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Bartolomeo: con la secolarizzazione il Natale ha perso colore

Nel Messaggio per il Natale, il Patriarca ecumenico di Costantinopoli ricorda il senso dell'incarnazione da parte di un Dio che non fa scomparire le sventure ma rende l'uomo più vero. Intensi i pensieri dedicati a chi soffre per il coronavirus, così come pregnante è l'analogia tra il personale medico e il clero: i loro 'camici' sono entrambi simbolo di sacrificio e spirito di servizio

E’ dalla considerazione del contesto pandemico che stiamo vivendo e dalle conseguenze delle restrizioni sanitarie anche sulla vita ecclesiastica, che il messaggio per il Natale del Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo, prende le mosse per il tradizionale augurio alla vigilia della nascita di Gesù.

Con la secolarizzazione il Natale ha perso colore

La relazione più intima del popolo cristiano con Cristo non viene intaccata dalle condizioni esteriori, queste diverse, con cui sarà celebrato il Natale 2020. E’ la precisazione con cui si apre il messaggio, nel quale si sottolinea che “nelle società secolarizzate, il Natale ha perso colore, l’hanno reso la festa del consumo ostentato e della mondanità”. Una premessa con cui Bartolomeo ricorda che “l’autentica festa cristiana del Natale costituisce oggi un atto di resistenza alla secolarizzazione della vita e all’indebolimento o alla morte della coscienza del mistero”.

L’onore per l’uomo di essere un “dio racchiuso”

Il Patriarca rammenta che “nella incarnazione del Logos si rivela il contenuto, l’obiettivo e lo scopo della esistenza umana” e aggiunge che “il Dio più che perfetto esiste come uomo perfetto perché possiamo esistere al modo di Dio”. Citando un testo di Atanasio il Grande, torna al senso dell’incarnazione: Dio, si è fatto uomo, affinché noi diventassimo dei. “L’uomo è - secondo la espressione profonda di San Gregorio il Teologo - un dio racchiuso, un vivente deificato. Questo è il più alto onore per l’uomo – precisa Bartolomeo - che dà alla sua esistenza un valore senza pari. In Cristo, tutti gli uomini sono chiamati alla salvezza”. Alla luce di tali acquisizioni, entra in gioco allora quello che Bartolomeo definisce “un capovolgimento determinante nel campo dell’antropologia, nella gerarchia dei valori, nella considerazione dei principi morali. Da allora, chiunque tocca l’uomo, si volge contro Dio”. E, ancora, sottolinea che “Natale è tutta la vita divino-umana della Chiesa, nella quale Cristo continuamente vive come Colui che era, è e sarà. Colui che è nelle braccia della Madre è colui che è nel seno del Padre”, come scrive Nicola Cabasilas.

I camici dei medici e del clero: simboli del servizio agli altri

“Festeggiamo il Natale, pregando per i nostri fratelli che sono in pericolo o ammalati”: il pensiero di Bartolomeo non può non andare a chi attraversa la notte del dolore. Il Patriarca esprime ammirazione per l’abnegazione dei medici e degli infermieri e di tutti coloro che contribuiscono ad affrontare la pandemia. Si rallegra laddove constata che il malato viene avvicinato “come una persona sacra e non viene trasformato in un numero, in un caso, in un oggetto, in una unità biologica impersonale. Come è stato detto in modo molto opportuno, il “camice bianco” dei medici è un “rasson bianco”, manifesta la rinuncia all’”io” per il fratello, il “cercare l’utile altrui”, la dedizione totale per colui che soffre. Accosta i due camici, del medico e del sacerdote, simboli entrambi di sacrificio e di spirito di servizio.

La pandemia ha mostrato la forza della solidarietà

Nel suo messaggio per il Natale, Bartolomeo insiste sui confini del titanismo dell’attuale uomo-dio e afferma che la crisi sanitaria li ha smantellati, di fatto,  mostrando dall’altra parte la potenza della prossimità a chi è nel bisogno. Si sofferma sull’impegno della Chiesa nell’assistenza attiva, in quello che è lo spirito del Buon Samaritano, e auspica che durante il prossimo anno si possano realizzare le manifestazioni, programmate per il 2020, per il "rinnovamento pastorale e la debita cura per la gioventù", una età piena di sogni e domande esistenziali dove si forma l’ideale di fraternità umana.

Il nostro Salvatore non è un “Deus ex machina”

Il messaggio di Bartolomeo si conclude con la precisazione che il Dio di cui celebriamo la venuta non fa scomparire le sventure né distrugge la nostra libertà. Il Dio che attendiamo in Gesù è Colui che fa divenire vero l’uomo, attraverso la Chiesa. In essa, infatti - scrive Bartolomeo – “l’uomo si rinnova tutto, non viene aiutato semplicemente, ma diviene vero, vive il suo destino divino”. 

Antonella Palermo – Città del Vaticano

© www.vaticannews.va, giovedì 24 dicembre 2020