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Convegno Ecclesiale Regionale. Intervista a Mons. Michele Castoro

La Chiesa di Puglia si prepara al terzo Convegno Regionale sul tema "I laici nella Chiesa e nella società pugliese oggi", in programma a San Giovanni Rotondo dal prossimo 27 aprile al 30 aprile. Oltre 350 delegati dalle 19 Diocesi regionali si interrogheranno sui temi del laicato cattolico (Educatori, Corresponsabili, Testimoni) per aprire un confronto che sappia coinvolgere le identità e le istituzioni sociali dalla famiglia, all'associazionismo, alla pubblica amministrazione, al mondo dell'economia e del lavoro, alla luce di una attuale riproposizione del Vangelo. Sono state realizzate delle interviste ad alcuni Vescovi sulle nove aree di discussione in cui si articolerà il convegno stesso.

puglia2.jpgIntervista a Mons. Michele Castoro, Arcivescovo di Manfredonia – Vieste – San Giovanni Rotondo, Presidente della Fondazione Casa Sollievo della Sofferenza e Direttore Generale dell’Associazione Internazionale Gruppi di Preghiera di San Pio da Pietrelcina, in preparazione del III Convegno Ecclesiale regionale di san Giovanni Rotondo (27 - 30 aprile 2011) sul tema: " I laici nella Chiesa e nella società pugliese oggi".

 

250px-CASTORO.JPG- La Quaresima è tempo propizio per vivere la sobrietà. Come il laico cristiano può declinare questo invito nell’uso dei beni?

Siamo continuamente tentati, oggi, dall’avidità insaziabile di danaro, dalla bramosia del possesso sempre più grande, che, come ha scritto Benedetto XVI  nel messaggio  per la Quaresima 2011, provoca “violenza, prevaricazione, morte … ed offusca il primato di Dio … spoglia l’uomo, lo rende infelice, lo inganna, lo illude …”. La Chiesa, madre e maestra, raccomanda ai suoi figli l’esercizio delle pratiche della carità attraverso cui i cristiani - sacerdoti, consacrati e laici - possono manifestare condivisione e attenzione verso l’altro perché l'elemosina fatta ai poveri è una testimonianza di carità fraterna, ma è anche un'opera di giustizia che piace a Dio.

Chi segue Gesù Maestro si impegna a camminare nella via della libertà dall’egoismo, nella logica del dono e dell’amore, attraverso una vita più sobria che incarna e testimonia gli autentici valori evangelici. E’ opportuno ricordare che il benessere non può essere calcolato solo in termini di danaro, ma dipende dalla qualità della nostra cultura, dalla forza delle nostre relazioni, dalla capacità di saper donare e condividere ciò che gratuitamente abbiamo ricevuto.

Le statistiche ci dicono che spendiamo molto in cose futili e noi cristiani non siamo da meno degli altri, soprattutto in occasione delle feste nuziali o di prima comunione, con spese sempre più gravose per pranzi, abiti costosissimi, servizi fotografici e tutto il resto. Forse, vestiti sobri, amici e parenti più intimi, meno fronzoli inutili, possono inaugurare stagioni più sagge, più degne di un popolo maturo e sensibile, orgoglioso delle radici cristiane. Alcuni giovani ce lo stanno già testimoniando con le loro scelte ispirate al Vangelo, il quale dà coraggio e forza per andare controcorrente.

- Il denaro è un obiettivo, un mezzo o una necessità?

Timori di guerre monetarie sempre all’angolo, che rischiano di travolgere i mercati e di compromettere i risparmi di tanti lavoratori, sono i problemi di fronte ai quali dobbiamo saper alzare la nostra voce ed educare i fratelli trasmettendo interesse e responsabilità nell’uso più corretto del danaro. Perché esso è solo un mezzo, utile per il progresso dell’uomo. “Ogni pratica che riduce le persone a non essere altro che puri strumenti in funzione del profitto, sottolinea il Catechismo della Chiesa Cattolica, asservisce l'uomo, conduce all'idolatria del denaro...”. Dunque, lo sappiamo bene noi cristiani, non possiamo «servire a Dio e a mammona» (Mt 6,24; Lc 16,13): l’uomo stesso è l'autore, il centro e il fine di tutta la vita economica e sociale. Il nodo decisivo della questione sociale è che i beni creati da Dio per tutti in effetti arrivino a tutti, secondo la giustizia e con l'aiuto della carità” (CCC).

- Disoccupazione, precarietà, lavoro nero sono caratteristiche della condizione giovanile soprattutto nella nostra regione. Cosa può fare la comunità cristiana per ridurre ed eliminare questi fenomeni?

La disoccupazione ha raggiunto, oggi, un livello spaventoso: milioni di persone soprattutto giovani e donne si affacciano per la prima volta sul mercato del lavoro per ritrovarsi presto senza alcuna possibilità di occupazione. Sono le moderne “vittime” di un’innovazione tecnologica che sostituisce sempre più velocemente il lavoro umano con le macchine, in tutti i settori e comparti dell’economia mondiale. In Italia il tasso di occupazione, il rapporto cioè tra numero di persone che lavorano e numero della popolazione, è di alcuni punti più basso di quello dell’Unione Europea, e nel nostro Sud è ancora più basso.

Ricordo sempre ai giovani, quando con loro affronto i problemi del lavoro, che la vera materia prima del terzo millennio è il sapere, la qualificazione, sia per chi deve entrare nel mondo del lavoro sia per chi vi è già e vuole rimanervi. Dunque, il sapere è la nuova risorsa strategica.

La povertà e la disperazione aumentano dove c'è solitudine ed individualismo, dove non si investe in educazione ed accompagnamento sociale, dove mancano luoghi di aggregazione e di confronto, dove il cielo si chiude perché manca una prospettiva di senso.

A me che vivo a Manfredonia e che ho la cura pastorale del vasto territorio del Gargano, ad esempio, interessa che i giovani abbiano sempre più spazio nelle comunità per poter progettare e realizzare i loro sogni. Mi sta, ancora, a cuore che la città e il territorio non diventino anonimi e non perdano la loro originalità storica e culturale.

Occorre ricostruire la città dell’uomo non come il luogo dei consumi o dei diritti privatistici, ma come il luogo degli incontri e delle responsabilità condivise, il luogo di accoglienza e aiuto fraterno: questo è uno dei compiti delle comunità cristiane. Il Progetto Policoro avviato in Puglia è un esempio di speranza per il nostro Sud così come lo Sportello antiusura e la Fondazione Buon Samaritano, espressioni autentiche di quella charitas quale “forza straordinaria che spinge le persone a impegnarsi con coraggio e generosità nel campo della giustizia” (Benedetto XVI).

- Come un imprenditore che vuole vivere cristianamente il proprio lavoro può mettere a disposizione dell’intera comunità il suo talento?

L'imprenditore cristiano è prima di tutto un testimone della carità della Chiesa, un servitore dell'amore di Cristo. Ma, come può testimoniare e servire quest'amore nell'oggi della storia, nelle particolari contingenze della quotidianità? Ponendo l'uomo al centro, facendone il fine del lavoro e non il mezzo, spostando cioè l'asse della questione: riducendo il lavoro a semplice mezzo. Così operando, si priva il lavoro della sua mostruosità di fine. Perciò, se è l'uomo il fine del lavoro, allora tutto deve ruotare intorno all'uomo. L'uomo riacquista la sua signoria, la sua dignità, la sua gloria. Il Catechismo della Chiesa Cattolica dice al n. 2432 che "I responsabili di imprese hanno, davanti alla società, la responsabilità economica ed ecologica delle loro operazioni. Hanno il dovere di considerare il bene delle persone e non soltanto l'aumento dei profitti. Questi, comunque, sono necessari. Permettono di realizzare gli investimenti che assicurano l'avvenire delle imprese. Garantiscono l'occupazione".

Il che significa che l'imprenditore cattolico svolge una ben precisa funzione sociale, ha diritto al giusto profitto, ma nel momento in cui pur di aumentare il profitto passa sopra come un rullo compressore ad altre persone, magari rovinandole, compie un atto indegno, e di fatto non è un vero cristiano. 

Se guardiamo ai grandi ricchi, a chi pensa solo ad accrescere il proprio tornaconto, ci accorgiamo che raramente questi sono dei veri imprenditori, più spesso sono degli speculatori, managers, redditieri.

L'imprenditore, nell'attuale società, esercita sempre più un servizio indispensabile allo sviluppo economico, e la sua attività non può essere considerata unicamente una professione, ma una vera e propria "missione" per la responsabilità di cui si è addebitata. Sì, una vera e propria missione sulla linea dell'evangelico padrone della vigna che lungo tutte le ore della giornata si reca sulla piazza per assumere operai per la sua vigna” e che dà ragione dei talenti fatti fruttare.

 

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