Eucarestia «cibo del viandante»
Una  «mentalità corrente» che avvolge la nostra società, e che, se da una  parte «deve indurre ad analisi e riflessioni molto puntuali, evitando un  moralismo esagerato», chiama la Chiesa a «una progettualità educativa  che sappia accompagnare in maniera continuativa il bambino, il ragazzo,  il giovane».
Peccatori «trasformati» dal Pane
È  la fotografia del nostro «oggi affettivo» che Ina Siviglia, docente a  Palermo alla Facoltà teologica dell’Italia meridionale, ha proposto ieri  mattina al XXV Congresso eucaristico nazionale in corso ad Ancona,  introducendo con Domenico Simeone, docente di Pedagogia all’Università  Cattolica del Sacro Cuore, il tema della giornata. «Il fine – ha detto  Siviglia ribadendo l’obiettivo dell’azione educatrice – è di condurre a  una maturazione adeguata e responsabile della sfera affettiva», con  un’attenzione specifica «ai numerosi adolescenti che vivono le prime  esperienze sessuali, ai giovani che decidono di convivere piuttosto che  celebrare il sacramento del matrimonio, alle giovani coppie alle prese  con i problemi relativi alla morale coniugale, o a quanti fanno i conti  con esperienze di tipo omosessuale, o ancora ai divorziati risposati».  Tutti fenomeni «molto diffusi», rispetto ai quali, secondo la teologa,  la tendenza nella Chiesa è «a pensare che l’Eucaristia sia per i  "sani"», quando invece «le parole di Gesù dicono che non sono i sani che  hanno bisogno del medico». E l’Eucaristia è proprio «il cibo dei  viandanti, dei deboli, dei malati, dei peccatori che aspirano alla  santità, cioè all’unione totale col Cristo morto e risorto», perché «il  cibo eucaristico opera una vera e propria trasformazione, cambiando  l’essere umano in tutte le sue componenti fisiche, psichiche e  spirituali» e «conformando i credenti a Cristo».
La difficoltà di scelte irreversibili
Il  tema dell’affettività, che, subito dopo le lodi, era stato introdotto  in apertura di giornata dalla lectio di don Gregorio  Vivaldelli, è stato quindi sviluppato in chiave pedagogica da Simeone,  secondo il quale è «l’incertezza esistenziale che qualifica la società  contemporanea» ad aumentare «le difficoltà dei giovani a compiere scelte  rilevanti e percepite dai soggetti come "irreversibili"». Così, se  questi giovani sono «per certi aspetti determinati e autonomi», tale  determinazione e autonomia, «che si manifesta quando si muovono  sull’asse del presente, segna il passo allorché sono chiamati a  sintonizzarsi sulla linea della continuità temporale». Simeone, che è  anche presidente della Confederazione dei Consultori di ispirazione  cristiana, ha poi osservato come «di fronte alla necessità di compiere  scelte, l’autonomia cede il passo all’insicurezza», mentre «per far  fronte alle esigenze di una prospettiva progettuale, i giovani hanno  bisogno di orientamento, di qualcuno che insegni loro a mediare il  desiderio». In questo senso, per il relatore, va riconsiderato il ruolo  della famiglia perché, pur nelle «modifiche delle relazioni e dei  vissuti al suo interno», il suo compito educativo «resta immutato»,  specie da parte dei genitori. Infatti «l’educazione è un dovere  essenziale, perché connesso alla trasmissione della vita; originale e  primario rispetto al compito educativo di altri soggetti; insostituibile  e inalienabile, nel senso che non può essere delegato né surrogato».  L’affettività, in questa prospettiva, rappresenta allora una «occasione»  di sviluppo di un rapporto educativo, e ciò in quanto «l’esperienza  dell’amore spinge i giovani ad uscire da sé per approdare al territorio  dell’altro». Un «decentramento» che «permette di avvicinarsi all’altro,  di conoscerlo, di comprenderlo e di amarlo», e che diviene «fecondo  quando è aperto al dono e alla vita».
            