Arcivescovo

S.E. Giuseppe

Satriano

IN AGENDA

"Ci sia sempre un Crocifisso nelle vostre case"

Il Papa all'Angelus ne regala 40 mila: "Non è un oggetto ornamentale ma il simbolo della nostra fede". E ricorda ancora una volta padre Puglisi: "Il suo esempio continui a illuminare tutti noi"

“Oggi, due giorni dopo la Festa della Santa Croce, ho pensato di regalare a voi che siete qui in piazza un crocifisso. Eccolo qui. Il crocifisso è il segno dell’amore di Dio, che in Gesù ha dato la vita per noi. Vi invito ad accogliere questo dono e a portarlo nelle vostre case, nella camera dei vostri bambini, o dei nonni, in qualsiasi parte, ma che si veda nella casa. Non è un oggetto ornamentale, ma un segno religioso per contemplare e pregare”. Dopo l’Angelus papa Francesco ha voluto donare un Crocifisso in metallo argentato, accompagnato da un cartoncino con la scritta: “Nella Croce di Cristo c’è tutto l’amore di Dio, c’è la sua immensa misericordia”. “Guardando Gesù crocifisso”, ha continuato rivolto ai fedeli raccolti in piazza San Pietro, “guardiamo la nostra salvezza. Non si paga niente. Se qualcuno vi dice che dovete pagare è un furbo! No, niente! Questo è un regalo del Papa. Ringrazio le suore, i poveri e i profughi che adesso distribuiranno questo dono, piccolo, ma prezioso! Come sempre, la fede viene dai piccoli, dagli umili”.

Il Papa ha ricordato la straordinaria visita a Palermo, in onore del beato Giuseppe Puglisi. “Ieri mi sono recato in visita apostolica a Piazza Armerina e a Palermo, in Sicilia, nell’occasione del 25° anniversario della morte del Beato Pino Puglisi. Un applauso a don Pino! Ringrazio di cuore le Autorità civili ed ecclesiastiche e tutte le persone che hanno contribuito a rendere possibile questo viaggio. Ringrazio i bravi piloti dell’aereo e dell’elicottero. Ringrazio in particolare i cari vescovi Rosario Gisana e Corrado Lorefice per il loro eccellente servizio pastorale. Ringrazio i giovani, le famiglie e tutto il meraviglioso popolo di questa bellissima terra di Sicilia, per la loro calorosa accoglienza. L’esempio e la testimonianza di don Puglisi continuino ad illuminare tutti noi e a darci conferma che il bene è più forte del male, l’amore è più forte dell’odio. Il Signore benedica voi siciliani e la vostra terra! Un applauso ai siciliani! Nel brano evangelico di oggi, papa Francesco ha spiegato che “ritorna la domanda che attraversa tutto il Vangelo di Marco: chi è Gesù? Ma questa volta è Gesù stesso che la pone ai discepoli, aiutandoli gradualmente ad affrontare l’interrogativo sulla sua identità. Prima di interpellare direttamente loro, i Dodici, Gesù vuole sentire da loro che cosa pensa di Lui la gente – e sa bene che i discepoli sono molto sensibili alla popolarità del Maestro! Perciò domanda: «La gente, chi dice che io sia?»”. Ne emerge che Gesù è considerato dal popolo un grande profeta. “Ma, in realtà, a Lui non interessano i sondaggi e le chiacchiere della gente. Egli non accetta nemmeno che i suoi discepoli rispondano alle sue domande con formule preconfezionate, citando personaggi famosi della Sacra Scrittura, perché una fede che si riduce alle formule è una fede miope”.

“Il Signore”, ha proseguito il pontefice nella sua esegesi, “vuole che i suoi discepoli di ieri e di oggi instaurino con Lui una relazione personale, e così lo accolgano al centro della loro vita. Per questo li sprona a porsi in tutta verità di fronte a sé stessi, e chiede: «Ma voi, chi dite che io sia?» (v. 29). Gesù, oggi, rivolge questa richiesta così diretta e confidenziale a ciascuno di noi: “Tu, chi dici che io sia? Voi, chi dite che io sia? Chi sono io per te?”. Ognuno è chiamato a rispondere, nel proprio cuore, lasciandosi illuminare dalla luce che il Padre ci dà per conoscere il suo Figlio Gesù. E può accadere anche a noi, come a Pietro, di affermare con entusiasmo: «Tu sei il Cristo». Quando però Gesù ci dice chiaramente quello che disse ai discepoli, cioè che la sua missione si compie non nella strada larga del successo, ma nel sentiero arduo del Servo sofferente, umiliato, rifiutato e crocifisso, allora può capitare anche a noi, come a Pietro, di protestare e ribellarci perché questo contrasta con le nostre attese, con le attese mondane. In quei momenti, anche noi meritiamo il salutare rimprovero di Gesù: «Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini»”.

Per Francesco “la professione di fede in Gesù Cristo non può fermarsi alle parole, ma chiede di essere autenticata da scelte e gesti concreti, da una vita improntata all’amore di Dio, di una vita grande, di una vita con tanto amore per il prossimo. Gesù ci dice che per seguire Lui, per essere suoi discepoli, bisogna rinnegare sé stessi, cioè le pretese del proprio orgoglio egoistico, e prendere la propria croce. Poi dà a tutti una regola fondamentale. E qual è questa regola? «Chi vorrà salvare la propria vita la perderà. Spesso nella vita, per tanti motivi, sbagliamo strada, cercando la felicità solo nelle cose, o nelle persone che trattiamo come cose. Ma la felicità la troviamo soltanto quando l’amore, quello vero, ci incontra, ci sorprende, ci cambia. L’amore cambia tutto! E l’amore può cambiare anche noi, ognuno di noi. Lo dimostrano le testimonianze dei santi”.

© www.famigliacristiana.it, domenica 16 settembre 2018