Chiese cristiane in Italia: “È urgente formare una nuova coscienza ecologica tra i credenti”
Cattolici, ortodossi, protestanti, ebrei, e anche una piccola rappresentanza musulmana. Le religioni del Libro e le Chiese cristiane hanno unito la loro voce perché la crisi dell’ambiente è seria e, se l’umanità vuole consegnare un futuro ai suoi figli, deve al più presto cambiare rotta, invertire sistemi di produzione e stili di vita ma soprattutto sensibilizzare le coscienze alla posta in gioco. Con queste prospettive e sfide si è aperto a Milano il convegno “Il tuo cuore custodisca i miei precetti. Un creato da custodire, da credenti responsabili in risposta alla Parola di Dio”, promosso dall’Ufficio Cei per l’ecumenismo e il dialogo in collaborazione con la Federazione delle Chiese evangeliche in Italia, l’arcidiocesi ortodossa di Italia del Patriarcato ecumenico, la diocesi copto-ortodossa di san Giorgio, la Chiesa di Inghilterra, la diocesi ortodossa romena.
Oltre 300 persone si confronteranno per tre giorni sulle grandi sfide del pianeta e sulle responsabilità dei cristiani, percorrendo un cammino a tappe che partendo dalla responsabilità affidata da Dio all’uomo di custodire il creato giunge alla “denuncia dei percorsi sbagliati” e alla “proposta di un cammino nuovo”. “È un problema serio, di cui essere consapevoli”, ha detto mons. Ambrogio Spreafico, vescovo di Frosinone e presidente della Commissione Cei per l’ecumenismo e il dialogo in apertura dell’incontro. “Abbiamo lottato fino ad oggi per la giustizia sociale. Ora ci stiamo rendendo sempre più conto che la giustizia sociale è strettamente legata alla giustizia nel creato. I 230 milioni di migranti climatici previsti nel 2050 sono frutto di quello che noi abbiamo combinato negli ultimi decenni, una insensata distruzione dei delicati equilibri del clima e degli ecosistemi”.
A Milano, si sta dando voce al grido della Terra, evocando l’innalzamento dei mari e gli ultimi disastri ambientali che hanno tragicamente ferito anche il nostro Paese, dall’estremo Nord-Est alle isole.
Da anni, le Chiese sono impegnate sul fronte della salvaguardia del creato. Tra i pionieri di questo impegno per “la casa comune”, spiccano la figura del Patriarca ecumenico Bartolomeo e di Papa Francesco. Il 1° settembre è il giorno dell’anno dedicato alla salvaguardia del creato. Oggi le Chiese guardano con preoccupazione e interesse alla Cop24, la prossima Conferenza mondiale sul clima, che si svolgerà a dicembre a Katowice, in Polonia. Hanno promosso diverse iniziative di pressione sui leader mondiali e di sensibilizzazione dell’opinione pubblica mondiale: appelli, incontri, addirittura un pellegrinaggio ecumenico a piedi partito ad ottobre ad Assisi. “Il tema della salvaguardia del creato ci coinvolge tutti”, conferma don Giuliano Savina, neo-direttore dell’Ufficio Cei per l’ecumenismo e il dialogo. “Siamo chiamati oggi a dire cose importanti su questi temi per aiutare questa Europa e questo mondo a ridare dignità alla terra e all’uomo che è stato chiamato ad abitare la terra”.
Contemplare, custodire, denunciare, proporre: questi “i verbi” – dice don Savina – che guideranno le riflessioni di questi giorni.
Il convegno è stato aperto da un video-messaggio del Patriarca ecumenico Bartolomeo I. “La crisi ecologica non è solamente un fatto economico, politico e nemmeno tecnologico, ma rivela primariamente una crisi teologica e spirituale”, dice Bartolomeo che lancia una denuncia molto forte. “Abbiamo ignorato la creazione come un dono sacro fattoci da Dio. Abbiamo abusato, trattando la creazione come nostra proprietà, secondo i nostri desideri e non quelli di Dio, a volte non la condividiamo con gli altri, specialmente con i poveri”. Questo è il motivo che ha spinto Papa Francesco e Bartolomeo a lavorare insieme per “far conoscere l’impatto delle implicazioni del cambiamento del clima”. Le Chiese dicono no alla manipolazione delle limitate risorse del pianeta e alla “avidità per i profitti del mercato”. Ma la crisi ecologica non deve essere motivo di rassegnazione oggi. Al contrario, l’umanità deve reagire. “Lo dobbiamo a Dio”, incalza Bartolomeo.
“Lo dobbiamo alla nostra fede e alla Chiesa ma lo dobbiamo anche ai nostri bambini, perché siamo obbligati a ricordare che non solo la presente ma anche le future generazioni hanno diritto di godere della natura dei boschi dataci dal creatore”.
Anche il teologo protestante Jurgen Moltmann invita le Chiese “a fare tutto quello che è nelle nostre possibilità per permettere ai nostri figli e ai figli dei nostri figli, di vivere”. E il pastore Luca Negro, presidente della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia, insiste:
“Le Chiese cristiane hanno capito l’urgenza di questa crisi”.
“Hanno capito che la fede cristiana ci lega a essere custodi di questa terra, ma per esserlo pienamente le Chiese devono lavorare e formare una nuova coscienza ecologica tra i credenti, a partire addirittura dalla liturgia, sottolineando continuamente che Dio è il creatore, che l’uomo è creatura tra le creature con un compito specifico: quello di essere custode della creazione”.
M. Chiara Biagioni
© www.agensir.it, lunedì 19 novembre 2018