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Guai seri per la Madre. Se Teresa agisse oggi in Francia

«Malheur à vous, mère Thérèse!». Davvero "guai a lei, Madre Teresa", se dovesse oggi ripetere le frasi sull’aborto pronunciate esattamente 37 anni fa, l’11 dicembre 1979, ricevendo il Premio Nobel per la Pace a Oslo

Guai alla Santa suora, canonizzata il 4 settembre scorso da papa Francesco a piazza San Pietro. Anche una multa sino a 30mila euro e fino a due anni di carcere semmai le capitasse oggi di diffondere in terra d’Oltralpe il suo celebre «Dateli a me», rivolto alle donne intenzionate ad abortire, per convincerle a concludere la gravidanza e affidare alle sue Missionarie della Carità il compito di trovare una famiglia per i neonati non voluti. In forza della imminente legge sul delitto di «ostacolo all’Ivg», rischierebbe infatti come minimo una censura online e magari anche una bella incriminazione penale. Vale la pena ripercorrere la genesi e gli sviluppi di quell’appello, in perfetta coincidenza con un anniversario che magari, senza il dibattito innescato dall’iniziativa socialista al Parlamento transalpino, non sarebbe neppure venuto in considerazione. I dettagli della vicenda li ha raccontati nel 2003 Pier Giorgio Liverani proprio in "Dateli a me", il suo bel libro dedicato alla religiosa albanese.

Quella frase riassumeva una rivoluzionaria iniziativa da lei lanciata durante la terza guerra fra India e Pakistan, quella del 1971 che avrebbe portato alla nascita del Bangladesh. In quel conflitto, migliaia e migliaia di donne furono violentate e alle tante rimaste incinte veniva fortemente consigliato l’aborto, altrimenti sarebbero state esiliate. La futura Santa, che già operava da oltre vent’anni negli slums di Calcutta, chiese di poter offrire un’alternativa alle gestanti: cercò e trovò in Australia numerose famiglie disposte ad adottare i bambini, evitando così centinaia di interruzioni di gravidanza.Otto anni dopo, quello slogan «Dateli a me» fu rilanciato solennemente da Madre Teresa davanti al mondo intero, con lo storico discorso di accettazione del premio pronunciato a braccio nel salone dell’Università norvegese. «Vi dirò qualcosa di sconvolgente.

Noi combattiamo l’aborto con l’adozione. Così salviamo migliaia di vite. Abbiamo sparso la voce nelle cliniche, negli ospedali, nei posti di polizia: "Non uccidete i bambini, di loro ci prenderemo cura noi". A ogni ora del giorno e della notte le ragazze madri ci chiamano. A tutte diciamo: "Venga, penseremo noi a lei, prenderemo il suo bambino, gli daremo una casa, gli cercheremo una famiglia"». L’assemblea presente, verosimilmente del tutto laica e comunque a larghissima prevalenza luterana, rispose all’intero intervento con un lungo e commosso applauso.

Di fatto senza eccepire minimamente per i riferimenti alla sua 'strategia pro life'. Idem per altri e non meno 'scandalosi' passaggi, come le frasi che legavano l’aborto al rischio di conflitti bellici: «La pace oggi è minacciata dall’aborto» e «L’aborto distrugge la pace: se una madre può uccidere il proprio bambino, che cosa impedisce a me di uccidere voi e a voi di uccidere me?». Adesso però la musica – o almeno la musique – è cambiata. Se la legge bavaglio francese andrà in porto, basterà che un sito in difesa della vita esponga simili argomenti per mettere a repentaglio il suo diritto a stare in rete. Figuriamoci: anche solo parlare di 'uccisione' si presterebbe a facili accuse di terrorismo numérique (informatico). Dei rischi per la libertà di manifestazione del pensiero, in realtà, si cominciano a rendere conto anche ambienti della sinistra transalpina, se perfino 'Le Monde' ha parlato di un «testo pericoloso», che apre la strada alla criminalizzazione di opinioni diverse. La stessa 'Libération', la bibbia progressista degli intellos, ha sottolineato il limite di dare fondamento assoluto a certe «verità scientifiche», la cui messa in discussione farebbe scattare la fattispecie di reato. Prima fra tutte l’asserita mancanza di conseguenze psicologiche sulle donne che abortiscono: come dimostrarlo? E tuttavia non sarà facile invertire la corrente. Tra pochi giorni l’Assemblea nazionale di Parigi potrebbe calare definitivamente un triste sipario. E ' tant pis' – chi se ne importa – di Madre Teresa. A meno che, dal Cielo, non intervenga a modo suo.

Gianfranco Marcelli

© Avvenire, domenica 11 dicembre 2016

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