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Don Sciortino: smascherare la realtà

L'informazione è malata e i fatti rischiano di essere manipolati dalla stampa. Al Festival della comunicazione la testimonianza di don Sciortino, direttore di Famiglia Cristiana.

mentanaok_1623225.jpg“Smascherare la realtà”. Ossia servirsi dell’informazione privata e pubblica per conoscere la realtà senza essere da questa informazione manipolati. Chi segue l’attualità e le vicende del nostro Paese sa che il pericolo di manipolare l’opinione pubblica è alto. I fatti possono essere “rivisti”, “interpretati”, “coartati”, anche in maniera dolce. Proprio di questo hanno parlato questa mattina a Padova, nell’ambito del Festival della comunicazione, pezzi da novanta dell’informazione e della società civile: Enrico Mentana, direttore del Tg de La7, don Antonio Sciortino, direttore di Famiglia Cristiana e Marina Salomon, imprenditrice di successo e donna sempre attenta all’evoluzione della società, non solo italiana.

Moderati da Francesca Ferrari, giornalista della Rai, gli illustri ospiti non hanno mancato di suscitare applausi ma anche perplessità, come quando la Salomon, pur vicina al mondo cattolico e in un impeto di sincerità, rispondendo a don Sciortino che aveva lamentato la mannaia governativa sulla stampa con l’improvvisa decisione del marzo 2010 di togliere i contributi postali per la spedizione dei giornali, ha “accusato” troppa stampa cattolica di essere “vecchia” nei format e nella grafica più che nei contenuti. Accusa rigettata da Francesco Zanotti, presidente della Fisc, presente in sala. Su una cosa però tutti d’accordo: l’informazione in Italia non è indipendente, troppi gruppi economici ne determinano le sorti in un aggrovigliato sistema di interessi e controinteressi che intercetta tutti i “poteri forti”: dal mondo della politica a quello della finanza, da quello dell’economia a quello dello show business.

I tanti esempi citati, in particolare quello del “balletto” avvenuto in questi ultimi anni di importanti direttori di testate nazionali a turno non graditi a questo o quel politico, ne sono la triste cartina di tornasole. «È  una questione bipartisan», ha sottolineato, toccando la vera questione, la Salomon: «Né la destra né la sinistra hanno avuto la volontà in questi decenni di legiferare sul conflitto di interessi, sulla privatizzazione della Rai, sui contributi agli organi di stampa dei partiti. Tutti silenziosi e conniventi». Dunque la sinistra non può storicamente chiamarsi fuori dalla situazione disastrata in cui versa l’informazione italiana. «Informazione», come ha detto Mentana, «in cui la televisione la fa ancora da padrona perché più facile da utilizzare, più immediata, più legata all’appuntamento fisso anche se, non essendo interattiva, non è al top delle preferenze dei giovani, che prediligono sempre più il web».

«Il vero problema è la credibilità di chi informa», ha sottolineato a più riprese don Sciortino, suscitando ripetuti applausi nel pubblico. «Della televisione oggi ci si fida perché è sentita come un garante», ha risposto Mentana, riferendosi implicitamente ai suoi Tg, i cui ascolti hanno raggiunto il risultato eclatante del 10% di share, segno che l’informazione seria e non faziosa è sempre gradita dal pubblico. «I nostri Tg assomigliano invece a delle passerelle in cui portavoce, vice-portavoce e contro-portavoce si mettono in fila ad ogni Tg per dire la loro, senza repliche, senza essere incalzati dai giornalisti su quanto affermano», ha incalzato don Sciortino: «In Germania, solo per fare un esempio, i politici hanno un sacro terrore a presentarsi davanti alle telecamere perché sanno di avere di fronte giornalisti che non sono proni al potere, ma preparati e pronti a metterli alla prova. Giusto il contario di quanto usualmente accade da noi».

Altro tema: la carta stampata è definitivamente in crisi? Don Sciortino ha chiarito che «il compito del settimanale è quello di approfondire le notizie soprattutto in un tempo in cui, bombardati da notizie ogni momento, non siamo per forza più informati sull’attualità e più coscienti del nostro mondo». «Quello che manca», ha proseguito Sciortino, «è avere una chiara priorità di importanza delle notizie. Per questo è fondamentale il mediatore, cioè il giornalista». Ecco allora chiarito, almeno in teoria, il ruolo del giornalista soprattutto oggi, un tempo in cui la faziosità, il tifo e la partigianeria hanno decisamente preso il sopravvento sulla sobrietà e sull’analisi obiettiva della realtà: «Dare la chiave di lettura, il contesto della notizia. Per questo uno degli scopi fondamentali di Famiglia Cristiana è di fare inchieste, di approfondire i temi che riguardano la gente, che espressamente ci chiede il nostro punto di vista per orientarsi, soprattutto vista la superficialità che spesso ammorba il mondo dell’informazione», ha detto concludendo il suo pensiero don Sciortino.

Una critica, poi, è salita dagli ospiti riguardo al nuovo modo di fare informazione, quello dei “talk-show dell’orrore”, come li ha definiti il direttore di Famiglia Cristiana. Le dirette infinite sui casi di cronaca nera più eclatanti che favorisce, è una notizia degli ultimi giorni, una sorta di “turismo dell’orrore” sui luoghi del delitto, quasi imitando un presenzialismo dei politici nei Tg che risponde alla logica del "mi vedono quindi sono".
 
Il futuro dell’informazione? Marina Salomon, che da giovane avrebbe voluto fare la giornalista, ha avvertito  che la concentrazione in poche mani dell’informazione, tipica dell’Italia, è destinata ad estendersi al resto del mondo. Poi, il pubblico del web sono sempre più vecchi. Poi, un’osservazione dell'imprenditrice che non farà molto piacere agli editori: «Un sacco di lettori, anche anziani, abbandonano quotidiani e settimanali e si buttano sul web, perché costa poco. Gli introiti pubblicitari, che da sempre hanno sostenuto la carta stampata, stanno crollando: si pensi che in Italia gli investimenti sul web hanno già superato quelli della radio». Infine un flash sul futuro del giornalismo. Mentana ha riconosciuto che il tanto vilipeso “precariato” è il futuro lavorativo della nostra società, anche dei giornalisti. «Siamo ancora molto legati, io per primo, alla mentalità del posto fisso. Dobbiamo però abituarci all’idea di una situazione lavorativa liquida, in cui sono le nostre competenze e il nostro modo di porci sul mercato a darci le opportunità lavorative». Un avvertimento e un incoraggiamento per i giovani che sognano di diventare giornalisti.

Stefano Stimamiglio
© Famiglia Cristiana, 4 giugno 2011
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