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Anno della Preghiera. I giovani e la preghiera: affabulare o addestrare?

Il vero assente è sempre lo stesso: l’atto di addestrare, insegnare, consegnare la fede, in una parola la traditio fidei, cenerentola della nostra epoca cristiana. Alla fine ci torneremo per necessità, occorreva già dal dopo-Concilio e abbiamo perso, finora, l’occasione. Allora se bisogna parlare di preghiera ai giovani bisogna parlare di come addestrarli alla preghiera, mostrando loro che non è un atto di devozione stantia ma relazione vivace ed efficace con la bellezza di Dio, con la sua paternità, con la sua potenza. Soprattutto è necessario svelare che la preghiera è un atto di Dio nell’uomo, un’opera del maestro della relazione con Dio che è lo Spirito Santo

La prima e fondamentale operazione da mettere in campo nel comunicare le cose cristiane è procedere ad una adeguata attività di de-mistificazione.
È un antico problema. In Genesi 3 il serpente, che sa di non poter essere più forte di Dio, si dedica a distruggere l’immagine di Dio nel cuore della sua creatura, mistificando l’albero del “capire tutto” da occasione della custodia paterna (“questo ti fa male, non ne mangiare perché è letale”) a simbolo dell’oppressione paterna (“macché letale, non ti fa niente, te lo vieta solo per castrarti”)… una narrazione emblematica, che descrive la pressione continua della tentazione che avviene sia per via esogena che endogena. Lo svuotamento dei concetti cristiani è un fatto che il mainstream culturale ha operato indefessamente negli ultimi secoli, contemporaneamente all’imbruttimento degli stessi concetti da parte dei cristiani stessi che per poca preparazione, scarsa conversione, fascino del comfort e deriva banalizzante, hanno ridotto la bellezza del cristianesimo ad un’accozzaglia di doveri e sensi di colpa, fino alla profanazione dell’idea di preghiera che la rende inavvicinabile alla sete giovanile, salvo poi ridurla ad un superficiale short di YouTube.

Chi scrive, ad esempio, vede spesso i propri contenuti, prodotti per VaticanNews, ridotti a stucchevoli video dove la santità somiglia alla sfida degli Avengers e l’amore di Dio ad una melassa sentimentaloide e appiccicaticcia… tale operazione magari viene operata proprio dai responsabili delle pastorali giovanili delle varie diocesi italiane, credendo, con questo aumento del tasso glicemico dei contenuti, di operare una traduzione evangelizzante, mentre fanno solo mistificazione paternalista: ma perché non dare un po’ di fiducia all’intelligenza dei giovani? Invece di indorargli la pillola della sfida cristiana perché non parlare loro seriamente invece che con affabulazione manipolatoria?

L’esperienza concreta insegna che più la sfida è seria più i giovani sono affascinati.

E allora come parlare o praticare l’invito alla preghiera? Non con la pizza promessa dopo l’incontro, o con le melenserie SanRemesche di canti dubbiamente spirituali che inondano il momento del silenzio, o sornionerie di video, oggetti o libri, adoperati impropriamente nella prassi dell’incontro dedicato alla preghiera.
Ma è vero anche l’esatto contrario di tutto quel che stiamo dicendo.
È come se esistessero due derive: la prima è la new-economy appena descritta, e l’altra, quella più old-style, al suo estremo opposto: nessuno sconto! Facciamo preghiera con i giovani? Secchi, lì, posti nel bel mezzo degli atti di preghiera, piazzati davanti al Santissimo, senza passare dal via. Si annoiano e non capiscono quel che fanno? Si adeguino! Questo è pregare, e buonanotte a tutti.

Il vero assente è sempre lo stesso: l’atto di addestrare, insegnare, consegnare la fede, in una parola la traditio fidei, cenerentola della nostra epoca cristiana. Alla fine ci torneremo per necessità, occorreva già dal dopo-Concilio e abbiamo perso, finora, l’occasione.

Allora se bisogna parlare di preghiera ai giovani bisogna parlare di come addestrarli alla preghiera, mostrando loro che non è un atto di devozione stantia ma relazione vivace ed efficace con la bellezza di Dio, con la sua paternità, con la sua potenza.
Soprattutto è necessario svelare che la preghiera è un atto di Dio nell’uomo, un’opera del maestro della relazione con Dio che è lo Spirito Santo.
Pregare non è scalare una montagna a mani nude, uno sforzo per arrivare nientemeno che a Dio, ma tutto il contrario, è un lasciarsi trovare da Dio, un permettergli di arrivare a noi. La cosa più difficile nella preghiera non è fare qualcosa ma, propriamente, la fase della “Statio” ossia NON fare. Fermarsi e lasciarsi trovare, tutt’al più belando, come la pecora perduta.
E poi verranno le altre fasi di questa esperienza di grazia, in un percorso di iniziazione. Dicendo questo mettiamo il dito nella piaga: quello che ci manca non sono i manuali e i sussidi o le iniziative e le strutture, ma gli iniziatori.
Come già detto mille volte, non mancano gli spartiti ma gli esecutori.

Fabio Rosini

© www.agensir.it, sabato 16 marzo 2024

Testimonianze

Anna, che nei Salmi ha ritrovato la fede

 

Anna Guidetti, 25 anni, di Modena, ripercorre un periodo “buio” della sua vita, segnato in modo drammatico dalla scomparsa delle due nonne, a pochissima distanza l’una dall’altra: “Avevo toccato il fondo”, dice senza mezzi termini. Poi, un giorno, mentre mette in ordine la sua cameretta, ritrova la Bibbia regalatale dalla zia in occasione della Cresima. “Ho sentito di doverla aprire, ho letto un paio di Salmi. Ho voluto continuare e – racconta – mi sono imbattuta nel numero 61, la ‘Preghiera dell’esiliato’. L’ho letto di seguito una decina di volte, quelle parole, specialmente il versetto ‘sull’orlo dell’abisso io t’invoco’, erano le mie”

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Un Salmo per riprendere il filo, per ritrovare il senso in un momento di vuoto. “Tra il quarto e il quinto anno della scuola superiore, mi sentivo lontana da quella Chiesa che avevo sempre frequentato e, anche se ero rimasta nel mondo scout, facevo tutto per abitudine, quasi fosse un obbligo”. Anna Guidetti, 25 anni, di Modena, ripercorre quel periodo “buio” della sua vita, segnato in modo drammatico dalla scomparsa delle due nonne, a pochissima distanza l’una dall’altra: “Avevo toccato il fondo”, dice senza mezzi termini. Poi, un giorno, mentre mette in ordine la sua cameretta, ritrova la Bibbia regalatale dalla zia in occasione della Cresima. “Ho sentito di doverla aprire, ho letto un paio di Salmi. Ho voluto continuare e – racconta – mi sono imbattuta nel numero 61, la ‘Preghiera dell’esiliato’. L’ho letto di seguito una decina di volte, quelle parole, specialmente il versetto ‘sull’orlo dell’abisso io t’invoco’, erano le mie”.

È stata “una nuova partenza”, anzi “la colonna sonora del mio ritorno”.

E non metaforicamente: Anna, infatti, che è appassionata di musica – è musicoterapeuta, oltre che studentessa del corso di laurea magistrale in pedagogia – trasforma il Salmo in note. Da lì, dopo una settimana comunitaria all’oratorio cittadino della Città dei Ragazzi, nasce il desiderio di “trovare uno spazio di preghiera quotidiano per instaurare un dialogo con Dio, a partire dal Vangelo del giorno o, come accade in questo tempo, da un Salmo”.

La preghiera, confida, “mi aiuta a conoscermi meglio e a vivere le giornate in modo diverso, con delle lenti in alta definizione”.

Oltre all’immancabile appuntamento giornaliero, Anna sperimenta anche la preghiera comunitaria: con la Comunità Chemin Neuf che “propone dei momenti di lode e adorazione” e con il gruppo di pastorale giovanile diocesano con cui partecipa a un incontro mensile “che unisce la lettura del Vangelo alla catechesi e all’adorazione accompagnata dai canti”. Per la giovane, del resto, preghiera e musica vanno spesso di pari passo: “Ogni mercoledì ci ritroviamo alla Città dei Ragazzi per una serata con i giovani e per i giovani in cui si prega con il canto”. “Questo – afferma – mi dà tanta pace interiore e la forza per affrontare le giornate”. Per Anna, infine, la preghiera è stata fondamentale anche quando, a metà agosto, un caro amico è morto per un incidente in montagna:

“nel dolore di quel lutto, la preghiera – conclude – è stata un collante, tra noi giovani e con la Chiesa”.

Stefania Careddu

© www.agensir.it, sabato 16 marzo 2024

 

Testimonianze

Francesco, che ogni giorno trova il tempo per la preghiera

 

“Un sostegno, un’ancora”. Francesco Cacioni, 20 anni, definisce così la preghiera che nella sua vita è già “una certezza, qualcosa che c’è sempre, negli alti e nei bassi, e che mi aiuta a vivere bene le cose belle e ad avere supporto nei momenti più difficili”. Ecco allora che “tra le tante attività” quotidiane e sebbene non sia “sempre facile”, Francesco riesce a trovare del tempo da dedicare alla preghiera

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“Un sostegno, un’ancora”. Francesco Cacioni, 20 anni, definisce così la preghiera che nella sua vita è già “una certezza, qualcosa che c’è sempre, negli alti e nei bassi, e che mi aiuta a vivere bene le cose belle e ad avere supporto nei momenti più difficili”. Ecco allora che “tra le tante attività” quotidiane e sebbene non sia “sempre facile”, Francesco riesce a trovare del tempo da dedicare alla preghiera: “succede la sera, ma soprattutto al mattino, nel tragitto tra casa e la metro”.

Una sorta di appuntamento fisso, durante il quale “affidarsi e ringraziare”.

“Prego – spiega – per essere consigliato nel corso della giornata, per avere sostegno in quello che andrò ad affrontare”.

Per il ragazzo romano, dunque, la preghiera, pur non essendo “una richiesta vera e propria se non in qualche caso particolare, è molto concreta, mai astratta e sempre rivolta a qualcosa di specifico”. Nella vita di Francesco, studente di Organo al Conservatorio, però il dialogo con Dio non si esaurisce nella dimensione personale. Partecipa, infatti, all’iniziativa di preghiera animata dai giovani della parrocchia San Filippo Neri alla Pineta Sacchetti. “Sono stato educato alla fede dalla mia famiglia, ho sempre frequentato, ma la mia è una scelta consapevole da tempo.

All’inizio vai in parrocchia per gli amici, poi perché credi”,

racconta il ragazzo che a settembre è stato invitato da Sabrina, una delle educatrici, non solo a vivere gli incontri, ma a pensarli, a organizzarli: “mi sono sentito scelto, chiamato, e così ho iniziato questo percorso”. “Sono impegnato in prima persona sia nella fase di preparazione in cui scegliamo il brano da proporre e ci dividiamo i compiti sia, poi, nella serata mensile quando ci ritroviamo con il gruppo per riflettere e pregare insieme”. Quest’anno, a fare da filo rosso agli otto appuntamenti è “Incontri con Gesù”, un libro di don Angelo Casati che spinge a ricercare “l’acqua viva” sui passi di alcune figure bibliche.

“Tra i vari compiti – rivela Francesco – quello che preferisco è la testimonianza, ovvero raccontare qualcosa di me che sia inerente al brano letto”.

Del resto, anche questo è un modo per pregare.

Stefania Careddu

© www.agensir.it, sabato 16 marzo 2024

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