Cardinale Comastri: aiutiamo e ringraziamo i sacerdoti
Un’occasione importante non solo per i sacerdoti di riflettere sulla preziosità del loro ministero per i credenti e per l'umanità intera ma anche un invito a tutti i fedeli perché siano consapevoli dell’aiuto che debbono offrire ai loro pastori.
La fatica ‘bella’ di essere sacerdoti
“Il sacerdote - ricorda Papa Francesco - è il più povero degli uomini se Gesù non lo arricchisce con la sua povertà, è il più inutile servo se Gesù non lo chiama amico, il più stolto degli uomini se Gesù non lo istruisce pazientemente come Pietro, il più indifeso dei cristiani se il Buon Pastore non lo fortifica in mezzo al gregge. Nessuno è più piccolo di un sacerdote lasciato alle sue sole forze”. Per questo la Giornata mondiale di santificazione sacerdotale trova compimento nella Festa del Sacratissimo Cuore di Gesù, come ci spiega il cardinale Angelo Comastri, arciprete della Basilica di San Pietro, vicario generale del Papa per la Città del Vaticano.
Ascolta l'intervista al cardinale Angelo Comastri
R. – È giusto il legame tra il cuore di Gesù e il sacerdozio. Infatti, i sacerdoti sono un dono dell’amore di Dio. Diceva il Curato d’Ars che “un santo sacerdote è il più bel dono che Dio possa fare al suo popolo”.: Pensiamo a san Vincenzo de Paoli, al bene che ha fatto: era un sacerdote. Pensiamo a don Giovanni Bosco, al bene che ha fatto e alle indicazioni che ha dato nell’educazione dei giovani: era un sacerdote. Pensiamo a don Luigi Orione: riuscì a colpire anche il giovane Ignazio Silone. Pensiamo a don Carlo Gnocchi: dopo aver dato tutto, per testamento ha donato anche gli occhi. Pensiamo a Don Oreste Benzi. Solo alcuni esempi e potrei citarne tantissimi. Certo, c’è anche il mistero di Giuda, ma non dimentichiamo: se c’è un Giuda, gli altri undici sono morti martiri. C’è un prezzo che il sacerdozio paga anche alla fragilità umana, ma quanti santi sacerdoti, quanta bellezza di sacerdozio c’è in giro. Ringraziamo il Signore: è un dono del cuore di Gesù.
Ricordare sempre il bene che fanno i sacerdoti, però è innegabile che viviamo in tempi difficili di discernimento nella Chiesa e sovente i sacerdoti sono sotto attacco nel loro ministero: che cosa può aiutarli oltre alla preghiera che Papa Francesco chiede sempre a tutti i fedeli?
R. – Un sacerdote deve prima di tutto credere nella missione che ha ricevuto da Gesù. Quando un sacerdote crede nella missione che ha ricevuto da Gesù supera qualsiasi difficoltà. C’è una citazione che può far sorridere: il cardinale Pietro Maffi è stato vescovo di Pisa, una città difficile, dal 1903 al 1931. In quei tempi, soprattutto dopo la Prima Guerra Mondiale, c’era molto anticlericalismo in giro. Una volta, passando in città, sentì gridare: “Abbasso i preti!” E lui si girò e disse: “Avete ragione, perché sono molto in alto. Alzatevi anche voi dal fango e allora staremo allo stesso livello”. Certe volte bisogna rispondere solo così. La preghiera aiuta, ma anche la consapevolezza che la missione che noi abbiamo è una missione straordinaria. Riporto una confidenza che mi fece don Oreste Benzi, che mi disse: “Quando aiuto una persona, quando la assolvo, mi sembra che Gesù stesso usi la mia mano, usi il mio cuore per parlare, per assolvere, per perdonare. Sapesse che esperienza bella che è, che emozione che si prova”. Ecco, il sacerdote deve avere questa consapevolezza, e non avrà paura di niente.
Eminenza, lei ha citato la figura di Giuda. Sovente i sacerdoti in questo periodo tribolato, in cui sono emersi gli scandali, degli abusi sessuali nella Chiesa, dicono di sentirsi scoraggiati, forse anche perché isolati.
R. – Molto spesso, per un aereo che cade, ci sono mille aerei che invece fanno bene il loro percorso. Però si sottolinea soltanto l’aereo che cade; quelli che invece arrivano a destinazione nessuno lo dice. Molto spesso devo dire che c’è una vera persecuzione nel sottolineare una fragilità, senza mai dire niente del bene che fanno gli altri. Ma questo è un prezzo che dobbiamo pagare: è accaduto sempre così, non dobbiamo scoraggiarci.
Papa Francesco ha di recente raccolto le sette omelie rivolte ai sacerdoti durante le Messe crismali in un libretto intitolato: “La nostra fatica è preziosa per Gesù”. Ecco, vuol dire che i sacerdoti devono essere pronti a faticare?
R. – Certo, ma è una fatica bella. Cito Einstein, lui era ebreo, sicuramente era credente ma non un fervente credente. Eppure ha detto: “Soltanto una vita vissuta per gli altri è una vita che merita di essere vissuta”. Il sacerdote, vivendo per gli altri, certamente fa una fatica. A volte le giornate di un sacerdote sono letteralmente aggredite, assalite, da mille richieste. Però è bello spendersi. Madre Teresa una volta mi confidò: “Sai, molti mi chiedono perché io non prendo mai le ferie. Io rispondo: ‘Non ho bisogno di ferie perché i miei giorni sono tutti festivi. Fare del bene è una festa’”. E questo lo può ripetere anche il sacerdote, però la fatica non peserà, ma sarà una fatica bella.
La Giornata della santificazione sacerdotale deve essere un’occasione per avere da parte di tutti uno sguardo di misericordia verso i nostri sacerdoti?
R. – Certamente e soprattutto vanno aiutati. E, qualche volta dire loro un ‘grazie’, fare un apprezzamento, anche una preghiera, perché la preghiera è sempre un grande dono, questo fa bene al sacerdote. Io per esempio incontro tantissima gente e quando a volte qualcuno mi dice: “Ho sentito nella sua omelia quella parola, che mi ha fatto bene”. Questo mi gratifica, mi consola e mi incoraggia. Ecco, qualche volta bisogna dare anche un incoraggiamento ai sacerdoti.
Roberta Gisotti – Città del Vaticano
© www.vaticannews.va, venerdì 28 giugno 2019