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Charitas Christi urget nos

La redazione del “Notiziario Diocesano”, a pochi giorni dalla sua consacrazione a vescovo di Cassano all'Ionio, ha rivolto a don Francesco Savino alcune domande

Il Santo Padre Papa Francesco ha nominato vescovo di Cassano all’Ionio, don Francesco Savino, Parroco-Rettore del Santuario dei "Santi Medici" in Bitonto.

Lo ha annunciato lo scorso 28 febbraio alle ore 12.00 l'Arcivescovo di Bari-Bitonto, mons. Francesco Cacucci nell'aula magna dell'Istituto di Scienze Religiose "Odegitria" di Bari.

Don Francesco succede a mons. Galantino, che coprirà stabilmente e definitivamente il ministero di Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana.

Nel pomeriggio di sabato 2 maggio, nel Santuario dei Ss. Medici in Bitonto l'Ordinazione Episcopale.

La redazione del “Notiziario”, a pochi giorni dalla sua consacrazione a vescovo ha rivolto a don Francesco alcune domande:

 

  • Quando e in che contesto ti è arrivata la comunicazione del Santo Padre Francesco nello sceglierti come Vescovo di Cassano all’Jonio?

Sono stato informato della mia nomina di Vescovo di Cassano all’Jonio soltanto giorni prima del 28 febbraio, quando il nostro Arcivescovo, don Franco Cacucci, ha dato la notizia della scelta operata per me da Papa Francesco.

Ed è successo mentre ero preso dalla mia quotidianità di servizio segnato dall’ascolto della Parola di Dio, dalla preghiera, dallo studio e dalle varie attività.

 

  • Come vivi questi giorni di attesa del giorno della tua consacrazione episcopale?

Continuo a svolgere il Ministero di parroco-rettore della ricca e variopinta realtà ecclesiale di cui sono responsabile ma non posso non esprimere i sentimenti di timore che provo.

Le riunioni del Consiglio Pastorale Parrocchiale, del Consiglio per  gli affari economici della Parrocchia, del Consiglio di Amministrazione del Santuario e della Fondazione si sono succedute mentre svolgevo le tappe già organizzate per il cammino quaresimale della Comunità; ho celebrato il sacramento della Riconciliazione dei bambini di III elementare che vivevano quest’anno il primo abbraccio misericordioso del Padre che perdona, ho celebrato i riti della Settimana Santa incontrando tanti fedeli nella confessione; potrei ancora continuare ma non è importante descrivere lo svolgimento del mio impegno quanto piuttosto dire che mi abita una certezza: Dio mi vuole bene ed io sono innamorato di Gesù Cristo e della sua Chiesa.

 

  • Nel saluto, il giorno della tua nomina hai detto una frase significativa: «I poveri, gli ultimi, mi hanno evangelizzato… mi hanno convertito». Quanto ha influito in questa affermazione la tua esperienza come rettore nella Parrocchia-Santuario dei Santi Medici in Bitonto?

È l’amore che sento su di me, sulla mia carne, che avvolge le mie debolezze e le sostiene, è solo questo amore che mi illumina e incoraggia a prestare attenzione ed ascolto a tutti coloro che incontro sulla mia strada. In particolare i più deboli, i più poveri o impoveriti: essi mi hanno evangelizzato e mi convertono costantemente.

In loro, nelle loro condizioni di uomini e donne in difficoltà economiche, senza casa, con gli abiti logori e stracciati, talvolta perfino affamati; nei volti di donne il cui pudore non è stato rispettato; nei bambini che piangono lacrime innocenti, negli anziani soli e abbandonati in misere condizioni, negli infermi che sentono approssimarsi la fine dell’esistenza, nei detenuti che mi hanno voluto incontrare, trovo la gioia di riconoscere il volto di Cristo sofferente. L’ho toccato nella loro carne e l’ho sentito nei loro racconti di dolore.

E con loro e in loro ho visto rinascere la speranza, di nuove possibilità, di certezze che non tramontano mai, nonostante tutto, di solidarietà e condivisione di quello che si è.

I poveri non dubitano, non fanno molti ragionamenti, si affidano quando comprendono che qualcuno li ama.

I poveri mi hanno conciliato con le mie debolezze, con i miei limiti e me li hanno fatti accettare.

Tante volte sono stato rimproverato anche violentemente perché non potevo risolvere le problematiche che mi avevano consegnato, richiedevano un lavoro, una casa, del denaro per  uscire dalla morsa degli strozzini: non avevo e non ho soluzione.

Ma ho capito che ciò che “cura” la povertà è la grande ricchezza che offrì Pietro alla porta del tempio all’uomo che chiedeva l’elemosina: Gesù Cristo.

 

  • Il motto che hai scelto è “Charitas Christi urget nos”: vuoi spiegarne il significato?

Charitas Christi urget nos”. Ho scelto questa espressione paolina perché la Carità mi accompagna sin dai miei anni giovanili, quando studente del liceo-ginnasio “Carmine Sylos” di Bitonto, ho incontrato la figura esemplare di San Vincenzo de Paoli grazie al mio professore di latino e greco Ottavio Leccese, e a don Francesco Fornelli, mio parroco ed insegnante di Religione.

Da quell’esperienza entusiasmante di prossimità con le famiglie disagiate ho imparato che “nessuno può essere felice da solo”, come sosteneva Roul Folleraul, e che è proprio nel codice genetico di battezzati nel nome di Cristo la condivisione con tutti di quanto si è e di quanto si ha.

Infine, l’ultima sollecitazione l’ho ricevuta da Mons. Cacucci che in quest’anno pastorale ha proposto la riflessione su Nicodemo: in questa figura l’incontro con Gesù, pur tra tante incertezze umane, fa maturare la decisione di avvicinarsi al corpo santo di Cristo con oli profumati acquistati a caro prezzo.

La decisione di Nicodemo di “mettere mano al portafogli”, come si direbbe oggi, è un forte richiamo per i pochi ricchi, sempre più ricchi, che si accaparrano tutte le risorse del nostro pianeta, affamando tantissimi che muoiono per la brutta malattia moderna: l’egoite.

Noi che spezziamo ogni giorno il Corpo di Cristo sull’altare e lo mangiamo, non possiamo essergli fedeli senza spezzare il pane e il companatico con i nostri fratelli che hanno fame.

E coloro che Dio Padre sceglie per spezzare anche la propria vita e per restituirla a Lui condividendola in Cristo con i fratelli, sono davvero felice.

 

  • Lech-Lecha Vattene! Come Abramo, anche tu hai obbedito al comando del Signore di andare via per un luogo…sconosciuto. Sappiamo l’affetto e la vicinanza per la tua amata Bitonto. Quanto difficile è il distacco?

Il distacco è davvero difficile. Non mi spaventa tanto il luogo… sconosciuto, anche perché ora disponiamo di mezzi di comunicazione che Abramo non poteva neanche sognare.

Da Bitonto, città in cui sono nato, non mi sono mai spostato se non per brevi periodi. Sono stato sempre vicino alla mia famiglia. Sono radicato nel contesto sociale ed ecclesiale del mio territorio, ne conosco benissimo pregi e difetti. Ed amo la Comunità del Santuario.

Ora mi viene chiesto di rinunciare ad essa, di rinunciare a tutti i legami affettivi che mi hanno alimentato, alle cure premurose delle mie tre sorelle, alla frequentazione dei miei tre cognati, nipoti e pronipoti.

Come ad Abramo fu chiesto il sacrificio di Isacco, anche a me viene chiesto di rinunciare a quanto pensavo fosse il mio futuro.

Ma anche “il mio Isacco” mi sarà salvato dalla cura e attenzione di Dio Padre e mi aspetta un’altra terra, altri fratelli e sorelle, una nuova avventura.

 

  • Una nuova avventura, ma anche una nuova responsabilità. Timori e tremori anche per una eredità pesante come quella di sostituire Mons. Galantino…

Succedere a Mons. Galantino non sarà facile perché in me a Cassano all’Jonio vorranno continuare a vedere lui, ad incontrare la sua affabilità, a sentire i suoi incoraggiamenti. È così. E in questo non penso di sostituirlo.

Vado a seguire il tracciato che ha lasciato, sicuro che su quelle orme ha camminato e continuerà a comminare il Risorto che ci precede e ci attende sempre in Galilea.

 

  • Le prospettive profetiche: di quale messaggio e missione sarà portatore Mons. Francesco Savino?

Il messaggio è la Buona Novella: Cristo ha patito per me, per te, per tutti fino alla morte, spogliandosi della sua divinità per stabilire una nuova alleanza tra cielo e terra, tra umanità e divinità, per sconfiggere le tenebre, primeggiare sul male, vincere la morte e farci come Lui.

Il profumo del Signore Risorto si spande nell’aria  di questa primavera così lenta a venire quest’anno; a noi il compito che è sempre profetico, di indossare non soltanto questo profumo salvifico, ma di farci anche trasparenza della Sua misericordia, e di non tradire la Sua missione di evangelizzazione.

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