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«Il nome di battesimo non è una decorazione»

Papa Francesco ci ricorda che siamo sorretti dai santi e dalle sante che ci hanno preceduti, da quelli della porta accanto e anche quelli di cui portiamo il nome. Tutti testimoni dell'incontro con Gesù

Non siamo soli nella preghiera, siamo immersi in un lungo «fiume maestoso» di invocazioni che ci precede e ci segue. Papa Francesco parla della preghiera e del legame con i santi. Anche quelli della porta accanto, persone anonime che convivono con noi, lavorano con noi, sono su questa terra. Un legame che ci fa andare avanti, che ci protegge. Invita a pensare al proprio nome, che no è sol oun ornamento. «Molti portano il nome della Vergine o di un Santo o di una Santa» dice Francesco e loro «ci danno una mano» anche quando non ce ne accorgiamo.  

Oggi vorrei soffermarmi sul legame tra la preghiera e la comunione dei santi. In effetti, quando preghiamo, non lo facciamo mai da soli: anche se non ci pensiamo, siamo immersi in un fiume maestoso, un fiume maestoso, di invocazioni che ci precede e che prosegue dopo di noi. La preghiera è una storia che continua. «Nelle preghiere che troviamo nella Bibbia», sottolinea Francesco,   «e che spesso risuonano nella liturgia, c’è la traccia di antiche storie, di prodigiose liberazioni, di deportazioni e tristi esili, di commossi ritorni, di lodi sgorgate davanti alle meraviglie del creato... E così queste voci si tramandano di generazione in generazione, in un continuo intreccio tra l’esperienza personale e quella del popolo e dell’umanità a cui apparteniamo». Nessuno di noi «può staccarsi dalla propria storia, dalla storia del proprio popolo, sempre nelle abitudini portiamo questa eredità e anche nella preghiera». E, specialmente nella preghiera di lode, «riecheggia qualcosa del canto del Magnificat che Maria innalzò a Dio davanti alla sua parente Elisabetta; o dell’esclamazione del vecchio Simeone che, prendendo in braccio il Bambino Gesù, disse così: “Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola”».

E quando sono buone le preghiere sono anche diffusive, senza avere bisogno dei social: dalle corsie di ospedale, dai momenti di ritrovo festoso come da quelli in cui si soffre in silenzio… Il dolore di ciascuno è il dolore di tutti, e la felicità di qualcuno si travasa nell’animo di altri. Il dolore e la felicità, tutta una storia, storie che si fanno storia nella propria vita, si rivive la storia con le proprie parole, ma l’esperienza è la stessa».

Siamo in una comunione continua, «in una compagnia di santi anonimi e di santi riconosciuti che con noi pregano, e che per noi intercedono, come fratelli e sorelle maggiori transitati per la nostra stessa avventura umana. Nella Chiesa non c’è un lutto che resti solitario, non c’è lacrima che sia versata nell’oblio, perché tutto respira e partecipa di una grazia comune. Non è un caso che nelle antiche chiese le sepolture fossero proprio nel giardino intorno all’edificio sacro, come a dire che ad ogni Eucaristia partecipa in qualche modo la schiera di chi ci ha preceduto. Ci sono i nostri genitori e i nostri nonni, ci sono i padrini e le madrine, ci sono i catechisti e gli altri educatori… la fede tramandata, trasmessa che noi abbiamo ricevuto. Con la fede, è stato anche trasmesso il modo di pregare, la preghiera».

I santi sono con noi, testimoni, li veneriamo con la memoria. Il Papa sottolinea «non li adoriamo beninteso», ma li veneriamo perché ci rimandano a Gesù. E se c’è un “santo” che non rimanda a Gesù non solo non è santo, ma non è cristiano.

I santi «ci ricordano che anche nella nostra vita, pur debole e segnata dal peccato, può sbocciare la santità. Anche all’ultimo momento». E ricorda che il primo canonizzato, «non dal Papa ma d Gesù», è un ladro. «La santità è un percorso di vita di incontro con Gesù», sottolinea Francesco, «sia lungo, sia breve, sia un istante, ma sempre è una testimonianza» di un uomo o di una donna che ha incontrato Gesù. E «non è mai troppo tardi per convertirsi al Signore, che è buono e grande nell’amore».

Non siamo soli in questo cammino, lo ripete più volte. I santi ci aiutano, «la loro intercessione è il più alto servizio che rendono al disegno di Dio. Possiamo e dobbiamo pregarli di intercedere per noi e per il mondo intero». I nostri cari defunti, «dal Cielo continuano a prendersi cura di noi. Loro pregano per noi e noi preghiamo per loro e noi preghiamo con loro. Questo legame di preghiera tra noi e la gente che è arrivata, questo legame di preghiera lo sperimentiamo già qui, nella vita terrena: preghiamo gli uni per gli altri, domandiamo e offriamo preghiere... Il primo modo di pregare per qualcuno è parlare a Dio di lui o di lei. Se facciamo questo frequentemente, ogni giorno, il nostro cuore non si chiude, rimane aperto ai fratelli. Pregare per gli altri è il primo modo di amarli e ci spinge alla vicinanza concreta. Anche nei momenti di conflitti. Un modo di sciogliere il conflitto, di ammorbidirlo è pregare per la persona con la quale sono in conflitto e qualcosa cambia con la preghiera. La prima cosa che cambia è il mio cuore, il mio atteggiamento» e tutto questo evita che «il conflitto diventi una guerra senza fine».

Per questo, soprattutto in un momento di angustia è necessario chiedere ai fratelli, ai santi soprattutto di pregare per noi. «Il nome che ci è stato dato nel Battesimo non è un’etichetta o una decorazione!» e i santi di cui portiamo il nome «non aspettano altro che di “darci una mano” nella vita, di darci una mano per ottenere da Dio le grazie di cui abbiamo più bisogno. Se nella nostra vita le prove non hanno superato il colmo, se ancora siamo capaci di perseveranza, se malgrado tutto andiamo avanti con fiducia, forse tutto questo, più che ai nostri meriti, lo dobbiamo all’intercessione di tanti santi, alcuni in Cielo, altri pellegrini come noi sulla terra, che ci hanno protetto e accompagnato. Perché tutti sappiamo che qui nella terra c’è gente santa, uomini e donne santi, che vivono in santità».

Annachiara Valle

© www.famigliacristiana.it, mercoledì 7 aprile 2021

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