Arcivescovo

S.E. Giuseppe

Satriano

IN AGENDA

Economia di comunione 25 anni di sfide vinte

Da Loppiano il "rivoluzionario" modello d'impresa: condividere, non capitalizzare. Nella cittadella toscana dei Focolarini in corso un laboratorio delle varie esperienze nel mondo ispirate da Chiara Lubich

In una fase in cui l’emergenza anche e soprattutto nei Paesi avanzati è l’aumento delle disuguaglianze e, di fatto, l’erosione di quella che era considerata la classe media, c’è un paradigma alternativo di crescita che risulta "win win", arricchisce la società e contribuisce a ridurre le disuguaglianze, perché basato sulla condivisione. Lo «Sviluppo felice» si sta manifestando in almeno quattro ambiti nel nostro Paese: nelle realtà dell’economia civile che informa larga parte del Terzo settore, nel mondo delle imprese profit che intende andare oltre la Csr (Responsabilità sociale d’impresa), in parti avanzate del pubblico e, in modo informale, anche nella società civile, con i cittadini che si auto-organizzano.

Giacomo Linaro ha messo tutto per iscritto. Per evitare di perdere il filo, magari anche per non commuoversi troppo. Il filo non lo perde, ma in più di un’occasione la voce si incrina, com’è normale che capiti quando il passato ritorna: gioie e fatiche, successi e fallimenti. «La solitudine, a volte, è molto forte», dice con la bella semplicità di un imprenditore che non ha mai pensato solo a se stesso.

Perché il segreto dell’Economia di Comunione (EdC) è proprio questo: condividere anziché accumulare, donare anziché trattenere per sé. È una storia che compie 25 anni esatti in questo 2016 segnato da ulteriori turbolenze finanziarie e da rinascenti egoismi nazionali, in un contesto ancora lontano da quell’ideale di 'umanità nuova' così intimamente connesso alla spiritualità del Movimento dei Focolari e al carisma della sua fondatrice, Chiara Lubich.

Ma l’economia di comunione non è solamente per oggi, e senz’altro non è storia di ieri. «Non è mai stata un’utopia: da subito ci si è concentrati su azioni concrete, che incidessero sul futuro», sottolinea Alberto Ferrucci, ex dirigente d’azienda che dalla stessa Lubich ricevette il mandato di seguire l’evoluzione del progetto. Non è un caso che LoppianoLab – il laboratorio nazionale che in questi giorni fa da punto di raccordo tra le numerose esperienze di imprenditoria che dai Focolari traggono origine – abbia deciso di mettere al centro il tema della povertà. È da lì, infatti, che tutto ha avuto inizio.

«Da uno sguardo di donna che si posa sulle contraddizioni di una città», riassume l’economista Luigino Bruni introducendo il forum che ha per protagonisti i pionieri dell’EdC. Il ri- ferimento è al viaggio compiuto da Chiara Lubich in Brasile nel maggio del 1991: dall’aereo che continua a sorvolare San Paolo in attesa dell’atterraggio, Chiara guarda con doloroso stupore il contrasto fra i grattacieli del centro direzionale e le baracche da cui la metropoli è circondata. Patisce quell’inequità (è il calzante neologismo introdotto da papa Francesco) fino a starci male, ma ha deciso: bisogna fare qualcosa, bisogna farlo immediatamente.

L’EdC nasce da questa urgenza, portando alla luce princìpi già presenti nell’azione di diversi imprenditori legati ai Focolari: la condivisione degli utili a favore dei poveri, l’attenzione al capitale umano, l’investimento in formazione e cultura. Nel ’91 il Muro di Berlino è appena caduto e il capitalismo finanziario sembra padrone della scena, ma nell’enciclicaCentesimus Annus Giovanni Paolo II raccomanda di non perdere di vista «la verità dell’uomo». Linaro, che un paio di anni prima ha avviato tra Genova e La Spezia il consorzio di cooperative sociali 'Roberto Tassano', è tra i primi ad aderire al metodo dell’EdC.

Con lui ci sono, tra gli altri, Livio Bertola, titolare di un’impresa di cromatura nel Cuneese, e Franco Caradonna, alla guida di un’azienda di trattamenti chimici dei metalli, la Unitrat di Bari, il cui nome si può leggere come 'uniti tra tutti'. Realtà preesistenti al varo dell’EdC propriamente intesa (la Unitrat opera dal 1976, la Bertola addirittura dal 1946), per le quali il mandato di Chiara Lubich è una sfida e insieme una conferma. «I beni relazionali sono la nostra vera ricchezza», sottolinea Paolo Bertola, uno dei figli di Livio, oggi attivissimo in azienda.

La sua presenza al forum di LoppianoLab è un segno di come il passaggio di testimone tra le generazioni si stia ormai compiendo. Anche quando un’esperienza si conclude, come è accaduto per la Bertagna Filati dei coniugi Giovanni e Giuliana, niente va perduto: i collaboratori prendono l’iniziativa e l’EdC arriva molto lontano. A Tokyo, addirittura, in un’altra roccaforte della globalizzazione indifferente. L’Italia resta la capofila, con 263 aziende 'di comunione'. Altre 200 sono sparse per l’Europa, 220 si trova- no in America Latina, e poi 64 in Africa, 26 nell’America del Nord, 18 in Asia. Senza dimenticare le tesi di laurea sull’argomento: «Quelle di cui siamo a conoscenza sono 380, ma potrebbero essere molte di più», spiega Antonella Ferrucci, curatrice del sito www.edc-online.org. I numeri non sono tutto, d’accordo. Ma questa volta raccontano molto.

Alessandro Zaccuri

© Avvenire, 1 ottobre 2016

Prossimi eventi