la cura e  l’educazione cristiana dei loro figli” (AL 299). 
Più in generale il Papa fa una affermazione estremamente  importante per comprendere l’orientamento e il senso dell’Esortazione:  “Se si tiene conto dell’innumerevole varietà di situazioni concrete (…) è  comprensibile che non ci si dovesse aspettare dal Sinodo o da questa  Esortazione una nuova normativa generale di tipo canonico, applicabile a  tutti i casi. E’ possibile soltanto un nuovo incoraggiamento ad un  responsabile discernimento personale e pastorale dei casi particolari,  che dovrebbe riconoscere che, poiché il ‘grado di responsabilità non è  uguale in tutti i casi’, le conseguenze o gli effetti di una norma non  necessariamente devono essere sempre gli stessi” (AL 300). Il Papa  sviluppa in modo approfondito esigenze e caratteristiche del cammino di  accompagnamento e discernimento in dialogo approfondito fra i fedeli e i  pastori. A questo fine richiama la riflessione della Chiesa “su  condizionamenti e circostanze attenuanti” per quanto riguarda la  imputabilità e la responsabilità delle azioni e, appoggiandosi a San  Tommaso d’Aquino, si sofferma sul rapporto fra “le norme e il  discernimento” affermando: “E’ vero che le norme generali presentano un  bene che non si deve mai disattendere né trascurare, ma nella loro  formulazione non possono abbracciare assolutamente tutte le situazioni  particolari. Nello stesso tempo occorre dire che, proprio per questa  ragione, ciò che fa parte di un discernimento pratico davanti a una  situazione particolare non può essere elevato al livello di una norma”  (AL 304).
 Nell’ultima sezione del capitolo: “La logica della misericordia  pastorale”, Papa Francesco, per evitare equivoci, ribadisce con forza:  “Comprendere le situazioni eccezionali non implica mai nascondere la  luce dell’ideale più pieno né proporre meno di quanto Gesù offre  all’essere umano. Oggi, più importante di una pastorale dei fallimenti è lo sforzo pastorale per consolidare i matrimoni e  così prevenire le rotture” (AL 307). Ma il senso complessivo del  capitolo e dello spirito che Papa Francesco intende imprimere alla  pastorale della Chiesa è ben riassunto nelle parole finali: “Invito i  fedeli che stanno vivendo situazioni complesse ad accostarsi con fiducia  a un colloquio con i loro pastori o con laici che vivono dediti al  Signore. Non sempre troveranno in essi una conferma delle proprie idee e  dei propri desideri, ma sicuramente riceveranno una luce che permetterà  loro di comprendere meglio quello che sta succedendo e potranno  scoprire un cammino di maturazione personale. E invito i pastori ad  ascoltare con affetto e serenità, con il desiderio 6 sincero di entrare nel cuore del dramma delle persone e di comprendere  il loro punto di vista, per aiutarle a vivere meglio e a riconoscere il  loro posto nella Chiesa” (AL 312). Sulla “logica della misericordia  pastorale” Papa Francesco afferma con forza: «A volte ci costa molto  dare spazio nella pastorale all’amore incondizionato di Dio. Poniamo  tante condizioni alla misericordia che la svuotiamo di senso concreto e  di significato reale, e questo è il modo peggiore di annacquare il  Vangelo» (AL 311). 
Capitolo nono: “Spiritualità coniugale e familiare” 
Il nono capitolo è dedicato alla spiritualità coniugale e  familiare, «fatta di migliaia di gesti reali e concreti» (AL 315). Con  chiarezza si dice che «coloro che hanno desideri spirituali profondi non  devono sentire che la famiglia li allontana dalla crescita nella vita  dello Spirito, ma che è un percorso che il Signore utilizza per portarli  ai vertici dell’unione mistica» (AL 316). Tutto, «i momenti di gioia,  il riposo o la festa, e anche la sessualità, si sperimentano come una  partecipazione alla vita piena della sua Risurrezione» (AL 317). Si  parla quindi della preghiera alla luce della Pasqua, della spiritualità  dell’amore esclusivo e libero nella sfida e nell’anelito di invecchiare e  consumarsi insieme, riflettendo la fedeltà di Dio (cfr AL 319). E  infine la spiritualità «della cura, della consolazione e dello stimolo».  «Tutta la vita della famiglia è un “pascolo” misericordioso. Ognuno,  con cura, dipinge e scrive nella vita dell’altro» (AL 322), scrive il  Papa. È profonda «esperienza spirituale contemplare ogni persona cara  con gli occhi di Dio e riconoscere Cristo in lei» (AL 323). 
Nel paragrafo conclusivo il Papa afferma: “Nessuna famiglia è  una realtà perfetta e confezionata una volta per sempre, ma richiede un  graduale sviluppo della propria capacità di amare (…). Tutti siamo  chiamati a tenere viva la tensione verso qualcosa che va oltre noi  stessi e i nostri limiti, e ogni famiglia deve vivere in questo stimolo  costante. Camminiamo, famiglie, continuiamo a camminare ! (…). Non  perdiamo la speranza a causa dei nostri limiti, ma neppure rinunciamo a  cercare la pienezza di amore e di comunione che ci è stata promessa” (AL  325).
 L’Esortazione apostolica si conclude con una Preghiera alla Santa Famiglia (AL 325). 
* * * Come è possibile comprendere già da un rapido esame dei suoi contenuti,  L’Esortazione apostolica Amoris laetitia intende ribadire con forza non  l’«ideale» della famiglia, ma la sua realtà ricca e complessa. Vi è  nelle sue pagine uno sguardo aperto, profondamente positivo, che si  nutre non di astrazioni o proiezioni ideali, ma di un’attenzione  pastorale alla realtà. Il documento è una lettura densa di spunti  spirituali e di sapienza pratica utile ad ogni coppia umana o a persone  che desiderano costruire una famiglia. Si vede soprattutto che è stata  frutto di esperienza concreta con persone che sanno per esperienza che  cosa sia la famiglia e il vivere insieme per molti anni. L’Esortazione  parla infatti il linguaggio dell’esperienza.
© Avvenire, 8 aprile 2016
 
            