
XXIV Domenica del Tempo Ordinario anno B. La domanda di Gesù che interroga il mio cuore
Le tante domande del vangelo funzionano come punto di incontro tra lui e noi. La gente, chi dice che io sia? Non un semplice sondaggio per misurare la sua popolarità, Gesù vuole capire che cosa del suo messaggio ha raggiunto il cuore. Si è accorto che non tutto ha funzionato nella comunicazione, si è rotto qualcosa in quella crisi galilaica che tutti gli evangelisti riferiscono. Infatti, la risposta della gente, se può sembrare gratificante, rivela invece una percezione deformata di Gesù: per qualcuno è un maestro moralizzatore di costumi ("dicono che sei Giovanni il Battista"); altri hanno percepito in lui la forza che abbatte idoli e falsi profeti ("dicono che sei Elia"); altri ancora non colgono nulla di nuovo, solo l'eco di vecchi messaggi già ascoltati ("dicono che sei uno dei profeti").
Ma Gesù non è niente fra le cose di ieri. È novità in cammino. E il domandare continua, si fa diretto: ma voi chi dite che io sia? Per far emergere l'ambiguità che abita il cuore di tutti, Gesù mette in discussione se stesso.
Non è facile sottoporsi alla valutazione degli altri, costa molta umiltà e libertà chiedere: cosa pensate di me? Ma Gesù è senza maschere e senza paure, libero come nessuno. Tu sei il Cristo, si espone Pietro, il senso di Israele, il senso della mia vita. A questo punto il registro cambia e il racconto si fa spiazzante: Gesù cominciò a insegnare che il Cristo doveva molto soffrire e venire ucciso e il terzo giorno risorgere. Come fa Pietro ad accettare un messia perdente? «Tu sei il messia, l'atteso, che senso ha un messia sconfitto?». Allora lo prende in disparte e comincia a rimproverarlo. Lo contesta, gli indica un'altra storia e altri sogni. E la tensione si alza, il dialogo si fa concitato e culmina in parole durissime: va dietro di me, satana. Il tuo posto è seguirmi.
Pietro è la voce di ogni ambiguità della vita, questo fiume che trasporta tutto, fango e pagliuzze d'oro, e attraversa macchie di sole e zone d'ombra; dà voce a quell'ambiguità senza colpa (G. Piccolo), per cui le cose non ci sono chiare, per cui nelle nostre parole sentiamo al tempo stesso il suono di Dio (non la carne o il sangue te l'hanno rivelato) e il sussurro del male (tu pensi secondo il mondo).
La soluzione è quella indicata a Pietro («va dietro di me»). Gesù ha dato una carezza alle mie ferite, ha attraversato le mie contraddizioni e mi fa camminare proprio lì, lungo la «linea incerta che addividi la luci dallo scuru» (A. Camilleri).
Ermes Ronchi
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