Attraversare le porte per abitare con fede il digitale
 Parlare  di porte e di spazio significa innanzitutto, come ha sottolineato padre  Antonio Spadaro nel suo primo commento al tema del messaggio, optare  per una concezione decisamente realista della rete: digitale non è  uguale a fittizio, inautentico, alienato. Al contrario, la rete è uno  spazio di esperienza. E non uno spazio 'altro', ma un’estensione del  nostro spazio vitale quotidiano.  Così come l’auto, e l’aereo, hanno  esteso l’ambito della nostra esperienza e delle nostre attività e hanno  riconfigurato l’orizzonte entro cui immaginiamo i nostri percorsi  biografici (dove studiare, dove lavorare, dove abitare...).  Spazio,  etimologicamente, contiene l’idea di estensione, allargamento,  oltrepassamento (e non, come siamo invece abituati a pensare, di  "contenitore"). È ciò che si estende tra due termini; quindi, in un  certo senso, un medium  (ciò che sta in mezzo).
Parlare  di porte e di spazio significa innanzitutto, come ha sottolineato padre  Antonio Spadaro nel suo primo commento al tema del messaggio, optare  per una concezione decisamente realista della rete: digitale non è  uguale a fittizio, inautentico, alienato. Al contrario, la rete è uno  spazio di esperienza. E non uno spazio 'altro', ma un’estensione del  nostro spazio vitale quotidiano.  Così come l’auto, e l’aereo, hanno  esteso l’ambito della nostra esperienza e delle nostre attività e hanno  riconfigurato l’orizzonte entro cui immaginiamo i nostri percorsi  biografici (dove studiare, dove lavorare, dove abitare...).  Spazio,  etimologicamente, contiene l’idea di estensione, allargamento,  oltrepassamento (e non, come siamo invece abituati a pensare, di  "contenitore"). È ciò che si estende tra due termini; quindi, in un  certo senso, un medium  (ciò che sta in mezzo).
Trasportare  l’esperienza attraverso diversi tipi di spazio, lo diceva già Marshall  McLuhan, significa tradurla: lasciarla andare per riafferrarla in un  modo nuovo. Tutti i media per McLuhan sono metafore, e metafora viene da   meta-ferein,  trasportare. Ha a che fare dunque con lo spazio e con il  movimento di trasformazione e superamento che esso consente. Ma a spazi  differenti si accede attraversando dei passaggi: delle porte, appunto.   Anche l’etimologia di 'porta' è illuminante. Da un lato è legata al  'sollevare' (l’aratro che tracciava il perimetro delle mura della città  si sollevava in corrispondenza del punto in cui dovevano essere le  porte), dall’altro all’attraversamento (la porta unisce/distingue due  spazi eterogenei: il pubblico e il privato, il profano e il sacro...).  Segna dunque una discontinuità, ma insieme un’unità. Ed è l’essere umano  con le sue azioni, con i suoi spostamenti che disegnano – come scriveva  Michel De Certeau – traiettorie di significato, con i suoi gesti di  attraversamento a unificare gli spazi eterogenei.
La porta  (l’interfaccia) per quanto facile da attraversare (anche se le barriere  architettoniche-digitali sono ancora troppe), collega dimensioni dello  spazio che sono eterogenee. Ma questo non significa che una sia falsa e  l’altra vera, una autentica e l’altra no. Al contrario, significa che  chiudere la porta a una delle due dimensioni oggi limita la nostra vita,  sociale ma anche cognitiva e persino spirituale, perché ci preclude la  possibilità di capire cosa la rete ci insegna sul modo di pensare la  fede oggi. Lasciare il digitale fuori dalla porta per timore dei suoi  rischi, o autorinchiudersi in un mondo prevalentemente online  dimenticandosi del resto, sono oggi due derive da evitare.
Le  porte segnano una discontinuità e l’attraversamento ci rende più umani.  Ma vanno lasciate aperte. Un movimento che molti hanno dimenticato,  preferendo rinchiudersi nei mondi autoreferenziali del materialismo,  dell’individualismo, dell’idolatria (l’idolo è il 'tutto pieno' che  appaga con la propria presenza, mentre il simbolo è ciò che apre ad  altro da sé).  La porta è un passaggio verso altro, un affaccio verso un  mondo che ci è meno familiare, ma che possiamo conoscere e rendere  abitabile, cioè degno della nostra umanità. Definire i social network  (che non sono solo Facebook e Twitter) delle porte di verità e di fede  significa predisporci a cogliere le straordinarie opportunità di  rinnovare il nostro sguardo, allargare i nostri orizzonti, ascoltare i  nostri bisogni profondi: di infinito, di andare oltre, di trascendenza  (che è il movimento di "oltrepassare salendo").
Se lo spazio è  ciò che sta in mezzo, che unisce mentre separa, la porta del web può  essere un’occasione, oggi, per percorrere con rinnovato slancio lo  spazio che ci separa dalla nostra umanità più autentica: quella che  Gesù, nel quale è abolita ogni distanza tra cielo e terra, ci ha  mostrato. 				    
 
            