Fidanzamento e fedeltà il tempo dello stupore
 Occorre  tempo, per raccontare una storia d’amore. Un tempo lungo, come quello  dei romanzi di una volta. E un tempo intenso, più simile a quello in cui  viviamo oggi, così rapido e frammentato. O, meglio, che sarebbe  frammentatissimo e rapidissimo, se il colpo d’occhio dell’amore non ci  aiutasse a riconoscere una trama appassionante all’interno di quella  che, altrimenti, sarebbe solo trita quotidianità. Si può ancora fare  tutto questo? Si può ancora assaporare l’attesa nell’età  dell’impazienza? E la castità, il pudore: c’è ancora posto, oggi, per  parole tanto antiche?
Occorre  tempo, per raccontare una storia d’amore. Un tempo lungo, come quello  dei romanzi di una volta. E un tempo intenso, più simile a quello in cui  viviamo oggi, così rapido e frammentato. O, meglio, che sarebbe  frammentatissimo e rapidissimo, se il colpo d’occhio dell’amore non ci  aiutasse a riconoscere una trama appassionante all’interno di quella  che, altrimenti, sarebbe solo trita quotidianità. Si può ancora fare  tutto questo? Si può ancora assaporare l’attesa nell’età  dell’impazienza? E la castità, il pudore: c’è ancora posto, oggi, per  parole tanto antiche?
Forse non si può più, verrebbe da  rispondere, ma proprio per questo si deve. L’amore coniugale è, tra  l’altro, una magnifica scuola di realismo. Insegna a riconoscere le  difficoltà e ad affrontarle, impone di non arrendersi neppure quando ci  si trova davanti a un imprevisto all’apparenza impossibile da superare.  Ci si comporta così perché si sa che, altrimenti, non sarebbe amore, ma  qualcos’altro. Un’emozione magari rispettabile, per carità.  Un’infatuazione, un’avventura, una qualche forma di complicità.  Esperienze che si consumano in fretta, che non chiedono tempo e, più che  altro, non prevedono tempo. Qui e ora, finché dura. Poi si vedrà, si  dice, anche se in effetti non si vede mai un bel niente. Si cambia,  pronti per un altro giro. Senza rancore, mi raccomando. Senza prendersi –  di nuovo – il tempo della disillusione.
Impresa grandiosa,  l’amore. Impresa faticosa, tale da gettare nello sconforto più di  un’anima eletta. Tanto vale iniziare subito a esercitarsi, dunque. Qui e  ora, appunto, come suggeriscono i nuovi Orientamenti pastorali sulla preparazione al matrimonio e alla famiglia,  presentati ieri ad Assisi dalla Commissione episcopale per la famiglia e  la vita. Non una collezione di precetti astratti o di petizioni di  principio, ma una proposta che prende le mosse da un’analisi obiettiva  del mondo com’è oggi. Non com’è diventato, attenzione. Una prospettiva  del genere porterebbe a vagheggiare un passato che, bello o brutto che  sia, è comunque perduto per sempre. L’amore no, l’amore guarda sempre al  futuro. È una delle sue caratteristiche più facilmente riconoscibili,  la più affascinante fra tutte le sue virtù.
Realismo, dunque. Gli Orientamenti  non nascondono il fenomeno – sempre più diffuso – delle convivenze, non  si sottraggono alla sfida costituita dalle unioni – anch’esse in rapida  moltiplicazione – fra coniugi appartenenti a religioni diverse. E anche  in tema di sessualità prendono atto con franchezza di una situazione  che rischia di rendere inattuale la serietà della proposta cristiana. La  quale, però, non smette per questo di essere meno seria, né meno  urgente. Non è un caso che la pubblicazione del documento avvenga a  pochi mesi di distanza dall’Incontro internazionale delle famiglie, nel  corso del quale è stata ribadita la generatività tipica di ogni alleanza  amorosa, quel patto continuamente rinnovato attraverso il quale la  coppia si apre alla società e la costituisce.
Gli Orientamenti  si rivolgono a tutti, e ai giovani in particolare, ai ragazzi  disorientati e frettolosi (ma non è un male di oggi, se già Manzoni  descriveva la «lieta furia» di Renzo innamorato) ai quali suona ormai  estraneo il concetto stesso di fidanzamento. Espressione di  straordinaria intensità, invece, nella quale si annida l’idea di  trasmettersi l’un l’altro una fiducia capace di diventare fedeltà e di  custodire quindi il tesoro fragile dell’amore nascente. Il tempo lungo  inizia da qui, nell’intensità di momenti che hanno lo splendore assoluto  degli inizi. Piaccia o non piaccia, non esiste altro modo per  raccontare una storia d’amore. Quanto a noi adulti, se una colpa ci va  imputata, probabilmente non è quella di una scarsa severità o di  un’eccessiva condiscendenza. Il guaio è che le raccontiamo poco e male,  le nostre storie d’amore. Anche noi, insomma, abbiamo bisogno di  riprenderci – e di ritrovare – il tempo dello stupore.
 
            