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«Famiglia e matrimonio: ecco il motore del mondo»

Ricevendo i partecipanti all'assemblea del Pontifico Consiglio per la famiglia, il Pontefice ha affermato che la comunità-famiglia «chiede di essere riconosciuta come tale, tanto più oggi quando prevale la tutela dei diritti individuali».

"La famiglia, che si fonda sul matrimonio, è il motore del mondo e della storia". Lo ha detto papa Francesco ricevendo stamani in udienza i partecipanti all'assemblea plenaria del Pontificio Consiglio per la Famiglia, guidato da monsignor Vincenzo Paglia.

Parlando nella sala Clementina del palazzo Apostolico, il Pontefice ha detto: "La famiglia è una comunità di vita che ha una sua consistenza autonoma, non è la somma delle persone che la costituiscono, ma una comunità di persone - e qui ha citato Giovanni Paolo II -. È il luogo dove si impara ad amare, il centro naturale della vita umana". La famiglia, ha proseguito, "è fatta di volti, di persone che amano, dialogano, si sacrificano per gli altri e difendono la vita, soprattutto quella più fragile e più debole. Nella famiglia, la persona prende coscienza della propria dignità e riconosce la dignità di ogni singola persona, in modo particolare di quella malata, debole, emarginata".

Questa dunque è la comunità-famiglia, che "chiede di essere riconosciuta come tale, tanto più oggi - sottolinea il Papa - quando prevale la tutela dei diritti individuali".

Ribadendo che "la famiglia si fonda sul matrimonio", Francesco spiega che "attraverso un atto d'amore libero e fedele, gli sposi cristiani testimoniano che il matrimonio, in quanto sacramento, è la base su cui si fonda la famiglia e che rende più solida l'unione dei coniugi e il loro reciproco donarsi. L'amore sponsale e familiare rivela anche chiaramente la vocazione della persona ad amare in modo unico e per sempre". Per il Papa, "le prove, i sacrifici e le crisi della coppia, come della stessa famiglia, rappresentano dei passaggi per crescere nel bene, nella verità e nella bellezza". Infatti, "nel matrimonio ci si dona completamente, senza calcoli né riserve, condividendo tutto: doni e rinunce. È questa l'esperienza che i giovani possono imparare dai genitori e dai nonni".

"Proponiamo a tutti, con rispetto e coraggio, la bellezza del matrimonio e della famiglia illuminati dal Vangelo - ha detto papa Francesco - per questo ci avviciniamo con attenzione e affetto alle famiglie in difficoltà", "per tanti motivi sofferenti", "ai coniugi in crisi e a quelli ormai separati. A tutte vogliamo stare vicino".

© Avvenire, 25 ottobre 2013

 

Il testo del discorso

 

 

«La famiglia è il motore del mondo e della storia»

 

Alle ore 12.30 di venerdì 25 ottobre, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza i partecipanti alla XXI Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio per la Famiglia.
Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa ha rivolto ai presenti:

Signori Cardinali,
cari Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
cari fratelli e sorelle, vi do il benvenuto in occasione della XXI Assemblea Plenaria  e ringrazio il Presidente Mons. Vincenzo Paglia per le parole con cui ha introdotto il nostro incontro. Grazie.
1. Il primo punto su cui vorrei soffermarmi è questo: la famiglia è una comunità di vita che ha una sua consistenza autonoma. Come ha scritto il Beato Giovanni Paolo II nell’Esortazione apostolica Familiaris consortio, la famiglia non è la somma delle persone che la costituiscono, ma una «comunità di persone» (cfr nn. 17-18). E una comunità è di più che la somma delle persone. E’ il luogo dove si impara ad amare, il centro naturale della vita umana. E’ fatta di volti, di persone che amano, dialogano, si sacrificano per gli altri e difendono la vita, soprattutto quella più fragile, più debole. Si potrebbe dire, senza esagerare, che la famiglia è il motore del mondo e della storia. Ciascuno di noi costruisce la propria personalità in famiglia, crescendo con la mamma e il papà, i fratelli e le sorelle, respirando il calore della casa. La famiglia è il luogo dove riceviamo il nome, è il luogo degli affetti, lo spazio dell’intimità, dove si apprende l’arte del dialogo e della comunicazione interpersonale. Nella famiglia la persona prende coscienza della propria dignità e, specialmente se l’educazione è cristiana, riconosce la dignità di ogni singola persona, in modo particolare di quella malata, debole, emarginata. Tutto questo è la comunità-famiglia, che chiede di essere riconosciuta come tale, tanto più oggi, quando prevale la tutela dei diritti individuali. E dobbiamo difendere il diritto di questa comunità: la famiglia. Per questo avete fatto bene a porre una particolare attenzione alla Carta dei Diritti della Famiglia, presentata proprio trent’anni or sono, il 22 ottobre dell'83.
2. Veniamo al secondo punto – si dice che i Gesuiti parliamo sempre in tre: tre punti: uno, due, tre. Secondo punto: la famiglia si fonda sul matrimonio. Attraverso un atto d’amore libero e fedele, gli sposi cristiani testimoniano che il matrimonio, in quanto sacramento, è la base su cui si fonda la famiglia e rende più solida l’unione dei coniugi e il loro reciproco donarsi. Il matrimonio è come se fosse un primo sacramento dell’umano, ove la persona scopre se stessa, si auto-comprende in relazione agli altri e in relazione all’amore che è capace di ricevere e di dare. L’amore sponsale e familiare rivela anche chiaramente la vocazione della persona ad amare in modo unico e per sempre, e che le prove, i sacrifici e le crisi della coppia come della stessa famiglia rappresentano dei passaggi per crescere nel bene, nella verità e nella bellezza. Nel matrimonio ci si dona completamente senza calcoli né riserve, condividendo tutto, doni e rinunce, confidando nella Provvidenza di Dio. È questa l’esperienza che i giovani possono imparare dai genitori e dai nonni. È un’esperienza di fede in Dio e di fiducia reciproca, di libertà profonda, di santità, perché la santità suppone il donarsi con fedeltà e sacrificio ogni giorno della vita! Ma ci sono problemi nel matrimonio. Sempre diversi punti di vista, gelosie, si litiga. Ma bisogna dire ai giovani sposi che mai finiscano la giornata senza fare la pace fra loro. Il Sacramento del matrimonio viene rinnovato in questo atto di pace dopo una discussione, un malinteso, una gelosia nascosta, anche un peccato. Fare la pace che dà unità alla famiglia; e questo dirlo ai giovani, alle giovani coppie, che non è facile andare per questa strada, ma è tanto bella questa strada, tanto bella. Bisogna dirlo!
3. Vorrei ora fare almeno un cenno a due fasi della vita familiare: l’infanzia e la vecchiaia. Bambini e anziani rappresentano i due poli della vita e anche i più vulnerabili, spesso i più dimenticati. Quando io confesso un uomo o una donna sposati, giovani, e nella confessione viene qualcosa in riferimento al figlio o alla figlia, io domando: ma quanti figli ha lei? E mi dicono, forse aspettano un'altra domanda dopo di questa. Ma io sempre faccio questa seconda domanda: E mi dica, signore o signora, lei gioca con i suoi figli? - Come Padre? - Lei perde il tempo con i suoi figli? Lei gioca con i suoi figli? - Ma no, lei sa, quando io esco da casa alla mattina - mi dice l'uomo - ancora dormono e quando torno sono a letto. Anche la gratuità, quella gratuità del papà e della mamma con i figli, è tanto importante: "perdere tempo" con i figli, giocare con i figli. Una società che abbandona i bambini e che emargina gli anziani recide le sue radici e oscura il suo futuro. E voi fate la valutazione su che cosa fa questa nostra cultura oggi, no? Con questo. Ogni volta che un bambino è abbandonato e un anziano emarginato, si compie non solo un atto di ingiustizia, ma si sancisce anche il fallimento di quella società. Prendersi cura dei piccoli e degli anziani è una scelta di civiltà. Ed è anche il futuro, perché i piccoli, i bambini, i giovani porteranno avanti quella società con la loro forza, la loro giovinezza, e gli anziani la porteranno avanti con la loro saggezza, la loro memoria, che devono dare a tutti noi.
E questo mi fa rallegrare, che il Pontificio Consiglio per la Famiglia abbia ideato questa nuova icona della famiglia, che riprende la scena della Presentazione di Gesù al tempio, con Maria e Giuseppe che portano il Bambino, per adempiere la Legge, e i due anziani Simeone ed Anna che, mossi dallo Spirito, lo accolgono come il Salvatore. E’ significativo il titolo dell’icona: "Di generazione in generazione si estende la sua misericordia". La Chiesa che si prende cura dei bambini e degli anziani diventa la madre delle generazioni dei credenti e, nello stesso tempo, serve la società umana perché uno spirito di amore, di familiarità e di solidarietà aiuti tutti a riscoprire la paternità e la maternità di Dio. E a me piace, quando leggo questo brano del Vangelo, pensare che i giovani, Giuseppe e Maria, anche il Bambino, fanno tutto quello che la Legge dice. Quattro volte lo dice san Luca: per compiere la Legge. Sono obbedienti alla Legge, i giovani! E i due anziani, fanno rumore! Simeone inventa in quel momento una liturgia propria e loda, le lodi a Dio. E la vecchietta va e chiacchiera, predica con le chiacchiere: "Guardatelo!". Come sono liberi! E tre volte degli anziani si dice che sono condotti dallo Spirito Santo. I giovani dalla Legge, questi dallo Spirito Santo. Guardare agli anziani che hanno questo spirito dentro, ascoltarli!
La "buona notizia" della famiglia è una parte molto importante dell’evangelizzazione, che i cristiani possono comunicare a tutti, con la testimonianza della vita; e già lo fanno, questo è evidente nelle società secolarizzate: le famiglie veramente cristiane si riconoscono dalla fedeltà, dalla pazienza, dall’apertura alla vita, dal rispetto degli anziani… Il segreto di tutto questo è la presenza di Gesù nella famiglia. Proponiamo dunque a tutti, con rispetto e coraggio, la bellezza del matrimonio e della famiglia illuminati dal Vangelo! E per questo ci avviciniamo con attenzione e affetto alle famiglie in difficoltà, a quelle che sono costrette a lasciare la loro terra, che sono spezzate, che non hanno casa o lavoro, o per tanti motivi sono sofferenti; ai coniugi in crisi e a quelli ormai separati. A tutti vogliamo stare vicino con l'annuncio di questo Vangelo della famiglia, di questa bellezza della famiglia. Cari amici, i lavori della vostra Plenaria possono essere un prezioso contributo in vista del prossimo Sinodo Straordinario dei Vescovi, che sarà dedicato alla famiglia. Anche per questo vi ringrazio. Vi affido alla Santa Famiglia di Nazaret e di cuore vi do la mia Benedizione.

© Avvenire, 25 ottobre 2013

 

L'intervista a Mons. Paglia

 

 

«Così la Chiesa si chinerà sulle ferite della famiglia»

 

Semplicità, trasparenza, stile accogliente e linguaggio di immediata comprensione. Sono le direttrici a cui dovranno ispirarsi pastorale e teologia del matrimonio e della famiglia secondo le indicazioni che papa Francesco ha consegnato agli esperti in vista del “doppio” Sinodo 2014-2015. Non era mai capitato nella storia della Chiesa che due grandi assemblee episcopali di portata universale, com’è appunto un sinodo, affrontassero lo stesso argomento a così breve distanza. Una svolta più che eloquente del rilievo fondamentale attribuito dal Papa alla realtà della famiglia. «Si tratta con tutta evidenza di un’urgenza assoluta non solo dal punto di vista pastorale – osserva l’arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio per la famiglia – ma anche sociale, culturale, politico». E la trasversalità della famiglia, il suo essere radici e futuro di tutti, ponte tra le generazioni, realtà in cui si riverberano tutti i problemi che si intrecciano nella società, impone che la riflessione sia a tutto tondo, aperta, senza zone d’ombra. «E soprattutto – aggiunge Paglia, che parla a margine dell’assemblea plenaria del Pontificio Consiglio per la famiglia che si conclude oggi con l’udienza del Papa – la nostra attenzione dev’essere rivolta a tutte le famiglie, E dico davvero a tutte, senza esclusioni di sorta».

Questo significa che saranno affrontati anche quei nodi pastorali e teologici, come il ruolo di divorziati e risposati, che ormai da anni creano disagi e difficoltà?
Il Papa non indice un Sinodo, anzi un “doppio” Sinodo, per ridefinire la teologia del matrimonio e della famiglia. Il Papa vuole innanzi tutto accogliere ed ascoltare le famiglie così come sono, tutte le famiglie, nella complessità delle varie situazioni. E vuole che la grandezza di questo “tesoro prezioso dei popoli”, come lui stesso ha detto nel Congresso di Aparecida, sia compreso nella sua straordinaria realtà, che è ricchezza per la Chiesa e per la società.

Accogliere e comprendere le varie situazioni in cui oggi vivono le famiglie non vuol dire anche intervenire laddove esistono situazioni di crisi e di sofferenza?
I vescovi avranno senz’altro l’opportunità di approfondire le questioni dottrinali più urgenti, ma affermare oggi verso quali approdi si indirizzeranno queste riflessioni significa far torto alla varietà e alle capacità di analisi dell’episcopato mondiale. Una cosa è certa. Il Papa chiede alla Chiesa di mettere al centro dei prossimi tre anni il tema della pastorale familiare. E questa è scelta davvero provvidenziale.

E la pastorale familiare di quali interventi necessita?
Dev’essere profondamente ridefinita in un’ottica di semplicità e di immediatezza. Dobbiamo essere sempre più in grado di parlare a tutti, con un linguaggio capace di coniugare verità e misericordia. Non abbiamo bisogno di nuovi interventi normativi ma di freschezza e di gioia. Il nostro slogan potrebbe essere: “la famiglia è la cosa più bella del mondo”.

È possibile tracciare un elenco degli argomenti concreti di cui si occuperanno i due Sinodi?
Direi che dovremmo definire un versante intra-ecclesiale e un altro più generale. Nel primo rientrano senz’altro tutte le situazioni di crisi, a cominciare dalle famiglie che vivono la povertà materiale. Quando non ci sono pane e lavoro, anche la stabilità familiare risulta compromessa. Accanto alla povertà materiale, metterei la condizione delle famiglie immigrate, ma anche di quelle vedove e degli anziani. Anche occuparsi di loro significa chinarsi sulle ferite della famiglia.

E poi ci sono tutte le sofferenze spirituali, spesso non meno devastanti…
Certo, persone separate, divorziati non risposati e divorziati risposati, persone che chiedono di verificare la nullità del loro matrimonio, conviventi. Verso tutte queste coppie deve indirizzarsi il nostro sguardo che, come ci dice papa Francesco, deve innanzi tutto comprendere e accogliere.

Il tema delle convivenze porta con sé l’urgenza di esprimere una parola chiara anche a proposito delle unioni omosessuali.
Il Sinodo non trascurerà davvero nulla. Già nei prossimi giorni partiranno i questionari rivolti ai vescovi di tutto il mondo. Abbiano chiesto a ciascuno di indicare in modo dettagliato le varie situazioni familiari presenti nelle comunità, i problemi, le urgenze, le difficoltà. Credo che nell’ottobre prossimo, quando si aprirà il sinodo, avremo di fronte un quadro assolutamente esauriente.

Che significato dare al pellegrinaggio che domani e dopo porterà in piazza San Pietro migliaia di famiglie provenienti da tutto il mondo?
È già l’inizio di questo cammino. Il dono dell’incontro con il Papa nella preghiera e nell’ascolto reciproco, aiuterà tutti a trovare nuove ragioni nella vita di fede. Le famiglie devono essere fermento della società e della Chiesa. Non solo, devono sempre più diventare laboratorio di comunione per creare ponti di pace tra tutti i popoli, anche di fedi diverse. Una sfida davvero globale, Ma cosa c’è di più globale della famiglia?

Luciano Moia

© Avvenire, 25 ottobre 2013

 

Francesco e il bene della famiglia

 

 

 

La «scuola» dell’umano

 

Quasi a preludio della Giornata della Famiglia in programma oggi pomeriggio e domani in piazza San Pietro, che si annuncia come una straordinaria festa internazionale di popolo, Papa Bergoglio ha offerto ieri alla riunione plenaria del Pontificio Consiglio per la Famiglia una suggestiva sintesi programmatica, che idealmente salda questo scorcio finale dell’Anno della Fede con il prossimo biennio di riflessione e di preghiera dedicato dalla Chiesa alla famiglia. Il Sinodo, infatti, si riunirà per ben due volte a Roma, di qui al 2015, mettendo la cellula primaria di ogni società e di ogni epoca al centro dei lavori. E impegnando quindi tutti i vescovi e le comunità cattoliche del mondo in uno sforzo corale.

Ci dovrà pur essere un motivo per tanta insistita attenzione. Non sarà cioè un caso se, da Francesco in giù, pastori e fedeli convergono sulla necessità di tenere fisso lo sguardo sulle gioie e sulle speranze, sulle tristezze e sulle angosce di miliardi di padri e di figli, di donne e di anziani che condividono i comuni destini nei loro focolari domestici. E Francesco ieri non ha esitato a richiamarlo, quel motivo, quando «senza esagerare» ha proclamato che «la famiglia è il motore del mondo e della storia». Perché è da lì che tutto scaturisce: le nostre inclinazioni e i nostri valori, le nostre attitudini e le nostre concezioni del bene e del male, ma anche la nostra disponibilità verso ogni «altro da noi» e verso le diverse comunità in cui tutti ci ritroviamo nelle diverse fasi della vita.

Nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico sono risuonati ieri accenti che riecheggiano un altro celebre discorso pontificio sulla famiglia: quello pronunciato da Paolo VI il 5 gennaio del 1964 nella Basilica dell’Annunciazione, in quella che lo stesso Papa Montini definì «la scuola di Nazareth». Parole entrate ben presto nella liturgia cattolica della prima domenica che cade ogni anno dopo Natale, festa della Sacra Famiglia. Parole che Francesco ieri ha indirettamente ripreso, ricordando che nel focolare domestico «la persona prende coscienza della propria dignità» e che al suo interno si impara, tra le tante, una verità fondamentale: che «una comunità è di più che la somma delle persone».

Ecco dunque il punto di partenza dal quale Bergoglio ha preso le mosse per i suoi ormai consueti «tre punti». Anzitutto la necessità di difendere la "comunità-famiglia" in quanto tale, proprio mentre dovunque nel mondo «prevale la tutela dei diritti individuali». La rivendicazione, poi, del gesto che fonda il nucleo familiare: il matrimonio come «reciproco donarsi» che, anche a voler prescindere dal valore religioso che la fede gli attribuisce, si configura «come se fosse un primo sacramento dell’umano». Ed è chiaro che, come tutte le cose umane, un matrimonio è destinato a incontrare momenti di prova, di contrasti, di crisi. Ma proprio qui la fede cristiana suggerisce il rimedio vincente, indicando la strada «tanto bella» del «fare la pace». Una strada dove «non è facile andare», ma guai a non mostrarla, con coraggio e mediante l’esempio di genitori e nonni, ai giovani sposi: a loro soprattutto «bisogna dirlo!».

E infine le due fasi fragili per definizione della vita familiare: l’infanzia e la vecchiaia. Papa Francesco ne ha fatto già altrettanti cavalli di battaglia della sua predicazione. Ma ieri ha in qualche modo collegato la sfida per difendere le realtà più vulnerabili dei nuclei domestici a un altro suo tema saliente: quando ha riferito la sua domanda ricorrente ai papà in confessionale sul giocare e sul «perdere tempo» con i figli, quando ha bollato come «fallimento della società» ogni atto di abbandono e di emarginazione di bambini e anziani, ha in fondo additato le radici più nascoste di quella «globalizzazione dell’indifferenza» che tante volte ha denunciato come scandalo universale.

Per la Chiesa italiana il discorso di ieri, come del resto l’intera permanente "strategia dell’attenzione" verso la famiglia, offrono ulteriori elementi di conforto e di stimolo, su un itinerario intrapreso da tempo e che, da ultimo, ha visto dedicare al tema la Settimana sociale di Torino di metà settembre. Ed è significativo che, nell’ultimo Consiglio episcopale permanente, anche il cardinale presidente Angelo Bagnasco abbia definito la famiglia «cuore e motore» del nostro Paese.

Gianfranco Marcelli

© Avvenire, 26 ottobre 2013

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