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II Domenica di Quaresima anno A. La croce porta alla vita

Ogni quaresima inizia con tre tappe fisse: il mercoledì delle ceneri e le prime due domeniche con le letture sulle tentazioni di Gesù nel deserto e la trasfigurazione di Gesù sul monte; poi il cammino si diversifica, nelle letture, anno per anno

Forse è per dare una struttura ad un cammino che se vuole essere serio non può non fare chiarezza su due punti: chi è Dio (1° domenica), quale è il punto d'arrivo e come ci si arriva (2° domenica). Un progetto serio, che parte dal contatto con l'esistente e poi inizia a progettare...

Allora vediamo quale è il punto d'arrivo che Gesù ci propone.

L'inizio del brano è l'introduzione liturgica "in quel tempo", da bambino mi stupivo che non ci fosse nel vangelo, è solo il modo di collegare il vangelo della domenica a quello della domenica immediatamente precedente, ma nel nostro caso è molto più importante perché collega la trasfigurazione (momento di luce e di gloria) a quello che precede immediatamente (che agli occhi di Gesù è altrettanta luce e gloria). La scena immediatamente precedente è quella di Gesù che, dopo aver ascoltato la professione di fede di Pietro ("tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente"), inizia a purificare l'immagine del Messia che salverà tutti, che libererà la nostra vita da ogni schiavitù ma senza guerre, senza mandare via i romani, forse senza cambiare niente all'esterno, ma trasformando l'uomo dall'interno, per tutti coloro che si aprono alla speranza dell'amore di Dio che sorpassa e sconfigge la morte. Questa missione sarà fatta nella fedeltà al Padre e all'uomo, fino alla morte di croce e questo svelerà definitivamente il volto di Dio e smaschererà la menzogna del serpente che aveva ingannato Eva: Dio è buono e vuole solo il tuo bene e che tu viva la vita vera.

La notizia della morte in croce è però devastante per la comunità, ricordate la "ribellione" di Pietro con accluso rimprovero "vade retro, satana", quando Gesù gli svela per la prima volta che il piano di Dio passava per la Passione, la morte e la Resurrezione?

Quella breve introduzione "...in quel tempo" sintetizza tutto questo: paura, delusione e speranza tutto insieme. Adesso proviamo a calarci nei loro panni: quando ascoltiamo il vangelo quali desideri abbiamo nel cuore? Certamente tutti buoni, ovviamente. Ma quali sono? I discepoli avevano il sogno di un Israele libero dai Romani, un paese con un'equità sociale dove i poveri non fossero più poveri e i ricchi non così troppo ricchi, dove se ci fosse stato qualche problema, vedi malattie e possibile morte, ci avrebbe pensato Gesù dal vivo. Tutto sommato sono così diversi da noi? Quanta ingiustizia davanti ai nostri occhi, quanto dolore, più o meno innocente, più o meno senza colpevoli, eppure dolore: Gesù dovrà pur far qualcosa, toglierà qualche peso dalle nostre spalle! Oggi come allora, noi come i discepoli ed ascoltare veramente Gesù che dice: io vado a dare mia vita a Gerusalemme, non sarò approvato, tutt'altro, sarò rifiutato, scartato, ma Dio Padre in persona mi approverà e mi ridarà la vita come segno evidente della verità della mia missione e della Sua bontà! Tutto questo è oggettivamente sconfortante: primo, perché non mi toglie i problemi, secondo perché c'è il rischio che possa toccare anche a me una simile sorte... non se ne parla proprio (il paradosso è che Gesù così comincia ad essere rifiutato nel cuore proprio dai discepoli, per questo la domanda di cosa ho nel cuore quando ascolto il vangelo non è per nulla scontata!).
La risposta di Gesù e del Padre è tutto quel che segue:

Gesù chiama i tre più rappresentativi - a me piace pensare anche quelli che erano più amici! - e gli fa fare un'esperienza più profonda di Lui e della Sua grazia, la salita al monte è l'immagine, una ginnastica che spinge a separarsi dalle tante cose terrene, dalle angosce come dai sogni, per sollevare la testa e guardare in alto (Os 11,7: Il mio popolo è duro a convertirsi: chiamato a guardare in alto nessuno sa sollevare lo sguardo).

Gesù li porta sul monte e gli permette di guardare un angolino della Sua Resurrezione della Sua vita divina, e Matteo lo esprime con la luce che viene dal suo volto e dalla bianchezza delle vesti.

Insieme a Gesù ora sono comparsi Mosè e Elia che conversano con Lui: rappresentano tutto l'antico testamento (la bibbia diremmo noi) che dialogano come facevano i discepoli con il proprio maestro per comprendere e essere compresi, vi ricordate che Gesù aveva detto che veniva non ad abolire la Legge ma a darle compimento? Proprio come aveva fatto da ragazzo che si era fermato nel tempio con i dottori della legge, allora per ascoltare, ora per svelare. Ma Pietro non capisce perché finalmente vede un po' di gloria e per lui è iniziato il regno glorioso del Cristo: fare tre tende è la voglia di fermare quest'istante, è aver capito che Dio si sta manifestando davanti a loro e vuole rifargli una tenda come nel deserto, come nella festa delle capanne, come un piccolo tempio, come...

La nube luminosa li avvolge e la voce del Padre, come al battesimo, conferma il Figlio: è Lui mio figlio, non quello che avete in testa o desiderate, è Lui la fonte che dà acqua viva che toglie la sete, la vera manna, la libertà della terra promessa, tutto questo racchiuso in quest'uomo concreto che va a Gerusalemme mite e pronto a subire il rifiuto.

Che fatica! Ogni volta che si intravede la luce subito accanto sbuca la croce!

Il nucleo è che il concetto di luce deve cambiare in noi, altrimenti Gesù non lo capiamo e ci separiamo da Lui, come tanti fratelli che dicono di aver perso la fede: domenica scorsa le tentazioni dicevano che Gesù è il Figlio di Dio e amato dal Padre (ogni tentazioni iniziava con "se sei figlio di Dio"), che la vera fame non è di pane ma di amore di Dio, che il rapporto con Dio è libero e liberante, non si fanno ricatti affettivi a Dio e che il potere di Dio non è quello di questo mondo, ma poter dare la vita.

Se abbiamo capito - e non solo con la testa!- questa verità allora è lineare che per vivere nella gloria (=nella vera manifestazione di Dio) dobbiamo passare per la croce, che non è dolore e morte, ma un amore capace di andare oltre me stesso (rinnegare sé stessi) e affidarci totalmente al Padre, essere così segno e strumento nelle Sue mani per i fratelli (vieni e seguimi!).

Quando la difficoltà nella fede è vera e seria, è Gesù stesso che ci dà un aiuto a credere, non è un salto nel buio, almeno così lo giudica Lui.

Oggi il Signore ci dice che la croce porta alla vita, che l'uomo glorificato è quello che è capace di donare totalmente la sua vita.

Questa verità è l'antibiotico più potente per tutte quelle ferite in famiglia, che sarebbe il luogo dove impariamo ad amare e che invece spesso diventa il luogo della chiusura e della sofferenza, dove si impara a proteggersi e non a donarsi: oggi tu sei chiamato a seguire il Signore che ama e dona totalmente la propria vita, solo così la tua vita saprà di eternità, e solo così vivrai veramente! Se invece corriamo appresso a desideri e illusioni ci ritroveremo ingannati da noi stessi, sempre più arrabbiati e insoddisfatti, come un frutto che non è giunto a maturazione rimane acerbo, acido.

Dare la vita è vivere ed insegnare allo stesso tempo a vivere e sperare.

Gesù parla di resurrezione dai morti: chi ama vince la morte!

don Marco Simeone

© www.omelie.org

 

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