Arcivescovo

S.E. Giuseppe

Satriano

IN AGENDA

Ecco come si sfrutta una madre surrogata

Le regole severe per chi affitta l’utero: esami psichiatrici, non muoversi da casa, dieta prestabilita e consegna immediata del bimbo. In Est Europa contratto-capestro previsto l’aborto

I due cittadini X e Y – entrambi italiani –, «sono denominati “Genitori”». La cittadina Z – di altra nazionalità, specificata – «è denominata “Madre”». Ecco le “Parti”, ma è l’oggetto dell’accordo il punto decisivo del contratto di surrogazione: il “Figlio”. Il documento di cui è entrata in possesso la redazione di Avvenire è stato firmato in una clinica dell’Est Europa e ha portato effettivamente alla nascita di un bambino. Retribuzione e regole di accesso a parte (in alcuni Paesi, per esempio, è consentita solo a coppie eterosessuali, in altri anche a quelle omosessuali) è il contratto standard, con poche variazioni, che viene necessariamente sottoscritto, dall’Europa agli Stati Uniti, quando qualcuno decide di far partorire una donna al posto suo. Servono regole precise, serve metterle nero su bianco per evitare contenziosi. Non può sfuggire alcun particolare.

Oggetto di accordo. «La Madre si impegna: punto 1) a sottoporsi alla procedura d’impianto di embrione (embrioni); punto 2) a gestare l’embrione specificato; punto 3) a partorire il figlio (figli) sviluppato dall’embrione; punto 4) a dare il proprio consenso alla trascrizione dei Genitori in qualità di genitori nell’atto e nel certificato di nascita del figlio entro 3 giorni dalla gestazione». Il cuore del contratto è questo, non c’è bisogno di aggiungere o spiegare nulla. L’oggetto del contratto è il “Figlio”. E se non ci fosse chiarezza sul punto 4, in cui viene evidenziata la necessità che i “Genitori” siano trascritti «in qualità di genitori», il cortocircuito è presto risolto: da una mera denominazione bisogna passare alla formalizzazione del ruolo, spiegano dalla clinica. La sostanza (o la Natura, chiamatela come volete) è ciò che in un contratto di surrogazione non conta nulla: la madre? Non è “Genitore”.

Facoltà e obblighi delle parti.
Per adempiere agli obblighi del contratto le Parti devono prendere degli impegni. Soprattutto la Madre. Il contratto vi dedica tre paginate fitte, a fronte di una mezza riservata ai Genitori. Innanzitutto la Madre deve consegnare ai Genitori tutta l’informazione medica che la riguarda e che «può influire sul figlio in gestazione»: si va dagli esami del sangue e delle urine all’elettrocardiogramma fino «al referto dello psichiatra» e a quello «del dentista ». Particolari che evidentemente contano, quando si acquista un figlio. La vita della Madre, poi, deve adeguarsi al ruolo importante che ora riveste per i Genitori: dovrà «tenere il cellulare sempre acceso e caricato», «rimanere nel luogo di residenza specificato dai Genitori», «essere sempre disponibile all’incontro con i Genitori» (che hanno la facoltà di recarsi «nel luogo suddetto anche senza avvisarla in anticipo»), «seguire rigorosamente il regime di alimentazione prescritto dal medico curante in accordo coi Genitori » (tra cui rientra il divieto di alcol, fumo, medicinali, integratori e rapporti sessuali). Malesseri? Dovrà «avvertire immediatamente Genitori e medico curante» perché potrà assumere soltanto medicinali concordati con loro. È poi proibito alla Madre «interrompere la gravidanza o abortire ad eccezione dei casi in cui ci sia tale necessità per salvarle la vita. Nel caso in cui si evidenzino patologie o malformazioni fetali – qui i particolari diventano agghiaccianti – i Genitori hanno la facoltà di consentire a far abortire la Madre». Obbligo finale e più importante: «Consegnare il Figlio (senza allattarlo) ai Genitori immediatamente alla nascita di esso». Nemmeno il tempo di guardarlo, o stringerlo a sé.

Responsabilità delle parti. I Genitori si impegnano a pagare. Gli articoli che specificano le forme di pagamento e cosa vada pagato sono interminabi-li: quasi due pagine di contratto, abbigliamento della Madre compreso. Che succede, invece, in caso di «inadempimenti»? Si infliggono penali, è ovvio. Ma gli «inadempimenti» in un contratto in cui l’oggetto è un figlio rasentano il disumano: «Nel caso in cui il bambino nasca con malformazioni fisiche o mentali causate da un comportamento colpevole della Madre, quest’ultima decade dal proprio diritto di compensazione», recita il contratto. Il denaro è ciò che conta, nell’accordo. Poi si specifica come «le sorti del Figlio sono esclusivamente a discrezione dei Genitori». Potranno decidere qualsiasi cosa, di quel Figlio. Hanno persino «la facoltà di rifiutare i doveri genitoriali nel caso abbia congenite malformazioni fische e aberrazioni mentali», il concetto viene ribadito almeno in tre articoli diversi. Cosa accadrà del Figlio, strappato alla Madre e non riconosciuto dai Genitori, non è dato sapere.

Viviana Daloiso

© Avvenire, 6 marzo 2016

 

L'intervista a Roma Sette

Vallini: donne costrette dalla povertà al mercato dell'utero in affitto

 

Il cardinale vicario di Roma, Agostino Vallini"Il desiderio non può essere eretto a diritto. Ciò che deve essere messo in primo piano è l’interesse del bambino, non la volontà di due persone di avere un figlio. I figli non si costruiscono". È quanto afferma il cardinale vicario Agostino Vallini a “Roma Sette”, il settimanale di informazione della diocesi di Roma.

Ddl unioni civili, compromesso al ribasso
Il disegno di legge sulle unioni civili – afferma il porporato – appare come “il frutto di un compromesso al ribasso. È vero che la ‘stepchild adoption’ è stata tolta dal provvedimento, ma rischia di rientrare attraverso un’altra strada legislativa allo studio; senza contare le possibilità di intervento da parte della magistratura, di cui si è avuto già qualche esempio. Inoltre, sono rimaste diverse sovrapposizioni con l’istituto del matrimonio, al contrario di quanto era stato assicurato. Una confusione – sottolinea - che si sarebbe potuto evitare”.

Non ha vinto l'amore. Voto di fiducia contro libertà di coscienza
Dopo il varo della legge è stato detto che «ha vinto l’amore»: “Una frase retorica e fuori luogo – ha osservato il cardinale Vallini - non si fanno leggi sull’amore”. Invece, “ha vinto una volontà politica che puntava a un certo risultato a tutti i costi, tanto da volerlo ottenere con il voto di fiducia che ha impedito un voto di coscienza. Quella coscienza ‘ben formata’ cui ha fatto appello Papa Francesco. Mi domando – aggiunge il cardinale vicario - se non si sia avuto paura della coscienza dei parlamentari tanto da bloccare la discussione su un provvedimento così delicato”.

Non si ha a cuore la famiglia
“Esistevano altre vie – rileva - per regolare i diritti individuali delle persone che compongono le unioni civili, anche dello stesso sesso, ma senza svilire la famiglia, che invece avrebbe bisogno di interventi di politica familiare che attendiamo da tanto tempo. Sembra che non si abbia a cuore il futuro della famiglia, in particolare dei soggetti più deboli, che sono i figli”.

Donne costrette dalla povertà al turpe mercato dell’utero in affitto
I figli sembrano i grandi assenti nel dibattito di questi giorni: “Non ci sono adulti da tutelare nel loro desiderio di un bambino – afferma il porporato - sono da tutelare i bambini, a cominciare da quelli che non hanno famiglia e che hanno il diritto ad avere una mamma e un papà, come nel caso dei minori adottabili. E poi sono da tutelare le donne - soprattutto dei Paesi del Sud del mondo - costrette dalla povertà al turpe mercato dell’utero in affitto. È su questo mercato che bisogna intervenire”.

Figli non si costruiscono
Quindi aggiunge: “La definizione di ‘gestazione per altri’ è un tentativo ipocrita di nobilitare qualcosa che non lo è. I figli non si costruiscono, sono frutto di un atto d’amore di un uomo e una donna e hanno diritto a una mamma e a un papà. In casi come questi la mamma non ci sarà. Credo che anche l’opinione pubblica sia in maggioranza contraria o non sufficientemente informata”.

L’obiettivo vero sia il bene dei bambini
Per quanto riguarda la proposta di riforma della legge 184 sulle adozioni che potrebbe riguardare anche coppie gay e single, il cardinale Vallini afferma: “Sono decenni che la legge sulle adozioni attende di essere riformata nel senso di facilitare le condizioni di adottabilità dei bambini, privi di una famiglia con un padre e una madre. Ben venga, dunque, una riforma al riguardo, ascoltando tutti i soggetti interessati. Ma non si dimentichi l’obiettivo vero: il bene dei bambini. Altra cosa è invece la ‘stepchild adoption’. In questi giorni parlando della legge da riformare mi pare che si stia partendo con il piede sbagliato. È il caso di sottolinearlo ancora: non è compito dello Stato ergere a diritti i desideri delle persone”.

© Avvenire, 5 marzo 2016

 

Il didattito

La legge? Perdona i committenti

 

Stop all’utero in affitto: ora che il consenso cresce, ora che il premier Matteo Renzi si è espresso in tal senso e il ministro della Salute Lorenzin ha annunciato una proposta di legge per trasformarlo in reato universale, gli occhi della politica si spostano sugli strumenti giuridici per decretarlo. La legge 40 punisce già in modo severo con «la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro» chiunque, «in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza... la maternità surrogata » (articolo 12, comma 6), ma nulla prevede per i “richiedenti”, cioè i cosiddetti genitori d’intenzione. Così, in questi 12 anni, la norma è stata efficacissima nell’evitare che in Italia sorgessero cliniche o strutture sanitario-commerciali attive nel mercato della gestazione per altri, ma ben poco ha potuto fare nei confronti di chi l’utero è andato ad affittarlo all’estero, in un Paese che lo permette.

Cosa poi succede quando i “committenti” rientrano in patria, Avvenire l’ha evidenziato più volte: spessissimo, il certificato di nascita del bimbo viene trascritto. E altrettanto frequentemente – nonostante una sentenza di segno opposto pronunciata dalla Cassazione nel novembre 2014 – eventuali procedimenti penali a carico dei genitori d’intenzione si concludono con il loro proscioglimento. Dunque, con il concreto “abbuono” di azioni che le nostre leggi definiscono reato. È chiaro: per estirpare davvero la maternità surrogata serve una modifica normativa. Il nocciolo della questione l’aveva centrato il senatore “cattodem” Gianpiero Dalla Zuanna che, durante le accese discussioni parlamentari sul Ddl Cirinnà, aveva detto sì alla stepchild adoption purché peró la legge recepisse il suo emendamento teso a bandire la gestazione per altri. La proposta era quella di trasferire il divieto dalla legge 40 a quella sulle unioni civili, disciplinando la materia in modo molto più rigoroso. Il testo si apriva infatti estendendo i divieti del 2004 a chiunque praticasse la surrogazione per «accedere allo stato di padre o di madre»: ecco allora puniti i genitori committenti.

Altra precisazione (tecnicamente ben formulata), l’operatività della norma anche qualora il reato fosse compiuto all’estero da un cittadino italiano: nelle intenzioni del senatore, niente più espatrio come escamotage per aggirare la legge italiana, come avvenuto per esempio col caso Vendola. Il testo affrontava poi il problema della trascrizione dei certificati di nascita “surrogati” ottenuti oltreconfine, insieme all’obbligo o meno dei funzionari consolari, in questi casi, di comunicare la notizia di reato: prassi ora disciplinate da una semplice – e in ogni momento revocabile – circolare della Farnesina. Nel frangente, Dalla Zuanna proponeva che il bimbo fosse subito messo in adozione dal Tribunale per i minori qualora non avesse nemmeno il 50% di legame biologico con i “genitori”, mentre negli altri casi auspicava che i giudici decidessero di volta in volta quale fosse il miglior interesse del piccolo. Fermo restando il fatto che l’eventuale trascrizione dell’atto dovesse menzionare solo il “vero” genitore.

È evidente: se queste disposizioni trovassero casa nella legge 40 – la loro sede più idonea, in quanto rivolte a tutte le persone e coppie: single, gay ed etero – il problema dell’utero in affitto sarebbe risolto. In Italia, almeno. La Carta di Parigi, promossa dalla femminista francese Sylviane Agacinski e sottoscritta il 2 febbraio da studiose, intellettuali ed economiste di vari Paesi, vorrebbe ancora di più: bandire la maternità surrogata non dai singoli Stati, ma dal mondo intero. In questa direzione lo strumento giuridico potrebbe essere un protocollo aggiuntivo alla Cedaw, la Convenzione Onu sull’eliminazione di tutte le forme di schiavitù contro la donna: un testo che ben si presterebbe a quest’ulteriore specificazione, in quanto già ora intriso di principi incompatibili con l’utero in affitto. A partire dalle premesse, nelle quali dichiara «la rilevanza sociale della maternità e il ruolo di entrambi i genitori nella famiglia e nell’educazione dei figli, consapevoli che il ruolo della donna nella procreazione non deve essere causa di discriminazione».

Marcello Palmieri

© Avvenire, 6 marzo 2016

 

Scienza&Vita

 

Ricci Sindoni: utero in affitto e femminicidio facce della stessa medaglia

 

Se le donne ci sono – e ci sono – battano un colpo. Riprendano i loro discorsi rimasti interrotti, sia in ambito femminista, sia nel pensiero femminile cristiano. «Di fronte a due piaghe sempre più violente, che fanno a pezzi il nostro corpo, non c’è più tempo per stare zitte». Paola Ricci Sindoni, docente di Filosofia morale all’università di Messina e presidente di Scienza&Vita, guarda all’8 marzo non come a una festa ma a un’occasione da non perdere, e annuncia per maggio un convegno nazionale che l’associazione di scienziati dedicherà al grande tema del "Nati da donna - Femminilità e bellezza" (vedi box sotto).


Due piaghe che fanno a pezzi il corpo della donna, diceva. E non solo metaforicamente...
In modo molto concreto. Mi riferisco al femminicidio da una parte, all’utero in affitto dall’altra. È arrivato il momento per noi donne di reagire: il pensiero femminile cristiano è fermo al 1988 e alla "Mulieris dignitatem", mentre quello femminista ha rinunciato a se stesso scegliendo di omologarsi nel sistema gender. Lo hanno fatto le femministe inglesi e statunitensi, dichiarando ufficialmente l’inutilità di parlare di femminismo visto che "siamo tutti uguali", discorso che ha una sua coerenza nel mondo del lavoro – se sei uomo o donna è la stessa cosa, essenziale è essere all’altezza del compito –, ma non può essere radicalizzato fino ad annullare il maschile e il femminile tout court. Noi diciamo sì alla parità, no all’uguaglianza.

Femminicidio e "maternità surrogata" partono dalla stessa bassa considerazione della donna, dunque?
E del suo corpo. Bisogna ridire il linguaggio del corpo, che è l’espressione della nostra identità, veicolo esterno di ciò che la donna è interiormente. Si proclamano princìpi astratti e disincarnati, e così si è arrivati a farlo a pezzi persino nelle parole di certi luminari. Prendiamo Veronesi: sostiene che sfruttare l’utero di una donna per produrre figli è come utilizzare i muscoli dell’uomo nei lavori fisici. Ma la persona non è un insieme di organi, non può essere sezionata in pezzi.

Lo stesso per il femminicidio: l’uomo che non sopporta la separazione, non accetta la scelta della donna e quindi ne ammazza il corpo, perché in esso vede la sua impotenza.
Il problema è di comunicazione, se non trovi le parole prendi il coltello. Dobbiamo riuscire a ricreare la relazione con l’altro, il che non significa che siamo costretti a essere sempre d’accordo, anzi, ma che si può ragionare. Si dice che il sesso davvero debole è il maschio e per questo va al massacro, ed è vero, ma la donna sappia intercettare questa debolezza dell’uomo e ricostruire una relazione tra i sue sessi. Con ciò non dico che dobbiamo soggiacere, ma ripenso alle parole che ho ascoltato da una femminista convinta: il silenzio delle nonne aveva una forza rivoluzionaria, sembravano remissive... erano le padrone! Così neutralizzavano con astuzia la violenza maschile. Se facciamo muro contro muro ci rimettiamo, a volte anche la vita. Il convegno di maggio parlerà proprio di riabitare la relazione con l’altro sesso.

Perché il no al femminicidio è, almeno a parole, unanime, mentre per l’utero in affitto resistono ancora voci retrograde?
Per ignoranza dei fatti: alcuni realmente non sanno cosa accade con questa pratica ignobile. Poi arrivano i Vendola e dicono «terremo la madre del bambino accanto» e qualcuno ci crede pure, peccato che la madre che ha dato l’ovulo sia californiana, quella che ha partorito sia indonesiana, certamente in Puglia ci sarà una tata, poi i due "cosiddetti" padri... Ma nella gravidanza il bambino non è ospite, tra madre e feto c’è una dipendenza strettissima e bidirezionale e questa è realtà scientifica, non un principio astratto. Se passa l’idea che il desiderio individuale ha il primato, allora quanto ci vorrà perché anche la pedofilia diventi un diritto?


Altro grande vulnus è la fertilità. Mai siamo stati così pochi dal 1861, ha annunciato la Lorenzin, parlando di un piano maternità. Intanto la politica continua a non seguire gli esempi virtuosi della Francia e di tanti altri Paesi, "scorda" il quoziente familiare e l’aiuto alla famiglia...
Il ministro Lorenzin sarà al nostro convegno e noi speriamo porti buone notizie. Sta affrontando l’infertilità come patologia con un piano di prevenzione e di cura e vuole implementare giustamente i centri di ricerca, perché oggi i ginecologi ricorrono troppo facilmente alla procreazione assistita, quando la maggior parte dei casi di infertilità si risolverebbero con cure farmacologiche.

Ma c’è un’infertilità legata invece all’assenza di politiche pro famiglia, da cui discende la scelta di posticipare troppo l’attesa del primo figlio.

Il ritardo dell’entrata delle donne nel mondo del lavoro, quindi anche l’età avanzata in cui mettono su famiglia, insieme alla mancanza di asili nido nelle strutture pubbliche e di risorse per le coppie che hanno più figli, sono le vere drammatiche urgenze di milioni di italiani lasciati alla deriva. Ma questo Paese per mesi è rimasto nel caos della legge Cirinnà per poche centinaia di persone e i loro presunti "diritti". Come hanno detto Benedetto XVI e poi Francesco, viviamo nella dittatura del pensiero unico e se dici qualcosa di diverso ti assalgono: è facile stordire la società civile con pochi slogan, ma la donna non si omologa, sa che nel suo corpo è incisa la differenza. Noi rivendichiamo la relazione eterosessuale come salvaguardia del femminile diverso dal maschile. Una diversità per cui in passato si è tanto combattuto.

Lucia Bellaspiga

© Avvenire, 7 marzo 2016