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Galantino: scribi e farisei sono ancora tra noi

​Il segretario generale della Cei ha concluso la seconda giornata della Settimana liturgica nazionale a Gubbio. La necessità di un linguaggio chiaro ed esplicito

A Gubbio per la Settimana liturgica nazionale (Foto Neropositivo, Gianluca Benedetti)

Scribi e farisei, con le loro prescrizioni tutte esteriori e formali, prive di cuore, che opprimono il popolo, sono ancora tra noi. Lo ha ricordato stasera a Gubbio il segretario della Cei, Nunzio Galantino, durante la messa che ha concluso la seconda giornata della Settimana liturgica nazionale, commentando uno dei passaggi più noti del Vangelo, quello di Matteo 23 («Guai a voi…»).

La distanza tra Gesù e spirito farisaico è incolmabile: «Gesù vuole persone ricche di vita e di gioia, scribi e farisei preferiscono l’oppressione». Lo scontro è inevitabile, e scontato il suo esito. E oggi? Galantino ricorda Benedetto XVI alla Via Crucis del Venerdì Santo 2005 («Quanta sporcizia nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a Lui!»): «Ricordiamo certe reazioni negative? E abbiamo presenti i richiami a Francesco, i consigli di “prudenza” affinché eviti di denunciare ciò che non va nella Chiesa?».

«Tutti invochiamo riforme e rinnovamento - ha concluso Galantino - ma guai a chi ci prova. A nessuno viene perdonato il linguaggio chiaro, limpido, esplicito. Neanche tra di noi». Ed essere chiari significa non dimenticare i tre pilastri a cui tenerci ancorati: giustizia, misericordia, fedeltà.

Stamattina, nella chiesa di San Domenico, è intervenuto anche dom Ildebrando Scicolone (“I sacramenti, celebrazione della misericordia di Dio”): «Noi celebriamo perché abbiamo bisogno di metterci in contatto continuo con la Pasqua, ed esserne a poco a poco trasformati».
Domattina i lavori proseguono con la relazione del vescovo di Novara, Franco Giulio Brambilla, che approfondirà il noto passo della Evangelii gaudium (47): «L’eucaristia non è un premio per i perfetti ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli».

Umberto Folena

© Avvenire, 23 agosto 2016

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