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Da 120 anni nel cuore dell'Italia

XXV Congresso Eucaristico Nazionale. Eventi ecclesiali calati nei percorsi della Chiesa in Italia, pur con le loro specificità e il loro impatto sulla società (testimoniato sin dalle origini dall’attenzione dei media), tappe di impegno e di preghiera alle quali lavorano in sintonia clero e laicato, e dove istituzioni e singoli, vescovi e diocesi ospitanti condividono responsabilità, i Congressi eucaristici nazionali, mettono le loro radici nel Belpaese dopo il I Congresso internazionale di Lille in Francia nel 1881

congresso.jpgGli impulsi erano partiti dalla Sede Apostolica, ma direttamente era stato il movimento dei Sacerdoti adoratori a proporne la celebrazione dopo il nuovo assetto con l’Unità d’Italia. Trent’anni dopo, l’avvio. Con l’effetto, di lì a poco, di stabilire una rete fra le diocesi e una coscienza unitaria tra i fedeli. Se poi proprio l’Italia è stata la prima nazione nel mondo a celebrare un Congresso nazionale, la storia degli ormai «venticinque anelli» di questa «catena» fa balzare agli occhi come il desiderio di rendere sensibile la presenza eucaristica alle masse abbia offerto ai cattolici più occasioni per prendere coscienza del loro ruolo rilevante quando sanno incarnare la fede nel sociale. Una storia di 120 anni e che, tra passato e presente, ha visto intrecciarsi le dimensioni della «pietà eucaristica», fra impegno umano e sociale (che sviluppa i doni di Dio per il mondo) e azione pastorale (che salda il vincolo fra Chiesa e sacramento). Con almeno tre cesure che segnano, via via, il superamento di una devozione che viveva del culto eucaristico come qualcosa di isolato ed esclusivo; una crescente interazione tra congressi e rinnovamento liturgico, e, dall’avvio del Concilio a oggi, un ricentramento della stessa «pietà eucaristica» sulla celebrazione: per una piena consapevolezza nei fedeli circa il fulcro del loro Credo. Grazie ad alcuni studi, alle periodizzazioni convincenti di Mauro Vergottini e alla «Guida storica ai Congressi eucaristici nazionali» di Umberto dell’Orto ora edita da Ancora, abbozziamo qui la serie di questi appuntamenti carichi di una valenza anche culturale per le iniziative artistiche, musicali, editoriali, che li accompagnano da sempre. Senza dimenticare quella sorta di filo rosso, della «continuità eucaristica» impregnata di adorazione, missione, sacrificio, testimonianza trasmessa da generazione a generazione, che solo da lontano può leggersi nel quadro di pie tradizioni.

La prima fase: dal 1891 al 1897
Alla prima fase, in un contesto di rinnovamento sociale, possono ascriversi i primi cinque congressi nell’ultimo decennio dell’Ottocento. Tesi innanzitutto ad approfondire il messaggio dei Congressi eucaristici internazionali e un’azione pastorale tutta legata all’Eucaristia, palesano un momento di transizione nella concezione dell’impegno religioso e del ruolo dei cattolici nel Paese. In particolare, dopo la celebrazione del primo a Napoli (nel 1891, sul tema Difesa dell’Eucaristia e del suo culto), secondo le cronache «una grandiosa manifestazione della fede e pietà del popolo cattolico», i congressi si succedettero ravvicinati, uno all’anno, dal 1894 al 1897, radunando migliaia di persone: il II a Torino (1894, L’Eucaristia nella devozione e nel culto), il III a Milano (1895, L’Eucaristia, presenza del Redentore), il IV a Orvieto (1896, L’Eucaristia e l’azione sociale), il V a Venezia (1897, Fede, storia, culto dell’Eucaristia). Successivamente, esigenze di maggior organizzazione imposero una pausa che parve cessare alla fine del 1913 quando, in una riunione a Roma, i Sacerdoti adoratori – già indicati alle origini dei congressi – gettarono le basi per un apposito comitato (di fatto un sottocomitato di quello per i Congressi eucaristici internazionali), che ebbe poi i suoi statuti (approvati nel 1927). In realtà furono necessari altri sette anni prima che i Congressi eucaristici nazionali riprendessero il cammino in Italia.

I sette Congressi tra le due Guerre
Ed è il VI a Bergamo (nel 1920 – dopo la crisi del modernismo, lo scioglimento dell’Opera dei Congressi, la «Grande Guerra» e la morte di Pio X – sul tema Eucaristia e santificazione personale) ad aprire la fase tra i due conflitti mondiali nella cornice della riconciliazione fra Chiesa e Stato. Altri sette congressi (il primo sotto il pontificato di Benedetto XV, gli altri sei sotto quello di Pio XI) con celebrazioni e processioni affollate, in analogia, ma anche concorrenza, con i riti e le parate del regime. Eccoci dunque a Genova, con il VII (nel ’23, su Cristo, mediatore tra Dio e gli uomini, per la prima volta con la figura del legato pontificio e le rappresentanze del governo e autorità, poi presenze abituali); a Palermo con l’VIII (nel ’24 , titolo: Gesù nell’Eucaristia è l’Emmanuele); a Bologna, con il IX (nel ’27, tema: Dottrina e vita eucaristica in Italia, celebrato con ricchezza di mezzi); a Loreto con il X (nel ’30, dopo il Concordato, tema: La santissima Eucaristia e la famiglia cristiana); a Teramo (nel ’35, su L’Eucaristia nella Sacra Scrittura, essendo le zone abruzzesi oggetto di una forte propaganda protestante). Mentre del tutto particolare fu il successivo congresso, il XII (nel ’37, a Tripoli, senza tema specifico, nel pieno apogeo del fascismo fra slanci di conquista e nazionalismo): propostosi di sottolineare la presenza civilizzatrice dell’Italia romana e cristiana in Africa, guidato da vescovi italiani che tennero missioni popolari per i compatrioti, finì per mostrare un compiacimento della Chiesa nei confronti del regime con il quale pure aveva avuto scontri.

Dal ’51 al ’65, lo slancio ritrovato
Dopo una lunga pausa a causa della Seconda Guerra Mondiale (che fa saltare il progetto di un congresso commemorativo a Pompei nel ’41), i congressi riprendono, nel segno di un rinnovamento dottrinale e di una maggior coesione del mondo cattolico attorno alla sua identità, con i quattro degli anni ’50: il XIII ad Assisi (nel ’51, L’Eucaristia mistero della fede), il XIV a Torino (nel ’53, L’Eucaristia nella società moderna); quindi – preceduto da un preparazione capillare seguita anche da Pio XII (che agevola l’inserimento dei congressi nella vita ordinaria della Chiesa inviando cardinali legati non più dalla curia romana ma da significative diocesi) – il XV a Lecce (nel ’56, su Eucaristia Sacramento di unità e vincolo di carità); il XVI a Catania (nel ’59, tema: Dacci oggi il nostro pane quotidiano, un congresso eucaristico e mariano insieme, congiungendo la consacrazione dell’Italia al Cuore Immacolato di Maria); il XVII a Pisa (nel ’65, tema La presenza reale di Gesù Cristo, con la novità della presenza di Paolo VI che, da poco aveva raccolto l’eredità di Giovanni XXIII e del Vaticano II).

L’eredità del Concilio Vaticano II
Si arriva dunque all’ultima fase nel segno di un generale rinnovamento ecclesiale, con i congressi sempre più eventi di massa. Il XVIII, il primo postconciliare, si celebra a Udine (nel ’72, Eucaristia e comunità locale). Il XIX a Pescara (nel ’77, Il giorno del Signore è la Pasqua settimanale del popolo di Dio) con una novità: la presenza dei nuovi movimenti ecclesiali. Il XX, per la seconda volta a Milano (nel ’83, L’Eucaristia al centro della comunità e della sua missione), vede il nuovo papa Giovanni Paolo II e incontri con tutti gli stati della società civile, della cultura e del mondo del lavoro (dopo questo appuntamento la Cei assume il Comitato tra le espressioni della sua attività ordinarie): «Congressi futuri si celebreranno con l’intervento autorevole ed esemplare della Cei», si legge negli «Atti». Cinque anni dopo, il XXI si svolge a Reggio Calabria (’88, L’Eucarista segno di unità), mentre il XXII a Siena (nel ’94, L’Eucaristia dalla comunione al servizio) ancorato alla «grande preghiera» per l’Italia e l’Europa proposta dal papa ai vescovi nel marzo precedente (mentre si comincia a ravvisare la necessità di aggiornare lo Statuto del 1988, con uno nuovo poi approvato nel ’96). Tutto mediatico, nel segno della comunicazione e della musica, il XXIII congresso, a Bologna (nel ’97, Gesù Cristo, unico salvatore del mondo, ieri, oggi e sempre) con quasi 400mila persone, moltissimi giovani, e rockstar come Bob Dylan davanti a papa Wojtyla. E si arriva – penultimo appuntamento, prima di quello attuale nelle Marche – al XXIV, a Bari (nel 2005, Senza la Domenica non possiamo vivere), con un’alta lezione di teologia eucaristica di Benedetto XVI legata a un appello per l’unità tra i cristiani.

Marco Roncalli
 
© Avvenire, 9 settembre 2011