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Il card. Bassetti: «I precari sono i moderni schiavi delle società ricche»

“Lavorare meglio, lavorare tutti”. È la proposta dell'arcivescovo di Perugia e presidente della Cei, per una “economia dell’inclusione”. Una proposta, ha spiegato il cardinale nella relazione tenuta a Milano, che poggia su un rinnovato rapporto tra lavoro e tecnica, sulla lotta alla precarietà del lavoro, sull'abbandono dell'idolatria del lavoro e sulla (ri)valorizzazione del tempo della festa e del riposo

foto_evidenza_9892_2324570.jpgLa Chiesa italiana si schiera al fianco dei precari. Lo fa con l'autorità e la schiettezza evangelica del cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia e presidente della Conferenza episcopale italiana (Cei).  La precarietà del lavoro è «una condizione sociale estremamente diffusa e che va assolutamente superata», perché «è una delle più drammatiche questioni sociali della nostra società, del nostro Paese, e colpisce soprattutto i giovani. Oggi, i precari sono i moderni schiavi delle società ricche», Quello del cardinale Bassetti è un grido d'allarme: «Sono costretti a vivere in uno stato di perenne alienazione, ai margini della società, perdendo la gioia di vivere e la speranza nel futuro. Occorre uscire da questa palude ingiusta e iniqua. È necessario riscrivere un nuovo patto sociale, un’alleanza generazionale che guardi concretamente al Bene comune e non faccia più cadere sulle spalle dei giovani i costi della crisi e dei mutamenti socioeconomici».

Prima e dopo, il presidente della Cei, ha trattato altri aspetti del lavoro, oggi. “Lavorare meglio, lavorare tutti”, ha scandito il cardinale Gualtiero Bassetti. La proposta illutsrtata si basa su quattro punti “che meritano di essere sviluppati, ciascuno secondo la propria sensibilità, dai pastori, dai fedeli e dai teologi”.  Il primo punto è il rapporto tra il lavoro e la tecnica, che per Bassetti “non va negato ma va assolutamente umanizzato”: “Serve un’etica del lavoro che aiuti allo sviluppo integrale dell’uomo e non ne annienti la personalità, i talenti e le possibilità. La tecnica non è di per se negativa ma va guidata, orientata e indirizzata per il bene della persona umana”. Il secondo punto è quello già citato della precarietà.  

Il terzo punto è l’idolatria del lavoro, “uno dei cancri della società opulenta”: “È frutto dell’illusione di una falsa libertà che fa vivere gli uomini solo per se stessi; ed è il prodotto di un benessere nichilista che produce solamente carrierismo, affermazione individualista e desiderio avido di avere sempre maggiori ricchezze. È fondamentale evangelizzare il mondo del lavoro riaffermando con forza che il lavoro è sacro e non è il luogo in cui gli uomini deificano la propria persona”. Il quarto punto, infine, è il tempo della festa e del riposo, da valorizzare “ipotizzando anche in Italia l’esistenza di un periodo di pausa per tutti i lavoratori: una sorta di tempo sabbatico in cui dedicarsi ad altre attività”. “Per un credente la domenica è il giorno del Signore, è la Pasqua che ci attende e ci dona speranza, ed è, infine, la celebrazione eucaristica che rende cristiana questa giornata”, ha ricordato il presidente della Cei: “Il riposo e la festa sono due momenti decisivi per la vita di ogni persona, anche se non credente. Perché permettono di creare relazioni umane al di là delle attività produttive. Perché in definitiva ci fanno vivere come persone libere, gioiose, che coltivano affetti e sentimenti in serenità, senza essere schiavi del lavoro, del successo, del denaro”.

Alberto Chiara

© www.famigliacristiana.it, venerdì 12 gennaio 2018

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