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Il Papa invita a fare come i magi: alzare lo sguardo al cielo per seguire la cometa e non le meteore, metterci in cammino lasciando le nostre sicurezze e, soprattutto, donare ai più piccoli, a coloro che non possono ricambiarci

I magi vedono la stella perché guardano lo sguardo al cielo. Papa Francesco, nell’omelia per la messa che celebra l’epifania chiede a tutti se  «noi, sappiamo ancora alzare lo sguardo al cielo? Sappiamo sognare, desiderare Dio, attendere la sua novità, o ci lasciamo trasportare dalla vita come un ramo secco dal vento? I Magi non si sono accontentati di vivacchiare, di galleggiare. Hanno intuito che, per vivere davvero, serve una meta alta e perciò bisogna tenere alto lo sguardo».

I gesti dei magi, che orientano anche il nostro cammino, dice Bergoglio, sono tre: «vedono la stella, camminano e offrono doni». Bisogna, appunto, alzare lo sguardo. Ma anche questo non basta. «Potremmo chiederci ancora», insiste il Papa, «perché, tra quanti alzavano lo sguardo al cielo, tanti altri non hanno seguito quella stella, “la sua stella”? Forse perché non era una stella appariscente, che splendeva più di altre. Era una stella – dice il Vangelo – che i Magi videro appena “spuntare”. La stella di Gesù non acceca, non stordisce, ma invita gentilmente. Possiamo chiederci quale stella scegliamo nella vita. Ci sono stelle abbaglianti, che suscitano emozioni forti, ma che non orientano il cammino. Così è per il successo, il denaro, la carriera, gli onori, i piaceri ricercati come scopo dell’esistenza. Sono meteore: brillano per un po’, ma si schiantano presto e il loro bagliore svanisce. Sono stelle cadenti, che depistano anziché orientare. La stella del Signore, invece, non è sempre folgorante, ma sempre presente: ti prende per mano nella vita, ti accompagna. Non promette ricompense materiali, ma garantisce la pace e dona, come ai Magi, “una gioia grandissima”».

Ma se la stella non è appariscente, è però esigente. Chiede di «camminare, la seconda azione dei Magi. La sua stella, infatti, domanda la decisione del cammino, la fatica quotidiana della marcia; chiede di liberarsi da pesi inutili e da fastosità ingombranti, che intralciano, e di accettare gli imprevisti che non compaiono sulla mappa del quieto vivere. Gesù si lascia trovare da chi lo cerca, ma per cercarlo bisogna muoversi, uscire. Non aspettare; rischiare. Non stare fermi; avanzare. È esigente Gesù: a chi lo cerca propone di lasciare le poltrone delle comodità mondane e i tepori rassicuranti dei propri caminetti. Seguire Gesù non è un educato protocollo da rispettare, ma un esodo da vivere». La gioia e di Dio viene distribuita solo in cammino, come avvenne per il popolo liberato attraverso il tragitto dell’esodo. «In altre parole», spiega Francesco, «per trovare Gesù bisogna lasciare la paura di mettersi in gioco, l’appagamento di sentirsi arrivati, la pigrizia di non chiedere più nulla alla vita. Occorre rischiare, semplicemente per incontrare un Bambino. Ma ne vale immensamente la pena, perché trovando quel Bambino, scoprendo la sua tenerezza e il suo amore, ritroviamo noi stessi».

Anche mettersi in cammino ha le sue difficoltà. Bergoglio passa al vaglio i vari personaggi del Vangelo: «C’è Erode, turbato dal timore che la nascita di un re minacci il suo potere». Ha paura e «preferisce che tutto resti come prima e nessuno ha il coraggio di andare». Ancora più «sottile è la tentazione dei sacerdoti e degli scribi. Essi conoscono il luogo esatto e lo segnalano a Erode, citando anche la profezia antica. Sanno, ma non fanno un passo verso Betlemme. Può essere la tentazione di chi è credente da tempo: si disquisisce di fede, come di qualcosa che si sa già, ma non ci si mette in gioco personalmente per il Signore. Si parla, ma non si prega; ci si lamenta, ma non si fa il bene. I Magi, invece, parlano poco e camminano molto. Pur ignari delle verità di fede, sono desiderosi e in cammino, come evidenziano i verbi del Vangelo: “venuti ad adorarlo”, “partirono; entrati, si prostrarono; fecero ritorno”: sempre in movimento».

E infine il gesto dell’offrire: «Arrivati da Gesù, dopo il lungo viaggio, i Magi fanno come Lui: donano. Gesù è lì per offrire la vita, essi offrono i loro beni preziosi: oro, incenso e mirra. Il Vangelo si realizza quando il cammino della vita giunge al dono. Donare gratuitamente, per il Signore, senza aspettarsi qualcosa in cambio: questo è segno certo di aver trovato Gesù». Francesco ricorda le parole di Gesù: «Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date». Che significa «fare il bene senza calcoli, anche se nessuno ce lo chiede, anche se non ci fa guadagnare nulla, anche se non ci fa piacere. Dio questo desidera. Egli, fattosi piccolo per noi, ci chiede di offrire qualcosa per i suoi fratelli più piccoli. Chi sono? Sono proprio quelli che non hanno da ricambiare, come il bisognoso, l’affamato, il forestiero, il carcerato, il povero. Offrire un dono gradito a Gesù è accudire un malato, dedicare tempo a una persona difficile, aiutare qualcuno che non ci suscita interesse, offrire il perdono a chi ci ha offeso. Sono doni gratuiti, non possono mancare nella vita cristiana. Altrimenti, ci ricorda Gesù, se amiamo quelli che ci amano, facciamo come i pagani. Guardiamo le nostre mani, spesso vuote di amore, e proviamo oggi a pensare a un dono gratuito, senza contraccambio, che possiamo offrire. Sarà gradito al Signore. E chiediamo a Lui: “Signore, fammi riscoprire la gioia di donare”». Facciamo come i magi, conclude Francesco: guardare in alto, camminare, offrire doni gratuiti.

Annachiara Valle

© www.famigliacristiana.it, sabato 6 gennaio 2017

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